PENSIERI SPARSI SULL’ABORTO

Lo spunto per queste mie riflessioni nasce da qui, una recensione a un libro-inchiesta sull’aborto, in cui emerge chiaro come il sole – non che non si sapesse, peraltro – che la storiella dell’aborto terribile dramma per tutte le donne “costrette” a farvi ricorso, è una balla grande come un’astronave. Come detto, è cosa stranota, basta guardarsi intorno per saperlo: per qualcuna sì, certo, lo è, ma per molte altre è semplicemente il sollievo di avere risolto un fastidioso problema, se non addirittura un metodo contraccettivo più comodo e meno costoso della pillola. Cosa nota, dicevo, e dunque non è questo il punto. Il punto sono i duecento e passa commenti. Dove chi si è azzardato ad esprimersi contro l’aborto si è preso del moralista, bigotto, oscurantista, vittima del lavaggio del cervello operato dai preti. Qualcuno ha tentato di replicare no, io veramente sono ateo, io non sono contrario all’aborto per motivi religiosi ma unicamente per scientificissime ragioni biologiche [che, per inciso, sono esattamente le mie]: al momento del concepimento – non tre mesi dopo, non tre settimane dopo, non tre giorni dopo, ma in quel momento preciso, c’è tutto il DNA del bambino, è determinato il colore degli occhi e dei capelli, quali malattie erediterà, per quali avrà predisposizione, tutto. Risposta: siete i soliti moralisti bigotti oscurantisti vittime del lavaggio del cervello operato dai preti.
Il cavallo di battaglia dei pro-aborto è sempre il solito: il corpo appartiene alla donna. Vero: il corpo della donna appartiene alla donna. Ma il corpo del bambino? A chi ha avanzato questa obiezione, l’illuminata risposta è: sono questioni delicatissime, che appartengono unicamente alla donna, nessuno ha il diritto di interferire. Si accorgono della tautologia? No, non se ne accorgono: loro sono gli illuminati, i progressisti, i nemici dichiarati del bigottismo di stampo cattolico. L’importante è affermare il diritto: scopare come un riccio è un mio diritto, risparmiarmi il fastidio di prendere precauzioni, anche se sono arcisicura che di figli non ne voglio, è un mio diritto, buttare mio figlio nella spazzatura quando alla fine succede ciò che è inevitabile che succeda, è un mio diritto, perché noi viviamo nel migliore dei mondi possibili, dove tutto è diritto, e i doveri li abbiamo mandati in pensione – salvo poi strillare come oche spennate quando amministratori politici medici funzionari insegnanti avvocati impiegati eccetera eccetera mancano ai propri doveri nei nostri confronti. E capirei se di strumenti non ce ne fossero, ma ci sono. Vuoi scopare come un riccio e non avere figli tra i piedi? Benissimo, ti organizzi e il problema è risolto, anzi, non si presenta proprio. Sessant’anni fa si poteva restare incinte per sbaglio, oggi no. Una quindicenne potrebbe restare incinta per sventatezza, una ventenne no, meno che mai una trentenne. A tutto questo ritengo doveroso aggiungere che fino alla decima settimana pare che, non essendoci ancora le connessioni nervose, non ci sia neppure la percezione del dolore fisico; nei novanta giorni in cui, in Italia, è consentito l’aborto, di settimane ce ne sono tredici: tre settimane in cui la sofferenza del massacro che subisce, il bambino la prova tutta.
Qualcuno ha detto, in quella infinita serie di commenti, che l’aborto dovrebbe essere consentito solo in caso di malformazione o handicap del bambino. Ecco, c’è stato un tempo in cui c’era un ente incaricato di stabilire quali vite erano degne di essere vissute, e quali no: si chiamava Gestapo. Capisco perfettamente che un figlio disabile, così come un nonno paralitico, nelle famiglie patriarcali di una volta, coi figli sposati in casa e tutte le cognate con cui si litigava in continuazione ma poi davano anche una mano, e la zia zitella e lo zio un po’ scemo ma affidabile per piccoli incarichi, si potevano gestire senza che fosse un dramma, mentre nella famiglia mononucleare di oggi il peso diventa davvero notevole; ciò non toglie che arrogarsi il diritto di vita e di morte su esseri umani che non rispondono ai nostri canoni di accettabilità mi sembra – per usare un termine moderato – un tantino azzardato. Tanto più che questo genere di diagnosi non viene fatto a pochi giorni o poche settimane dal concepimento, ma molto molto più avanti, quando non stiamo parlando di “un grumetto di cellule”, bensì di un bambino completamente formato (ricordo ancora con orrore quando ho letto la “confessione” della signora Miriam Bartolini alias Veronica Lario in Berlusconi: era rimasta di nuovo incinta, poi AL QUINTO MESE ha saputo che il bambino era malformato, allora ci ha pensato su PER DUE MESI e alla fine, con tanto dolore, oppoverinapoverina, ha deciso di abortire. Al settimo mese. E ha il coraggio di chiamarlo aborto).
Ma la cosa più sconvolgente di tutte, nei commenti, non è nessuna di quelle che ho detto sopra. La cosa più sconvolgente arriva adesso e riguarda i medici. Ebbene, secondo gli illuminati luminosi luminari del pensiero progressista, in questo mondo fatto unicamente di diritti, c’è un solo diritto che non può avere cittadinanza: quello all’obiezione. A nessun medico dovrebbe essere consentito dichiararsi obiettore, e il geniale argomento è: nessuno ti obbliga a fare il ginecologo, quindi se non ti sta bene fai un altro mestiere. Vale a dire che per poter fare di mestiere quello che aiuta la vita ad entrare nella vita, uno deve dichiararsi e mostrarsi illimitatamente disponibile a dare la morte. Serve aggiungere altro?

