E ascolta, Israele, ascolta chi ti vuole bene: impara dai tuoi errori! A un errore si può sopravvivere, ma la sua ripetizione potrebbe essere una catastrofe.
barbara
E ascolta, Israele, ascolta chi ti vuole bene: impara dai tuoi errori! A un errore si può sopravvivere, ma la sua ripetizione potrebbe essere una catastrofe.
barbara
ora se è vero che perdurare nell’errore è diabolico, mi auguro che gush katif sia l’esempio che non si erri più. sia categorico che ad ogni concessione ci sia un corrispettivo uguale e che questo concetto sia esternato su tutti i media possibili ed immaginabili. i termini subdoli, infidi,vigliacchi si attagliano bene ai palestinesi e non mi tacciate di razzismo, rispecchiano bene la realtà anche se vorrei che cosi’ non fosse e di cambiamenti non mi sembra di vederne, pertanto niente accordi se non rinunciano alla violenza, al riconoscimento non virtuale e concessioni in parte uguali. saluti a tutti.carlo ferrazza
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Io non sono d’accordo sul fatto che ci siano concessioni in assoluto. Il delirante mantra “terra in cambio di pace” ha portato alla catastrofe, per Israele e per i palestinesi, ha provocato migliaia di morti da una parte e dall’altra, ha provocato distruzione da una parte e dall’altra. Ciò che ha fatto Rabin, sia cancellato il suo nome, non deve essere fatto mai più, in nessun modo e a nessuna condizione. Oltretutto cerchiamo di non dimenticare che da che mondo è mondo una guerra persa è una guerra persa: perché per i palestinesi dovrebbe essere diverso?
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Complimenti per l’idea.
A me colpiscono sempre queste scene di case che vengono abbattute, e di coltivazioni estirpate. Non ha alcun senso fare ciò. Almeno potevano farsi dare oltre la terra anche le case e le coltivazioni in modo da usufruirne loro.
Ma una domanda sorge spontanea però: l’autorità palestinese che ha condotto la trattativa quanto rappresenta i Fellah palestinesi che denunciano di non avere accesso alla loro terra a causa del muro?
Forse bisognerebbe interrogarsi anche su questo.
Ciao
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Per quanto riguarda le case, il sospetto di tutti è che l’ANP abbia esplicitamente richiesto che venissero abbattute per evitare che si rendesse palese la differenza di gestione, oltre che per il gusto della distruzione in sé. Quanto alle coltivazioni, una cosa che forse ancora non tutti sanno, dato che i nostri mass media non si sono ammazzati di impegno per renderlo noto, è che tutte le serre – in cui lavoravano, se non ricordo male, 300 palestinesi – sono state comprate da un miliardario ebreo americano per regalarle ai palestinesi in modo che non dovessero perdere il lavoro. Appena l’ultimo soldato israeliano è uscito da Gaza le serre sono state istantaneamente devastate e distrutte. Insieme alle sinagoghe, che volendo si sarebbero potute tranquillamente riciclare in abitazioni, negozi, magazzini, officine, infermerie, asili ecc., ma hanno preferito dare libero sfogo al loro piacere di distruggere.
Per l’ultima domanda, c’è stato un momento in cui Arafat, dopo avere fondato alFatah e avere deciso che alFatah rappresentava sostanzialmente l’OLP, ha informato il mondo che l’OLP era l’unico rappresentante ufficiale del popolo palestinese e il mondo ha detto va bene. In termini numerici non lo rappresentava affatto, ma sono quisquilie dietro cui nessuno sta a perdersi. I contadini che frignano di non avere accesso alle loro terre, comunque, sono quelli di Cisgiordania, non di Gaza, e in ogni caso ce ne sono ben pochi, visto che ogni votla che si rivolgono alla corte suprema israeliana – quella degli infami sionisti, you know – quella gli dà ragione e la barriera viene spostata, anche se ciò rischia di compromettere la sicurezza. Oppure c’è stato un caso in cui hanno aperto un cancello e ne hanno dato le chiavi al palestinese che di lì doveva mandare a scuola i bambini.
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Un tribunale valuta secondo giustizia e non secondo sicurezza.
Sono rimasto colpito da come il tenente colonnello che ha colpito al volto il ragazzo olandese con l’M16, sia stato sospeso dal servizio.
In Italia non si è mai vista una cosa simile!!!
La giustizia alla fine porta la sicurezza. Ci vuole tempo.
Io conosco poco la situazione in Israele.
L’unica cosa che so, avendo lavorato in una struttura medica, è che le apparecchiature ad alta tecnologia o sono Tedesche e Israeliane.
Ci vuole una dedizione non comune per arrivare a simili risultati.
Così come ci vuole una dedizione non comune per applicare la giustizia in caso di conflitto. (Secondo una ricerca demoscopica sembra che gli arabi israeliani hanno una forte fiducia nei tribunali, maggiore di quella degli ebrei israeliani)
E’ bene che continui così.
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Non si tratta di un qualsiasi tribunale, bensì della Corte Suprema, e la sicurezza dovrebbe essere comunque una priorità. Sul fatto che nella giustizia israeliana abbiano più fiducia gli arabi, non c’è davvero da sorprendersi, visto che dà sempre ragione a loro. E che la giustizia porti sicurezza, decenni di storia sono lì a smentirlo.
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