IL NOSTRO AMATO SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Cavaliere di Gran Croce  

Credo che il governo italiano abbia raggiunto l’incredibile obiettivo di farmi provare un istintivo e irrazionale moto di solidarietà verso il presidente siriano Assad. A spingermi in tale direzione è stata la notizia, degli ultimi giorni, secondo cui il nostro Ministero degli Esteri si starebbe attivando per chiedere al presidente della Repubblica la revoca di “tutte le onorificenze” attribuite a Bashar Al Assad, compresa quella, particolarmente prestigiosa, di Cavaliere di Gran Croce, che fu attribuita in occasione di una visita di Stato effettuata a Damasco nel marzo 2010 (nel corso della quale Napolitano pronunciò, al cospetto di un compiaciutissimo dittatore, dure parole di riprovazione verso la politica di Israele, senza neanche un’ombra di critica al regime siriano: una scelta a proposito della quale, proprio su queste colonne [24 marzo 2010], ebbi modo di esternare la mia profonda amarezza e delusione).
In cosa, infatti, Assad ha modificato i suoi princìpi, i suoi gesti, la sua politica, tanto da meritare la revoca delle onorificenze? Forse prima si richiamava ai valori della democrazia, della tolleranza, del dialogo, della pace, promuoveva la cultura e la libertà di pensiero, il benessere del suo popolo, i rapporti di buon vicinato con i Paesi confinanti, e poi, improvvisamente, è cambiato, e ha scelto la strada del terrore, della violenza, della sopraffazione? Se così fosse, bene farebbe l’Italia e ritirare i suoi pomposi blasoni (immagino i sorrisi sarcastici dei cortigiani siriani, nell’infilarli in un polveroso cassetto, contrassegnato da un’etichetta del tipo DDO, “Dabbenaggine dell’Occidente”). Ma a me risulterebbe, in verità, che l’Assad di ora sia rimasto quello di ieri e di sempre: uno dei massimi foraggiatori del terrorismo mondiale, al vertice di una ferrea dittatura militare, fondata su una capillare repressione di ogni dissenso interno e su un morboso, ossessivo antisemitismo di Stato (i libri di testo scolastici trattano dei sacrifici rituali degli ebrei e dell’invenzione della Shoah, i poveri studenti, in tutti i percorsi scolastici, devono portare come materia obbligatoria la “questione palestinese”, lo stesso Assad ricordò, nel 2001, alla presenza di papa Giovanni Paolo II [anche in quel caso, senza essere contraddetto da nessuno], che gli ebrei hanno torturato Gesù ecc. ecc.). Certo, ora sta ammazzando un po’ di gente, ma solo perché c’è un’insurrezione in corso, e la situazione gli è un po’ sfuggita di mano: forse che ieri non l’avrebbe fatto?
Chiedo quindi al Ministero degli Esteri e alla Presidenza della Repubblica di volere cortesemente spiegare:
1) per quali meriti è stata attribuita, nel 2010, l’onorificenza;
2) quando e perché tali meriti sarebbero venuti meno.
Altrimenti, chiedo che sia lasciata ad Assad la sua stupida medaglia.
P.S.
Dimenticavo, forse, che, com’è noto, l’Italia non finisce mai le guerre nello stesso fronte in cui le ha cominciate, e i ruoli di amici e nemici ci appaiono, tradizionalmente, facilmente interscambiabili. Con Gheddafi – per restare a tempi recenti – siamo passati disinvoltamente dai baciamano alle bombe e, quando è stato ucciso, il suo amico Berlusconi si è rapidamente consolato (“sic transit gloria mundi”, è stato il suo commento). Con Assad, evidentemente, sta capitando lo stesso. Solo che, al momento, la guerra civile non è ancora finita, e non appare certo che il dittatore (come evidentemente, il nostro governo prevede) sarà deposto. Che al Ministero, allora, siano stati un po’ precipitosi? Suggerirei, a titolo precauzionale, di aspettare un po’ per la revoca, se non altro per risparmiare il fastidio (e la spesa), nel caso vinca ancora il presidente, di dovergli dare un’onorificenza nuova.