barbara

AGGIORNAMENTO: ripropongo un power point postato tempo fa, che in questo post ci può stare bene.
riflettere
(cliccare il link, cliccare “presentazione”, cliccare “dall’inizio”)

Una risposta

  1. Da tempo mi chiedevo quale fosse la tua posizione sull’aborto, e poi non c’era mai occasione per parlarne. Ora scrivi questo articolo, che potrei tranquillamente avere scritto io e tutte le tue argomentazioni sono quelle che, nel tempo, ho portato avanti io, comprese quelle, scuso il gioco di parole, delle obiezioni agli obiettori.

    Non vorrei però, dato che ho sempre sottolineato che non sto parlando di aborto terapeutico, che su quello non la pensi come te: rispondo soltanto a quelli che, quando si parla di aborto, pare che si tratti esclusivamente di donne violentate o incinte di figli con handicap, mentre sono sicura che questi rappresentino una infinitesimale percentuale dei casi di aborto, e che siano argomentazioni portate avanti per drammatizzare, fuorviare, averla vinta con argomentazioni surrettizie (va bene surrettizie? 😉 ).

    Peraltro ci sono tante donne che, violentate o in attesa di un figlio con handicap, semplicemente se lo tengono, e alla fine hanno una vita più piena e più degna di tante “donna liberate”.

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    • Ho letto solo una parte perché dovevo uscire, e il post era delle dimensioni di Guerra e pace. Nella parte che ho letto, comunque, in una cosa ti devo contraddire: non esistono casi in cui il cattolicesimo (le Chiese protestanti non so) consideri lecito l’aborto. Per il cattolicesimo l’anima – ossia la diretta emanazione di D.o – entra nel corpo nel momento stesso del concepimento, e quindi da quel momento siamo in presenza di una Vita, che nessuno ha il diritto di sopprimere, in nessuna circostanza. Se poi vogliamo metterla in termini laici – o anche atei, se si preferisce – sostituiamo D.o con la biologia, l’anima col DNA, e il risultato rimane lo stesso.

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  2. Il discorso degli obiettori è spinoso. Nel momento in cui la sanità pubblica è tenuta a a fornire un servizio (brutta parola lo so) a tutela e nel rispetto della legge sull’aborto, non è concepibile che in una struttura pubblica questo non sia possibile. Concordi?
    Questo vorrebbe dire, non necessariamente vietare l’obiezione, ma garantire che in ogni struttura pubblica ci possa essere il personale minimo per procedere in sicurezza.
    Poi suppongo tu sappia dello scandalo dei medici obiettori negli ospedali e abortisti negli studi. This is Italy.
    Sul diritto all’aborto premetto che la penso diversamente da te (a parte la quaestio delle malformità su cui hai molte ragioni). Quello che mi sfugge è se la tua argomentazione forte è che l’aborto è ormai quasi un alibi per non prendere precauzioni, nei casi in cui invece le precauzioni sono state prese e comunque è successo quel che è successo, che facciamo? Vietiamo per tutti?
    O mettiamo uno a chiedere se il preservativo si è bucato o se la pillola non ha fatto effetto?
    Di fatto non ho capito la tua proposta: vietarlo per tutti? Garantirlo per chi?

    Per chiarire: scopare come un riccio è mio diritto; prendere le precauzioni per evitare qualcosa che so che non voglio è mio dovere morale.

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    • Lo so, la questione è spinosa. E non ho scritto questo post per proporre soluzioni, ma unicamente per esporre le mie perplessità.
      Gli obiettori negli ospedali e abortisti in privato (magari per quelle che hanno superato i termini consentiti dalla legge) andrebbero semplicemente radiati dall’albo e sbattuti in galera. La loro esistenza non mi sembra un argomento per impedire l’obiezione a quei medici che trovano inaccettabile usare le proprie conoscenze per dare la morte.
      Se prendi tutte le precauzioni e ciononostante il concepimento avviene – precisando comunque che nel 90%, se non di più, dei casi in cui pillola o preservativo non hanno funzionato, in realtà si tratta di errori da parte dell’utente – si fa quello che si fa quando ti si rompono i freni, che pure avevi fatto controllare, e fai un incidente che ti lascia danni permanenti: te ne fai una ragione e impari a conviverci. Non siamo padreterni e nella vita non possiamo programmare tutto: c’è chi vorrebbe dodici figli ed è sterile e chi non ne vorrebbe e invece arrivano. Succede, punto.

