Nel marzo del 2002, all’epoca dell’operazione “Scudo di difesa”, avevo scritto questo articoletto per Informazione Corretta; quattro anni e quattro mesi più tardi l’ho riproposto nell’altro blog, essendo tornato di tragica attualità. Da allora sono passati altri sei anni e quattro mesi, ed è arrivato il momento di ripubblicarlo un’altra volta.
Era successo nel 1948. È successo di nuovo nel 1967. È tornato a succedere nel 1973: Israele viene attaccato. Non perché abbia fatto qualcosa da cui ci si debba difendere, non perché ne abbia fornito un qualche pretesto, no: Israele viene attaccato perché Israele delenda est. Viene attaccato e le prende (non dimentichiamo che la guerra del 1967 era stata preceduta da oltre 2000 incursioni armate in territorio israeliano; incursioni alle quali – ironia della storia – Israele non aveva mai risposto per non rischiare di far scoppiare una guerra). Israele le prende e l’Europa sta a guardare, il mondo sta a guardare, l’ONU sta a guardare. Poi Israele si rinfranca, si organizza, forse qualcuno comincia a pensare: “Se guerra dev’essere, ebbene, che guerra sia”, e comincia a pestare di santa ragione, comincia a prendere il sopravvento ed ecco – miracolo! – improvvisamente l’Europa si accorge, il mondo si accorge, l’ONU si accorge che c’è una guerra in Medio Oriente, una guerra che, come tutte le guerre, è brutta sporca e cattiva, una guerra che giustamente ripugna alla nostra coscienza civile, una guerra che non possiamo stare a guardare indifferenti: dobbiamo intervenire, dobbiamo rimboccarci le maniche, dobbiamo fermarla. E la fermiamo, infatti, lasciando Israele non vincitore, i suoi nemici non sconfitti e pronti a ricominciare alla prossima occasione. E un anno e mezzo fa, puntuali, hanno ricominciato. Per un anno e mezzo il mondo, come da copione, è stato a guardare. Dopo un anno e mezzo di terrore, finalmente, Israele si è deciso a combattere sul serio e sta cominciando a prendere il sopravvento su chi lo vuole distruggere. E il mondo – immancabile miracolo – ha cominciato a mobilitarsi per fermare la guerra e impedire ancora una volta a Israele di avere ragione dei suoi nemici e garantirsi una volta per tutte il diritto all’esistenza. Poi, a missione compiuta, andremo a dormire soddisfatti per la buona azione compiuta. E fra due, o cinque, o dieci anni, torneremo a piangere per i poveri martiri, talmente disperati da non avere altro desiderio che di morire ammazzando più ebrei possibile. E a mobilitarci per fermare la prossima guerra. Ora e sempre nei secoli dei secoli, amen.
Non è difficile, purtroppo, essere buoni profeti in questo campo, conoscendo fin troppo bene quell’immonda iena che è il pacifismo anti israeliano. Ed è per questo che, pur felice che Israele abbia finalmente deciso di reagire, faccio fatica ad essere ottimista sul risultato finale di questa nuova campagna.
Nel frattempo comunque non trascurate di visitare frequentemente lui, che sta facendo un ottimo lavoro di documentazione e di aggiornamento.
barbara
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