Francesco Lucrezi, storico

Nessuna meraviglia, comunque, in merito allo sviscerato amore del Nostro Amato Signor Presidente Della Repubblica per la feccia: lui è quello che ha difeso i massacri d’Ungheria, ha difeso i carri armati a Praga, ha messo per iscritto la sua piena solidarietà a Pol Pot e a quella che definisce l’«eroica resistenza del popolo cambogiano»; non risulta che abbia mai chiesto scusa ai due milioni di cambogiani sterminati e ai milioni di cambogiani vittime di disumane sofferenze per la solidarietà espressa al loro carnefice.
Nessuna meraviglia, peraltro, neanche per il fatto che il grande Francesco Lucrezi ci offra sempre lavori eccezionali.


barbara

    • ? Sei preoccupato per l’immagine di uno che ha sostenuto i massacri d’Ungheria? L’immagine di uno che ha sostenuto i carri armati a Praga? Che ha sostenuto il genocidio in Cambogia? Che ha premiato il macellaio Assad? Avresti dovuto preoccuparti prima, ragazzo mio, e mettere una bomba sotto casa a Napolitano prima che andasse a imbrattare la presidenza della repubblica – che non è che prima di lui fosse poi una cosa tanto tanto pulita, se vogliamo.

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      • Che Napolitano avesse sostenuto la repressione in Ungheria lo sapevo, e ne ha fatto recente ammenda. Non mi risulta che abbia sostenuto la repressione della Primavera di Praga, repressione condannata dal PCI. Non mi risulta neanche che abbia sostenuto Pol Pot. Sapete illuminarmi in materia?

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      • Non mi va di essere scortese, ma non mi va neanche l’ostruzionismo. Sarò chiaro, e forse tranchant:
        1. Napolitano è sempre stato nel comitato centrale, pertanto è corresponsabile di TUTTO. In Italia si è sempre bravi a svicolare dalle proprie responsabilità: se a farlo è il diretto interessato, è comprensibile. Se ad aiutarlo a svicolare è un comune cittadino, quel cittadino è uno nato per essere suddito.
        2. “Non mi risulta” è, quindi, risorsa dialettica puramente ostruzionistica. Nella fattispecie, il PCI riguardo alla Cambogia appoggiò i Kmer Rossi mentre massacravano milioni di persone (naturalmente li appoggiò non lodando i massacri, ma facendo finta di niente). Poi, quando persero il potere, disse all’improvviso che avevano violato i diritti umani. Napolitano era nel Comitato centrale.
        3. La faccenda cecoslovacca fu un tipico esempio di ipocrisia berlingueriana, senza alcun riflesso sui rapporti, anche economici, con il PCUS. Napolitano era nel comitato centrale.
        4, La presa di distanza del 2006 per l’Ungheria assomiglia tanto alle scuse della Chiesa per il processo a Galileo. Di nuovo, non vorrei apparire scortese, ma farsene impressionare è da ingenui.

        Ho riletto, e mi pare di essere stato educato.

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  1. La Siria e la Libia sono sempre state i punti di riferimento del PCI in Medio Oriente. (Mi scuso con chi fosse eventualmente sensibile ai nominalismi, ma non vedo la ragione per sottopormi, avallandola, all’estenuante e burocratica sequenza di nomi, nomignoli e sigle, che mi pare siano PCI, PDS, DS, PD). Nulla di strano che un esponente del PCI, oggi presidente della repubblica, si sia comportato di conseguenza. Stupisce, piuttosto, lo stupore.
    Vorrei solo far presente che la dinastia degli Assad, così cara al PCI, non è nuova a queste cose, anzi. Nel 1982, per esempio, il papà dell’attuale dittatore perpetrò a Hama un massacro che fa apparire il figlio un tenero dilettante. A quel tempo, segretario del PCI era Enrico Berlinguer, successivamente beatificato. Non mi pare che, allora, il Beato si sia stracciato le vesti. Perchè il diafano vecchietto che oggi sta sul Colle avrebbe dovuto tenere un atteggiamento men che amichevole con il macellaio figlio, quando il Beato era amico del macellaio padre?

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