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  3. Ti copio-incollo un commento allucinante che ho ricevuto in una discussione su un forum: “il feto NON è un bambino. non ha sviluppato un sistema nervoso. non sente dolore, sentimenti, non è fottutamente vivo. lo è solo potenzialmente, come uno spermatozoo. mi domando solo come mai alle marce anti-pippa non partecipi mai nessuno.”

    C’è gente davvero convinta che il feto sia un “non vivo”, un po’ come sasso, come un pezzo di materia organica inerte qualsiasi. SENZA PAROLE!

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      • Stronzi? Sei in vena di eufemismi, vedo. Comunque quel post mi ha fatto tornare in mente una cosa. Adesso vado a mangiare un boccone e poi la metto (se nel frattempo dovessero passare di qui quelli che hanno commentato dopo: abbiate pazienza, risponderò anche a voi).

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    • Sì, è davvero curiosa questa cosa di voler stabilire che in quel momento lì non si può considerare persona, non lo puoi definire un bambino… E allora, uno si domanda: quando è che comincia ad essere persona? Alla nascita? Ma se l’argomento è che il bambino dentro la pancia non può vivere una vita autonomamente, neanche il neonato lo può. E d’altra parte un giorno prima di nascere, se lo tiri fuori vive benissimo anche fuori, e anche una settimana prima, anche un mese prima, come è capitato alla mia ex vicina che quando era in otto mesi ha scoperto di avere un cancro al seno e le hanno tirato fuori la bambina per poterla operare immediatamente perché non c’era neanche un minuto da perdere e oggi, a dieci anni di distanza, stanno magnificamente tutte e due. Cioè, questi qua sanno perfettamente che nel momento in cui abortiscono non è persona, non è vita, ma nessuno è in grado di darti una definizione condivisa di quando la vita cominci: solo badilate di merda.

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      • Molti medici sono dell’opinione che l’aborto sia lecito solo fino a quando il feto non è capace di sopravvivere fuori dall’utero, e cioè il feto diventerebbe bambino intorno ai 6-7 mesi. Ma comunque che sia da considerare essere umano, o meno di sicuro è sempre VIVO, fin dal concepimento. Pensare che prima di un certo numero di mesi, sia un “NON VIVO”, un pezzo di materia organica inanimata, è da ignoranti!

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  4. Non cambierei una virgola del Tuo intervento, Barbara, anche a costo di prendermi un commento del tipo “… tu, che sei maschio e non avrai mai il problema, te lo puoi pure permettere di essere contrario …”; e sono d’accordissimo soprattutto condividendo in pieno quello che dici sull’ente che si incaricava di decidere “chi sì e chi no”, quale vita era “degna di essere vissuta” e quale no; l’Aktion T4, che è stata la prova generale e la “base teorica” sui 70 – 200 (?) mila dello sterminio dei futuri 6 – 8 (?) milioni, non è cosa della preistoria o di qualche remoto (nel tempo e nello spazio) regno mitologico: è stata cosa qui dietro l’angolo e l’altro ieri … Quando si comincia la “china scivolosa” con concetti tipo “siate misericordiosi: vi sembra questa una vita che è possibile vivere con dignità?” (e vale per l’incomodo frutto di “una botta e via” come per qualsiasi – a questo punto – tipo di malato “grave e/o +/- terminale/inguaribile/incurabile/forse semplicemente troppo-costoso-da-gestire ???), quando si comincia con questo, dicevo, poi non si sa dove si va a finire … O meglio, se si è studiata, anche superficialmente, la storia del secolo passato, lo si sa benissimo !!!

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    • C’è un libro: I medici nazisti, di Robert Lifton. Sono stata male fisicamente a leggerlo, proprio perché i protagonisti assoluti delle peggiori efferatezze sono coloro che hanno prestato il giuramento di Ippocrate. Quando il governo nazista ha proposto una legge per sterilizzare gli handicappati gravissimi, sembrava una cosa altamente umanitaria: nessuna persona normale si accoppierebbe con un handicappato grave, e d’altra parte anche loro hanno le stesse pulsioni sessuali di chiunque altro con, in più, un’assoluta incapacità di autocontrollo. La conseguenza è che o li si lascia accoppiare fra di loro, e mettono al mondo dei mostri, o li si condanna a una vita di sofferenza impedendo loro la realizzazione della propria vita sessuale. E dunque, sterilizziamoli e poi possiamo lasciarli liberi di godere quanto vogliono. Tutti i medici riuniti a convegno hanno votato a favore, tranne uno, con la seguente motivazione: cose come queste si sa come cominciano, ma non si sa come poi vadano a finire. Noi, oggi, lo sappiamo: dalla sterilizzazione degli handicappati gravissimi si è arrivati a sterilizzare persone con un leggero ritardo, come ne abbiamo in tutte le nostre scuole e in tutti i nostri posti di lavoro, e gli handicappati più gravi venivano gassati. Dalle decisioni prese in base a rigorose indagini svolte da un’equipe di tre medici, come stava sulla carta, si è passati a gassare sulla base di una crocetta messa su un foglio da un’infermiera (che, per inciso, era una persona che aveva frequentato la scuola elementare e poi un corso di sei mesi). Allo sterminio di sei milioni di ebrei, almeno centomila handicappati, altrettanti omosessuali (che prima di finire in gas dovevano obbligatoriamente passare per i letti delle SS), mezzo milione di zingari ecc. ecc., si è arrivati partendo da quella legge tanto umanitaria.
      E io mi chiedo: nel momento in cui, a forza di aborti “terapeutici” saremo arrivati ad avere un mondo senza Down, senza ritardati, senza spastici, senza nani, senza ciechi, senza sordi, riusciremo a sopportare di avere un figlio miope, o strabico, o una figlia con le ginocchia sporgenti?

