Le violenze sessuali subite dalle donne durante il nazismo sono state oggetto di scarsa considerazione da parte della ricerca storica, forse anche ostacolata dal silenzio delle vittime. A cominciare dagli stupri compiuti su centinaia di migliaia di donne da parte dell’Armata rossa durante la sua avanzata attraverso la Prussia orientale, poi continuati sulla popolazione civile berlinese, agli abusi commessi dalle SS su internate nei vari campi di concentramento, alla prostituzione forzata alla quale lo Stato aveva spinto donne che dopo la fine della guerra, schiacciate dalla vergogna, preferirono tacere temendo di essere giudicate e discriminate.
Il fatto che nella Germania nazista, per motivi di igiene razziale, la prostituzione fosse giudicata un grave reato punibile con la reclusione, non impedì a Himmler di ordinare la costruzione di dieci bordelli nei grandi campi di concentramento, dove prigioniere prelevate soprattutto dal lager femminile di Ravensbrück furono costrette alla prostituzione coatta.
Dopo il 1945, l’esistenza di questi bordelli fu messa a tacere, in linea con quanto già raccomandato nel 1943 ai vari comandanti dei lager: in caso di sopralluoghi, soprattutto da parte di delegazioni della Croce Rossa, non mostrare le camere a gas, gli strumenti di tortura, i crematori, i bunker di rigore – e i bordelli.
Solo recentemente la Germania si è svegliata da questo oblio, affrontando ciò che per decenni era rimasto un tabù.
Scrive (quasi sempre) romanzi, Helga Schneider, ma quando parla di campi di sterminio sa bene di che cosa parla, lei, abbandonata all’età di quattro anni, con un fratellino di uno e mezzo, dalla madre ansiosa di compiere il suo dovere di patriota come volontaria nei campi di sterminio. E così, dopo lo stupendo romanzo – in realtà autobiografia leggermente romanzata – “Il rogo di Berlino” (mentre “Porta di Brandeburgo” e “Lasciami andare madre” sono rigorosamente autobiografici), ci regala, sotto forma di romanzo, un’altra drammatica pagina della storia dei Lager (credo che prima di lei ne avesse parlato solo Ka-Tzetnik 135633 nel suo sconvolgente “La casa delle bambole”, oltre a un accenno, se ricordo bene, nel film “Vincitori e vinti” del 1961, capolavoro di Stanley Kremer, in cui una dei testimoni si apre coraggiosamente la camicia per mostrare, tatuata sul petto, la scritta “Feldhure”, puttana da campo). Storia, come scrive nell’appendice qui riprodotta, fatta affondare per decenni nell’oblio. Dal quale è nostro dovere farla riemergere.
Helga Schneider, La baracca dei tristi piaceri, TEA
barbara
Dopo le prime due parole del post e prima di leggere il tuo commento, ho pensato subito allo stupro della bambina in Il rogo di Berlino. Leggerò il più presto possibile anche questo libro della Schneider.
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E’ costruito molto bene, in forma di racconto da parte di una donna molto vecchia, con qualche problema di memoria recente, che ogni tanto divaga, ogni tanto perde il filo nel raccontare questa sua drammatica esperienza. Davvero da brivido.
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“La casa delle bambole” è forse il primo libro di questo genere che ho letto ( doveva essere uscito da poco.. ), e mi ha tanto colpito che ne ricordavo quel “nome” dell’autrice molto più del vero tittolo:l’ho ricordato adesso, leggendolo qui.
Solo KaTzetnik.. quello, assieme alla storia vera, sconvolgente, mi era rimasto impresso in mente, come le due lettere K e Z, precedenti il numero, erano state tatuate sul braccio di lei. Mai dimenticata.. Ka Tzetnik!
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Ka-Tzetnik 135633 era un uomo; la protagonista della Casa delle bambole era sua sorella. Lei, purtroppo, la sua storia non l’ha potuta raccontare. Altro suo libro fondamentale è “Piepl”, sui bambini e ragazzini che passavano per i letti di Kapò e comandanti. Col nome di Yehiel De-Nur, adottato dopo il trasferimento in Israele, ha scritto “Shiviti: una visione”, sul trattamento con LSD con assistenza medica per riuscire a riportare alla superficie tutte quelle memorie rimosse che gli stavano a marcire dentro senza riuscire a tirarle fuori. Lui è quello che durante la testimonianza al processo Eichmann è svenuto per la troppa tensione emotiva.
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Ho letto tempo fà che non parlava di sue esperienze ka tzetnik e che in Israele scrittori di quella vena narrativa hanno ripudiato ciò che hanno scritto per la vergogna.Risulta anche a te?
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Mi risulta che è stato criticato per il modo estremamente crudo in cui ha descritto ciò che avveniva nei campi. Di gente che abbia ripudiato (quando? come?) le cose scritte (????) per la vergogna (???????) non ho davvero mai sentito.
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Grazie.. ora che me lo dici.. ho ricordato male, ma le lettere.. quelle le sapevo ancora.. il succo della storia anche: sbagliavo a pensarlo autobiografico.
Non sapevo assolutamente che fosse lui quello del processo Eichmann.. ma è chiaro che doveva aver conservato tracce profonde delle terribli esperienze vissute, sue ed altrui.. vere e proprie ferite inguaribili.
Che siano venute alla luce con tanta e tale sofferenza è significativo..
Ti sono grata delle correzioni, delle notizie, di tutto!
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Piepl non l’ho mai voluto leggere ma 40 anni fà casa di bambole mi ha sconvolto,non l’ho buttato ma non l’ho mai riaperto ne lo farò mai più.
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Le cose che succedevano nei campi non erano cose da collegio per signorine, effettivamente.
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Mi sarò espresso male male usando la parola ripudio ma sò per certo che in Israele sono più pudibondi di noi,
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In effetti una delle accuse, non so se in Israele o altrove, è quella di avere fatto della vera e propria pornografia. D’altra parte le cose o si dicono o non si dicono, e lui ha scelto di dirle
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Noto molto traffico sul tuo blog.
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L’ho messo su twitter
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Grazie.
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Si mi pare di ricordare che fù accusato di ciò,purtroppo alle volte i confini sono molto labili e le sensibilità individuali,basti pensare a Guenther Grass che si preoccupa solo del pericolo di un piccolo stato come Israele e non della bomba atomica di stati come il Pakistan e la Corea come dice Bernard Henry Levy sul CdS di oggi .
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Beh, per Günther Grass sinceramente non sono molto sicura che il problema sia una eccessiva sensibilità individuale nei confronti del pericolo rappresentato dall’atomica israeliana…
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Grass più che una sensisibilità è antisemita come provato dai continui scontri che aveva con Saul Bellow nel pen club.
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Appunto. Antisemita e stronzo.
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