IL TRIBUNALE DEL BENE

Moshe Bejski esercitava uno strano mestiere. Faceva il pescatore di perle. Si tuffava nel passato per scoprire un tipo di uomini (di cui si parla sempre troppo poco) che nei tempi oscuri del mondo permettono di credere ancora nelle possibilità dell’uomo.
Non poteva eliminare le macerie della Storia, né ridare sollievo alle vittime. Non aveva la bacchetta magica per rimarginare le ferite, ma nessuno come lui sapeva mostrare quante risorse ed energie possiedono gli esseri umani per resistere al male.
Moshe era il presidente della Commissione dei giusti presso il Memoriale di Yad Vashem, a Gerusalemme, il primo organismo del Novecento che si sia occupato della memoria del bene compiuto durante un genocidio. Ricercava in ogni angolo del mondo gli uomini che avevano rischiato la vita per aiutare gli ebrei durante la persecuzione nazista.
«Non volevo che un solo giusto fosse dimenticato da noi ebrei» ripeteva con ossessione agli amici.
In realtà non era interessato alla purezza e alla perfezione degli esseri umani, non cercava gli eroi e i superuomini, ma voleva ricordare chi aveva tentato, di fronte a un male estremo autorizzato dalla legge, di salvare anche una sola vita, chi era stato capace di comportarsi semplicemente da uomo.
Era questo il suo concetto particolare di giusto.
Moshe amava gli uomini, non cercava i «santi». (p. 3)


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“Ricorda cosa ti ha fatto Amalek” sta scritto. E giustamente continuiamo a ricordarlo, e giustamente continuiamo a inseguire Amalek per infliggergli la giusta punizione. Ma c’è anche chi, altrettanto giustamente, ha deciso di dedicare la propria vita, il proprio tempo, le proprie energie a un altro compito, ugualmente legato alla memoria: la ricerca dei Giusti. Moshe Bejski, uno dei 1200 della lista di Schindler, una volta liberato ha deciso di dedicarsi, appunto, alla ricerca di tutti coloro che, in mezzo alle tenebre più fitte, hanno portato un raggio di luce. Scontrandosi, spesso, con chi del “giusto” aveva un concetto molto diverso dal suo: quello di un modello, di un esempio, di un campione di moralità e purezza. Come far rientrare in questo stampo un individuo come Oskar Schindler, puttaniere, spendaccione, ubriacone, megalomane e tanto altro ancora? E tuttavia proprio questo individuo, proprio questa assoluta antitesi dell’eroe senza macchia, aveva messo in gioco tutto se stesso per salvare dalla catastrofe oltre un migliaio di ebrei. E con Schindler tutta una serie di altri personaggi, altrettanto poco limpidi, addirittura violentemente antisemiti, come Zofia Kossak, addirittura attivi nelle file del nazismo: sono “giusti” costoro? Non sempre è facile decidere, e non sempre le coscienze di chi deve decidere riescono ad accordarsi.
Va letta tutta, questa storia dell’indefessa battaglia di Moshe Bejski contro l’oblio, contro l’ingratitudine, contro il pregiudizio, contro tutto e tutti per rendere il dovuto riconoscimento a chi tanto aveva rischiato e tanto bene aveva fatto al mondo e all’umanità.

Gabriele Nissim, Il tribunale del bene, Mondadori

barbara