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  5. Sull’aborto, io non sono per il proibizionismo assoluto, ma credo che il sistema sanitario pubblico dovrebbe accollarsi solo gli aborti terapeutici. Chi vuole usare l’aborto come metodo contraccettivo, se lo paghi per conto proprio!

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    • E che vuol dire “terapeutico”? Quando la mamma rischia la vita?

      Perché a chiamare “terapeutico” un aborto di un figlio non perfettamente sano verrebbe di chiedersi cosa s’intende per “terapia” e a guarire chi sarebbe diretta.

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      • Si, voglio dire quando ci sono gravi complicanze per la madre, e forse sarei comprensivo anche per le gravi anomalie del feto(non dev’essere facile accettare di mettere al mondo un bambino malato e destinato a soffrire molto più degli altri)
        Comunque hai ragione, forse “aborto terapeutico” non è la definizione più giusta, ma non sapevo quali altri termini usare!

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        • Io comunque sono d’accordo con Barbara, ma se pensiamo al non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, se io fossi stata gravemente disabile avrei preferito non nascere: non si tratta di non volersi sacrificare per un figlio, perché quello lo farei ben volentieri, e non parlo neanche del lacerante dolore del vederlo soffrire, siamo adulti e vaccinati e dobbiamo pure imparare a incassare questo dolore, bensì del costringere un figlio alla sofferenza e all’essere mercè altrui per voler essere una talebana della vita: non ne sono convintissima ma non me la sento di pronunciarmi né in un senso né nell’altro.

          Come avrebbe detto mia nonna, che Dio non ce lo faccia mai sapere/provare.

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  6. Aggiungo anche un’ altrettanto condivisibile citazione dalla tanto citata e vituperata Wikipedia (voce “Aktion T4”). i numeri fra parentesi quadre si riferiscono alle citazioni dei testi di Kershaw ed Evans. Citazione: “La Grande depressione del 1929 incrementò ulteriormente il sentimento di «uccisione pietosa» quando gli istituti medici e psichiatrici si trovarono in gravi difficoltà a causa del taglio negli stanziamenti a loro destinati e si vennero a creare situazioni di sovraffollamento e di degrado nel trattamento dei pazienti.[9] I maggiori esponenti del movimento eugenetico, nazionalisti ed antisemiti, abbracciarono con fervore l’ideologia nazionalsocialista e negli anni successivi ascesero a posizioni di potere nel sistema sanitario e di ricerca tedesco imponendo la loro idea ai medici tedeschi ed estromettendo i dottori – tra i quali figuravano molti ebrei – che avevano idee più moderate.[10]”. …

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  7. Riscrivo senza collegamenti ipertestuali un mio commento ancora in moderazione (credo proprio per la presenza di due link): non per essere impaziente, ma mi piace partecipare alla discussione. Il commento è in risposta ad Andrea C.

    “Stronzi! Mi perdoni Barbara la parolaccia, ma quando leggo certe cose mi ribolle il sangue. Ti invito, se ti va, a leggerti qualche mia tirata sull’argomento (pare siano solo sedici post, su oltre mille articoli che ho scritto, ma molto sentiti e molto pregni).
    Te ne segnalo uno in particolare, che mi doveva girare l’anima ancora più del solito: “Ancora sull’aborto”. Se vuoi, dammi un ritorno.”

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  8. sono personalmente d’accordo con te,ma ritengo di dover essere fsvorevole ad una legge sull’aborto,anche quello stupido,so che sembro un po’ matto ma penso che credere di aver ragione non renderà la ragione degli altri uguale alla mia.

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    • Ti dirò, come provocazione mi va benissimo: se al novantesimo giorno di gravidanza posso abortire perché tanto non è una persona, che cosa cambia fra il novantesimo giorno e il novantunesimo? E che cosa fra il novantunesimo e il novantaduesimo? Esiste un momento di “passaggio”, di cesura? No. E allora non c’è neanche fra un minuto prima della nascita e un minuto dopo.

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  9. Perdonatemi se scendo forse di livello, sono 3 volte padre ed il terzo erede non è stato programmato ma dopo un paio d’ore di smarrimento (avete presente un regostratore di cassa che dice che non ce la si può fare?) ringrazio ogni giorno della sua presenza.
    Detto questo, mi chiedo come una società che si preoccupa di supposti diritti di ogni minoranza non riesca a provvedere alla nascita, crescita e vita di esseri semplicemente non cercati.
    Forse che organizzare una pagliaccesca parata di “non-birth pride” non è telegenico?
    Posso comprendere che una madre non riesca ad accettare la nuova vita in se generata da uno stupro ma un sistema di adozioni ed affidi sarebbe così costoso?
    Dovendo scegliere tra madre e figlio (in caso di malattia) anch’io privilegerei la prima ma non lo imporrei per legge.
    Poi sempre di soldi dobbiamo parlare?
    Ci sarà qualcosa che vale di più?

