Questo romanzo è opera della fantasia. Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale.
Ma l’autrice americana di questo romanzo ambientato a Jeddah, in Arabia Saudita, è vissuta a lungo in questa città, presso la comunità beduina cui apparteneva l’ex marito saudita-palestinese: non saranno reali le identità delle persone e i dettagli degli avvenimenti narrati, ma sicuramente reale è il tessuto sociale, sicuramente reale è l’atmosfera, sicuramente reale è la cultura in esso rappresentata. La struttura è quella del giallo; anzi, di due gialli intrecciati: il rinvenimento del cadavere, orrendamente sfigurato, di una donna e la scomparsa di un americano. Le indagini, già difficili di per sé, sono ulteriormente complicate dalle regole locali: un poliziotto uomo non può interrogare una donna; una donna poliziotto per poter lavorare deve essere sposata, e se si scopre che non lo è, non importa quanto sia brava, deve essere allontanata; una donna difficilmente può viaggiare con un uomo che non appartenga alla sua famiglia, e non può mostrare il viso. E tuttavia saranno proprio queste donne obbligate per legge a restare invisibili, a dare la propria impronta allo snodarsi degli eventi.
È un libro bello, scritto bene, coinvolgente e appassionante. Insomma, io ve lo consiglio.
Zoë Ferraris, La città delle donne invisibili, Piemme
barbara