Il pogrom di Tunisi, 5 giugno 1967
di Alain Madar
Avevo 6 anni e mezzo, eppure il ricordo è ancora nella mia memoria perché ha segnato la mia infanzia. Quel pomeriggio, come tutti i pomeriggi, la mamma è venuta a prendermi davanti alla scuola Glatigny per andare a mangiare a casa. Come al solito, ho lasciato la mia cartella a scuola, al piano terra della Grande Sinagoga di Tunisi. Abitavamo vicino alla Piazza Verdun, al 6 di rue d’Alexandrie, una piccola strada perpendicolare alla rue de Paris, a 100 metri dal cinema Le Mariveau. Mio padre è tornato a casa prima, quel pomeriggio. Aveva dovuto lasciare il souk, perché i manifestanti avevano dato fuoco all’ambasciata inglese. Mia sorella voleva tornare a scuola. Mio padre non ci ha permesso di lasciare la casa, e aveva ragione. Infatti, pochi istanti dopo, una folla eccitata proveniente dai quartieri arabi ha invaso il nostro quartiere. I manifestanti gridavano il loro odio, saccheggiando i negozi ebraici prima di incendiarli. Le urla erano sempre più vicine, fin dentro l’edificio. Eravamo terrorizzati. Mio padre ha spinto un armadio contro la porta d’ingresso del nostro appartamento. E ha chiuso anche le persiane di legno. Ho sentito rumore di vetri infranti, e i manifestanti correre sotto le nostre finestre al 1° piano. C’era un odore di fumo nell’appartamento. Questi manifestanti teppisti, venuti dai quartieri arabi e manipolati da agitatori antisemiti volevano far pagare agli ebrei la sconfitta dei paesi arabi durante la guerra dei Sei giorni che era iniziata. Le notizie trasmesse dalla televisione tunisina annunciavano la vittoria dei paesi arabi, ma Radio Montecarlo, che si prendeva in Tunisia, dava la versione corretta e informava della sconfitta egiziana. La polizia è stata sopraffatta ed è dovuto intervenire l’esercito per riportare la calma. In serata, il presidente Bourguiba ha fatto un discorso alla televisione per condannare questi atti, e ha vietato a chiunque di toccare un solo capello agli ebrei (da qui la barzelletta dell’epoca sui parrucchieri arabi che non potevano più pettinare gli ebrei). Per diversi giorni, non abbiamo lasciato la casa e non sono andato a scuola. Tornata la calma, sono tornato giù, sotto casa mia, in Piazza Verdun. L’odore di bruciato era ancora presente. L’atmosfera era triste e insolita. Poche persone per le strade. C’erano soldati armati per la strada e la loro presenza mi rassicurava. Mentre camminavo un po’ più in là, ho scoperto i negozi bruciati e distrutti dalle fiamme. Il commerciante di “frigidaires”, come si diceva lì, la pasticceria Nathan di mio cognato, tutti i negozi di proprietà ebraica erano devastati. Rivedo i miei vicini di salire su un taxi; non li rivedrò mai più, né loro né il venditore di elettrodomestici. Hanno lasciato la Tunisia per sempre, come moltissimi ebrei tunisini. Quando sono tornato a scuola, parecchi giorni dopo, ho cercato la mia cartella perché la classe è stata incendiata. Che gioia quando ho trovato la mia borsa in pelle marrone “sana e salva”, solo con un odore di bruciato. Ho appreso molto più tardi che non avevamo lasciato la Tunisia a quell’epoca perché i nostri passaporti erano scaduti. Mio padre aveva fatto domanda per il rinnovo, ma le autorità hanno rifiutato di restituirceli fino a quando è tornata la calma. (qui, traduzione mia)
In concomitanza con la guerra dei Sei giorni (di cui si è parlato qui e qui) in tutto il mondo arabo si sono scatenate violente sollevazioni contro gli ebrei. Nel corso del pogrom di Tunisi, di cui si parla in questa pagina, la sinagoga è stata incendiata (e non è certo un caso che l’assalto alla sinagoga di Tunisi sia stato uno dei primissimi atti della “primavera”), quaranta rotoli della Torah sono stati profanati urinandovi sopra e poi bruciati. Le autorità hanno poi fermato la rivolta, ma non hanno impedito che si continuasse a bruciare auto di proprietà di ebrei e distruggere targhe commemorative. Sono stati inoltre distrutti il centro per la distribuzione di farina, il magazzino dei libri e gli uffici del Joint. La sommossa è iniziata alle due del pomeriggio, l’esercito è intervenuto non prima delle 4. Il giorno successivo quattro ministri hanno visitato la sinagoga; i responsabili sono stati arrestati e i danni riparati, ma i risarcimenti promessi non sono mai stati pagati. In seguito al pogrom, 7000 ebrei si sono trasferiti in Francia. Non è stato possibile appurare se vi siano stati morti, né trovare dati sul numero dei feriti. (Grazie a http://jewishrefugees.blogspot.it/ per avermi cortesemente aiutata a completare gli scarsissimi dati reperibili in rete).
barbara