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    • Ecco, quello dello stupro è il mio unico – grosso, lo ammetto – punto di domanda. Perché il punto di forza della mia opposizione all’aborto (se non vuoi il figlio ci devi pensare prima), lì viene ovviamente a cadere. Ammiro immensamente chi riesce a vedere solo la creatura innocente e indifesa, e ad amarla senza riserve, ma non so se io ne sarei capace, non so se sarei capace di guardare ogni giorno negli occhi il frutto della più brutale delle violenze e dimenticare di che cosa è frutto – e magari capita anche che assomigli al padre. Diciamo che in questo caso potrei considerare l’aborto alla stregua di un omicidio per legittima difesa – salvo il fatto che, a differenza degli omicidi per legittima difesa “normali”, a venire soppresso non è l’assassino.
      Io in ogni caso, una ventina d’anni fa ho scritto questo
      http://ilblogdibarbara.ilcannocchiale.it/2008/11/29/racconto_senza_titolo.html

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  10. C’è stata un’esperienza personale che mi ha assolutamente scioccata. Ho assistito mia zia quando ha perso la bambina al terzo mese e mezzo di gravidanza. Il medico che gliel’ha tirata fuori le ha chiesto se voleva battezzarla; mia zia ha detto di sì e lui è andato al lavabo della stanza e lo ha fatto. Ora, a me non interessa, in questo contesto, il valore religioso dell’atto; era già il secondo figlio che mia zia perdeva, ed era distrutta; se la cosa poteva farla sentire meglio, mi va benissimo che sia stata fatta. Qualche tempo dopo viene a trovarci un conoscente, neolaureato in medicina e mia madre gli racconta la cosa. E quello salta su sulla sedia e si mette a gridare: “E che cosa ha battezzato? Uno stronzo! Un pezzo di merda!” Non abbiamo avuto, né io né mia madre – rispettivamente cugina e zia di un pezzo di merda – neanche la forza di reagire.

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    • Quando penso che la donna, in una gravidanza, viene prima di tutto, penso che *qualunque* posizione della donna sia da rispettare prima di tutto. Sia che voglia abortire (entro un certo termine, ovviamente; o a certe condizioni*), sia che consideri “quello” un figlio dal giorno prima del concepimento.

      Di alleati della donna “ma solo se la pensa come me” non ce n’è proprio bisogno.

      *leggi: per salvarsi la vita. Se mai espando sul concetto più sotto.

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      • Il punto è che non riconosco il diritto di decidere della vita altrui. E la vita del figlio che hai in pancia è del figlio che hai in pancia, non tua. Entro qualunque termine. Su questo temo proprio che il disaccordo resti insanabile.

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      • Sì, credo che i nostri punti di vista siano proprio diversi in questo caso. Per me fino a un certo termine l’embrione non è un essere umano, e la donna prende quindi la precedenza.

        Spero fosse chiaro che il senso del mio commento era “anche da un punto di vista diverso, quel ‘medico’ che si è permesso quel commento era da prendere a calci”.

        [Piccola nota personale. Io prendo medicine che causano pesanti malformazioni al figlio in caso di gravidanza. Quindi prendo tutte le precauzioni possibili per evitare di restare incinta; per fortuna sono in un Paese (Inghilterra) dove la contraccezione è passata gratuitamente e i medici di base ti sanno consigliare molto bene in materia (leggi: non solo pillola). Nell’improbabile caso in cui rimanessi incinta, sarebbe comunque per me un dilemma non da poco – un dilemma che, come dicevo, faccio di tutto per evitare. Quello che mi lascia perplessa è il battersi contro l’aborto e contro la contraccezione, e magari anche contro gli aiuti alle madri indigenti…]

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      • E se non è un essere umano, che cos’è? Un essere equino?
        Chiaro, comunque, che essere contro l’aborto E contro la contraccezione è una contraddizione in termini – anche se per i buoni cattolici sembra essere l’unica posizione possibile – e un serio lavoro di prevenzione, su tutti i fronti, sarebbe davvero auspicabile.

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      • Per me – ma, davvero, penso sia qualcosa di personale, e ho massimo rispetto per posizioni come le tue in materia – un embrione fino alla 10a settimana (circa) è un embrione, non un essere umano. Qualcosa che potrebbe diventare un essere umano, certo: ma non lo è ancora.

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    • Il primo medico ha fatto un gesto di pietà sublimando in qualche modo il suo stesso “lavoro” (che in tal modo – e solo in tal modo – diventa “professione”) e dimostrando di aver capito in pieno i limiti (in ogni senso, in alto ed in basso) di questa professione; quei limiti che possono essere condensati nel vecchio adagio (ne ho trovato numerose formulazioni e attribuzioni) che suona più o meno “sei venuto per essere guarito, se non guarito curato, se non curato, almeno, consolato” … Inutile aggiungere ciò che penso abbia fatto il secondo individuo (nonostante la sua fresca laurea, non credo possa definirsi “medico”) del tuo racconto …

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      • Parafrasando ciò che ha detto qualcuno che, come al solito, non ricordo (“qualunque cosa uno insegni, finisce sempre per insegnare se stesso”), potremmo dire che, qualunque concetto uno esprima, finisce sempre per esprimere se stesso. Lui ha espresso la merda.

