PER QUEL BUDINO DI RISO…

Il viaggio di ritorno lo feci con uno zio, fratello di mia madre, Marcus Yudkewicz, che stava cercando sua moglie Lotka. Prima passammo per Lódz, dove lui trovò una cognata da cui seppe che sua moglie era viva a Konin. Mi ricordo quando arrivammo in città e i miei zii si ritrovarono: fu come un miracolo. Lei viveva con tua cugina Felunia, a casa di Lola Birnbaum.
Mia zia, Lotka Blum, era di Konin; si erano sposati poco prima della guerra e avevano avuto una bambina, Renia, che allo scoppio del conflitto avevano affidato a una famiglia polacca. Dopo essersi ritrovati cominciarono a cercare Renia, ma invano: non sapevano se fosse viva o morta. Si rivolsero alla famiglia che l’aveva tenuta, ma nessuno aveva idea di cosa le fosse successo. Dissero che era stata portata via. Era sparita nel nulla.
Qualche tempo dopo i miei zii si trasferirono a Lódz, mentre io rimasi a Konin ancora un paio di mesi. Andai a vedere la nostra casa, però ebbi paura di entrare: alcuni ebrei erano stati uccisi per avere cercato di riprendersi le loro abitazioni. Non era certo un periodo tranquillo. Io abitavo con Chayim Czerwonka, che si era installato nel suo appartamento in un vecchio edificio sul Tepper Mark. Un giorno mi recai a Varsavia con lzzy Hahn per comprare un tamburo. A quell’epoca si viaggiava gratis dentro il Paese. Andammo anche alla mensa del JOINT, l’unico posto dove si poteva mangiare un budino di riso.
A tavola mi accorsi che una donna, seduta di fronte a me, non smetteva di guardarmi. Quando qualcuno ti fissa così, non riesci nemmeno a, mangiare. Alla fine le domandai seccato: “Se ha tanta fame, perché non mangia?” E lei rispose: “No, non è la fame: lei somiglia a una persona che conosco, una bambina.” Pensai subito alla figlia di mio zio, e le chiesi: “Dov’è questa bambina?” “Oh, molto lontano”.  Allora mi feci dare l’indirizzo e decisi di andarci immediatamente: era un convento di Poronin, un paese a circa seicento chilometri, non distante da Cracovia.
Lasciai a Izzy Hahn il compito di cercare il tamburo e partii da Varsavia. Arrivato a Cracovia, mi diressi affamato al JOINT, dove mi diedero da mangiare e le indicazioni per raggiungere Poronin. Era un paese di montagna; il convento stava arroccato in cima a un cocuzzolo. Alle sette del mattino seguente ero già arrivato. Aprii la porta per vedere se ci fosse qualcuno e mi trovai mia cugina davanti. La riconobbi subito, lei capì chi ero e scoppiammo a piangere tutti e due. Aveva solo sette anni e non sapeva più nulla dei suoi genitori. Rimasi al convento quella notte, e il giorno successivo ci lasciarono partire. Impiegammo dieci giorni per raggiungere Lódz. I suoi non sapevano ancora niente. Quando entrammo in casa, la feci aspettare giù nell’androne non volendo provocare uno shock troppo forte nei genitori. Era mattina presto, e mio zio aprì la porta preoccupato: “Cosa ci fai qui a quest`ora?” Risposi: “Non ti allarmare: vi ho riportato Renia.” La bambina salì e trovò i suoi genitori. È una storia vera, merito di quella sconosciuta che continuava a fissarmi mentre mangiavo il budino di riso. (Konin)

barbara

Una risposta

  1. Molto bello.. l’hai scovato per me?
    Leggo tutto, ma ho poco tempo e, come sai, condivido il tuo pensiero pressoché in toto..
    Grande, il post sull’aborto e relativi commenti!
    Ma passo per un OT: sai che è morto ( anche ) Moustaki?
    E tu ne avevi appena parlato: presagio?
    Che la terra gli sia lieve, più della vita terrena.
    Che maggio.. :(‘

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    • A me veramente risulta che stanno lasciando la Francia se non proprio in massa, sicuramente in gran numero. In ogni caso gli ebrei francesi sono venti volte quelli italiani, non sarebbe poi così sorprendente se potessero fare qualcosa di più degli ebrei italiani. A parte questo, Sarkozy ha smesso da un bel po’ di essere uno che governa i francesi. A parte anche questo non mi sembra che questa cosa l’abbiano fatta gli ebrei francesi. A parte anche questo non è stato ancora stabilito se la cosa sia una presa in giro o una cosa – nelle intenzioni – seria.

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  2. La storia i consola un po’ da una che ho sentito da pochissimo. Dove il bambino di 4 anni affidato ai contadini polacchi e cercato alla fine della guerra, non c’era più. Secondo i contadini era caduto da una rocca, ma non sono apparsi molto credibili allo zio che era andato a riprenderlo…

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    • Da quanto dici non è chiaro se il sospetto dello zio fosse che lo avessero ammazzato o, “più semplicemente”, battezzato e poi nascosto per non rimetterlo in mano agli “assassini di Cristo”. Di bambini affidati a famiglie non ebree e non restituiti comunque ce ne sono stati molti. C’è un libro sconvolgente di Hanna Krall, mi pare che fosse “Il dibbuk e altre storie” (l’ho letto moltissimi anni fa) che racconta alcune di queste storie, polacchi che in punto di morte rivelano la verità a quelli che avevano sempre creduto di essere i loro figli, e conseguenze di queste rivelazioni, persone che quasi impazziscono al pensiero di essere ciò che avevano imparato a odiare, un marito che scaccia di casa la moglie, inorridito all’idea di avere scopato per anni con una sporca ebrea, persone che improvvisamente si ritrovano in gravissime crisi di identità… Oltre a tutti quelli che non lo hanno mai saputo né mai lo sapranno. Destino sotto alcuni aspetti analogo a quello dei figli dei desaparecidos argentini adottati dai carnefici.
      Sto finendo di leggere un libro, ne parlerò presto.

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  3. Chi ha raccontato la storia era il figlio dello zio. Suo padre era convinto che la famiglia polacca avesse fatto sparire il bambino per vigliaccheria, e con sparire si intende o uccidere direttamente o consegnare alle SS. Ma dopo aver letto la storia del budino mi sono chiesta anch’io se il nipotino fosse davvero morto oppure finito in qualche convento e battezzato. L’unica cosa che appariva chiara allo zio è che la famiglia mentiva quando raccontava dell’incidente. Ma non hanno, come tanti saputo più niente di lui.

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