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  11. “Ma, come giustamente dici, si tratta di opinione, non certo di una determinazione scientifica.”
    Non è scientifica ma è molto pratica. Quando il feto è dipendente dal corpo della mamma, lo stato non può fare quasi nulla per difenderlo concretamente ; la donna è libera di fare del suo corpo quello che vuole, e non possibile monitorare concretamente tutte le donne gravide!
    Mentre quando il feto diventa capace di sopravvivere al di fuori, lo stato può toglierlo alla madre, e può essere cresciuto e allattato artificialmente da chiunque voglia adottarlo

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  12. Le mie opinioni in materia sono un po’ divise (si sa che ogni 2 ebrei ci sono 3 opinioni…). Ma un filmato che ho visto qualche anno fa mi colpito e fatto diventare molto piu contraria all’aborto (salvo certi casi, ma qui la discussione e’ lunga e non entro nel merito). Si vedeva l’ecografia fatta durante un aborto. Sembrava che il feto/neonato/bebe’/… cercasse di scappare per salvarsi, come sapesse cosa lo aspettava.
    E nell’ecografia mia alla fine del secondo mese di gravidanza sono rimasta esterefatta a vedere non un puntino o un corpo informe, ma un bambino vero e proprio!

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      • In altre parole – quell’ecografia che ho visto non e’ da sola, non e’ stato un caso unico. Ammetto che non lo avrei mai pensato alcuni anni fa. A dire il vero, fa pensare: cosa sappiamo da quando a quando una persona (o un essere vivente in genere) sa quello che succede intorno a lui, e’ cosciente?
        Diverso indubbiamento ma me lo ha richiamato in mente (e scusate il cambio di argomento – dall’inizio della vita alla sua fine) – mi fa pensare alle persone in stato di coma che i medici dichiarano che non sentono niente e non hanno nessun contatto con la realta’, mentre per chi li conosce e’ chiaro che ce l’hanno eccome…

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  13. Ricordo il caso delle due gemelle, di cui una risultata Down, sicché è stato deciso l’aborto “terapeutico” selettivo, ossia uccidere quella difettosa e tenersi quella sana. Senonché la bambina Down, di cui con l’ecografia era stata individuata la posizione, quando ha visto arrivare il coltello del carnefice si è spostata, e hanno ammazzato quella sana. Dopodiché ovviamente sono stati “costretti” a intervenire per ammazzare anche la seconda. Poi hanno detto che la mamma, poverinapoverina, era distrutta. Capito? Prima assassini due figlie, poi ti fai compatire perché sei distrutta tu.

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  14. E ora passo all’altro tema: l’uomo. L’avevo affrontato, anni fa, nei commenti in un altro blog, e inizialmente avevo pensato di parlarne anche qui; poi ho deciso di aspettare che me ne venisse offerto uno spunto, perché ero certa che prima o poi sarebbe arrivato. Infatti è arrivato. Non ho principi da inalberare, non ho certezze da esporre, non ho dogmi da proclamare: ho solo un gran mucchio di perplessità. Perché secondo ogni logica è giusto che la decisione spetti alla donna: se metto al mondo un figlio io me ne dovrò fare carico sicuramente, lui, qualunque cosa possa affermare o promettere adesso, se ne farà carico forse. Però. Se di quel figlio che io sto portando lui si sente padre, fino a che punto è giusto privarlo di ogni possibilità di avere voce in capitolo? Fino a che punto è giusto estrometterlo da ogni decisione e da ogni scelta? Io me lo chiedo, me lo sono sempre chiesta (mi è venuto freddo a leggere di “ossessione paranoica”: una donna come quella la vedo capace di assassinare a sangue freddo e a mani nude). Non ho risposte, non le ho mai avute, però sinceramente non me la sento di affermare che il padre non debba avere nessun diritto.

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    • nemmeno io ho certezze o verità,una sola richiesta:che chi sa ,decida,o c’entro sempre o non c’entro sempre,perchè se lui lo vuole e lei no,il bambino è morto,se lei lo vuole e lui no,lui è il padre,a prescindere,e gli può capitare in un futuro di essere portato in tribunale dalla ex fiamma perchè si rifiuta di avere rapporti con il bambino,ed il giudice decidere che deve amare il bambino d’ufficio(è successo),posso dire che è un po’ strano?

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      • E succede anche che lei lo voglia, lui no, il figlio nasca – e il padre se lo prenda a cuore, lo ami e si occupi e preoccupi per lui e il “non averlo voluto” sparisca per sempre (lo so, non tutti sono cosi’, ma ho conosciuto anche questo) .

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      • succede di tutto, però sai,qui si vuole imporre i sentimenti per legge,io non so come una persona possa non sentire nulla per il proprio figlio,però ne conosco e penso che sia impossibile obbligare qualcuno a sentire ciò che non sente,ma mi infastidisce che sia possibile per la società accettare che per qualcuno sia lecito e qualcuno no.

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      • Beh, io però una cosa così non l’ho mai sentita. Se l’esame del DNA dimostra che il padre sei tu ti si obbliga a provvedere, nella misura delle tue possibilità, al mantenimento del figlio; non so se ti si obblighi a qualcosa tipo incontri o presenze, – non l’ho mai sentito, ma in via del tutto teorica potrei anche immaginarlo, ma l’obbligo dei sentimenti davvero è anche al di là della fantascienza!

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      • E’ chiaro che non si possono imporre i sentimenti – intendevo solo parlare dei casi nei quali il padre si prende cura del figlio anche se non lo avrebbe voluto – semplicemente per esperienza di persone che conosco di persona.

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      • diciamo che la possibilità che la legge ti obblighi ad avere rapporti con un figlio che non hai voluto e subordinata all’interpretazione della madre,nel caso la stessa ritenga che la formazione del proprio bambino non possa prescindere dall’essere amato dal padre i giudici tendono a pensare che una sentenza che impone il mantenimento dei rapporti sia sufficiente,la ns magistratura è piena di megalomani.

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  16. è un argomento difficile da discutere perchè ognuno pu avere la sua opinione, sono contraria all’aborto in genererale, ma quello terapeutico se sono condizioni gravissime allora sì…io sono un educatrice di minori e ho lavorato con bambini down,sono dei bambini e ragazzini meravigliosi e le mamme sono piene d’amorevolezza nei loro confronti,ultimamente ho visto alle iene un servizio di una mamma coraggiosa che lottava ogni giorno con i suoi 2 figli disabili in modo molto grave….il padre era scappato via alla nascita di questi bimbi…..ma una cosa è importante dire che questa mamma sapeva che i suoi figli sarebbero nati in questo modo….ma non ha abortito……

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    • Guarda anche su repubblica online oggi, tema il ritorno dell’aborto clandestino, a causa del mancato servizio medico dello stato. 80% dei medici sono obiettori di coscienza (uhm, forse dovrei mettere coscienza fra virgolette, vista la cifra)fino a cinquantamila donne all’anno abortiscono in Italia clandestinamente. Ho conosciuto una donna che aveva abortito perché aveva già due bambini e aveva chiuso con il tema. Voleva tornare a lavorare e godersi una famiglia a 4. La sua prima gravidanza era finita involontariamente al terzo mese e ne aveva sofferto molto. Poi due gravidanze andate bene. Penso che come me, e la maggior parte delle donne che aspettano un bambino desiderato, abbia seguito ogni tappa dello sviluppo della creatura che sarebbe nata. Sapeva quando si formano quali cellule, quando si possono contare le dita. Eppure ha interrotto volontariamente la quarta gravidanza. Con apparente freddezza. Non ho neanche ben capito come una quarantenne super efficiente potesse rimanere incinta senza volerlo. Ho anche pensato che ci fossero dettagli che non sapevo, che riguardassero la relazione con il marito. Ma il fatto che la relazione dopo dieci anni dall’interruzione funzioni bene sembra contraddire questa ipotesi.

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    • @Melodie Sicuramente ci vuole molta forza e molto coraggio per affrontare situazioni come queste. Però in quelle mamme che seguono figli con handicap anche molto gravi, ho l’impressione di vedere anche molta serenità, che si sentano pienamente ripagate di tutti gli immensi sacrifici che fanno.

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      • Mia zia, ora vedova, ha un figlio gravemente disabile, ultimo dopo vari fratelli perfettamente sani. Lo ama da morire, dice che è il bastone della sua vecchiaia. Anzi, dice che non invecchia perché non se lo può permettere, e ci gioca, gli canta, ci balla (ora è grandicello lui, credo abbia una trentina d’anni).

        Alcuni dei fratelli si sono specializzati in cura e assistenza dei disabili, trovando la loro strada carica di soddisfazioni: tutti abbiamo un motivo per stare in questo mondo, che lo sappiamo o no.

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  17. Non credo che nessuno abortisca per superficialità, ma alle volte mi chiedo quante abortiscono con simile freddezza.
    Eppure sarebbe gravissimo abolire l’aborto legale (e gratuito per le donne senza possibilità finanziarie). Gravidanza, parto e educazione di un figlio sono cose che stravolgono la vita di una donna. NESSUNO che non l’abbia provato può capire fino a che punto. Ho letto molta superficialità in alcuni commenti. In cattedra a giudicare, l’Italia sembra un paese di giudici. Anche io penso che sia orribile abortire un bambino che potrebbe essere praticamente sano (alle volte ci sono gravi problemi di cuore) come nel caso dei bambini con la S. Down. ma costringere una donna a partorire un figlio che muore comunque dopo qualche mese o passerà comunque la sua breve vita in stato vegetativo, e magari soffrendo è una mostruosità.
    Per non parlare di far partorire a una donna il figlio che la ucciderà. Ancora qualche decennio fa si chiedeva al MARITO della partoriente di scegliere fra la vita della madre e quella del bambino in caso di gravi complicazioni.
    Quando una donna non ha altre scelte, l’aborto dovrebbe essere praticato al più presto possibile, certo. Questo però presuppone una burocrazia che funzioni bene, e dei medici che siano disposti a farlo. Altrimenti diventa difficile abortire prima delle dieci settimane.

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  18. Come già detto in altri commenti, non è assolutamente in discussione una legge che impedisce che le meno abbienti finiscano macellate su un tavolo di cucina, come non troppo di rado accadeva in passato.
    Tu dici che non credi che si possa abortire per superficialità. Io invece credo di sì. Ho sentito usare – da donne – il tema dell’aborto come argomento di battute e barzellette. Ho sentito donne di non verdissima età cominciare a pensare di fare un figlio, “poi casomai se non è normale faccio sempre presto ad abortire”. Ho letto che nella Germania est c’era l’uso per le atlete, in vista di qualche gara importante, di farsi mettere incinte per aumentare in maniera “naturale” il dosaggio ormonale e quindi le energie, e abortire immediatamente dopo la gara. Ho visto anni fa un servizio alla televisione in cui si vedevano donne che stavano affrontando il terzo, il quarto, il quinto aborto.
    Quanto alla superficialità nei commenti, io più che altro la vedo in chi blatera di diritti, di autodeterminazione, di “il corpo è mio e me lo gestisco io”… eccetera.

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    • In Germania dell’est non mi stupirei di niente…ma normalmente la realtà era un altra: dopavano gli atleti a loro insaputa, molti degli atleti hanno dovuto per questo fare i conti con malattie gravi o sono morti prematuramente. Qualcuno ha anche cambiato sesso…
      Tornando al dilemma, probabilmente quello che ci vorrebbe è informazione, sia su cosa significhi una gravidanza indesiderata per una donna, ma anche su cosa significhi un aborto anche per l’embrione e soprattutto per il feto (nei casi di interruzione “terapeutica” si tratta quasi sempre di feti e anche già grandicelli, perchè la diagnosi avviene ancora molto tardi). Ma probabilmente qualsiasi tentativo in questo senso provocherebbe comunque critiche accesissime dalla controparte… Gli animi si scaldano molto su questo tema. e spesso sono proprio gli animi di chi di maternità ne “sanno” (nel senso di sentirla sulla propria pelle) ben poco. Comunque chi parla con superficialità di aborto terapeutico, non sa che appunto non solo il feto viene ucciso nel corpo della madre, ma la madre poi lo deve anche partorire…
      Altro tema: visto il video su repubblica online con Riham Said, giornalista egiziana, che si “svela” davanti all’Imam? Guarda bene la faccia dell’imam, che assume una faccia benigna quasi convincente, per poi far cadere sempre di più la maschera davanti alla bravissima moderatrice. Forse questo ti può tirare su il morale.

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      • Sì, quello del doping pesante e ragazze ritrovatesi con barba e baffi e tutto il resto senza, all’inizio, riuscire a capirne il perché, l’ho letto. Ma ho letto anche quella delle gravidanze finalizzate a migliorare le prestazioni atletiche.
        Il video non l’ho visto, hai il link?

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      • Grazie! Abbiamo fatto un libro, che racchiude la storia di Matilde e poi quella di Virginia. Non sappiamo ora come fare: pubblicarlo qui a pezzi, pubblicarlo seriamente in carta, ecc… A me importa che si diffonda. Che ne pensate? Volete la malacopia per una valutazione ? Una mia excollega e’ anche disposta a coordinare una colletta. Consigli? Sara e’ in Italia ora e a breve dovrebbe pubblicare l ultimo pezzo su Matilde.

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        • Caro Michele, se sapessi come pubblicare lo avrei già fatto con qualcosa di mio! Comunque ci sono tantissimi siti che consentono l’autopubblicazione, non dovrebbe essere un grosso problema (la diffusione invece temo che lo sarà): se però ti serve sostegno, contaci!

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        • In base ad esperienze non mie ma che ho seguito praticamente in diretta, sconsiglierei fortemente la pubblicazione a spese proprie: il mestiere dell'”editore a pagamento” è unicamente quello di pubblicare a pagamento. Non di vendere, perché lui i soldi li ha già intascati.
          Quando con Elena Lattes abbiamo deciso di tradurre il libro della mamma di Ilan Halimi e non riuscivamo a trovare un editore, e poi Giorgio Israel a cui mi sono rivolta per consigli ha suggerito di trovare qualche istituzione che lo finanziasse, abbiamo chiesto alla Belforte, che poi alla fine ce lo ha pubblicato, quanto sarebbe venuto a costare, e hanno detto, tra acquisto dei diritti dall’editore francese, acquisto dei diritti per la foto che è stata poi messa in copertina e stampa di 3000 copie, circa 5000 euro. Qualche tempo prima un’amica aveva voluto a tutti i costi pubblicare a spese sue un racconto di una trentina di pagine: le hanno fatto pagare 3000 euro per la stampa di duecento copie, e ne sono poi state acquistate 26, di cui 25 da lei. Se lo scopo è la diffusione, sicuramente quella non è la via più adatta.

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