LIBERTÀ DI STUPRO GARANTITA PER LEGGE

Lo stupro impunito del branco di Montalto:
“Io, stanca di combattere per avere giustizia”

MONTALTO DI CASTRO – Sei anni fa, esattamente in questi giorni, in questa stessa pineta che si affaccia sul mare e dove di notte nessuno sente e nessuno vede. Forse era già primavera, mentre oggi il cielo è incerto: la stuprarono in otto, per tre infinite ore, M. aveva 15 anni, gli altri, il branco, poco di più.
“Mi hanno preso la vita e rubato il futuro, ho sperato ogni giorno di avere giustizia, ma se avessi saputo che finiva così non li avrei mai denunciati. Ora sono stanca, non ho più la forza di combattere”, racconta oggi M. L’hanno chiamato lo “stupro di Montalto di Castro”, dal nome di quel paese tra Lazio e Toscana che ha continuato testardamente a difendere i suoi “bravi ragazzi”, che nella notte tra il 31 marzo e il primo aprile del 2007 abusarono selvaggiamente di M., Maria, un nome che non è il suo ma le assomiglia. Oggi dopo sei anni e due processi, quella ferocia di gruppo è diventata il paradigma di quanto in Italia la violenza sessuale resti di fatto ancora impunita. E le vittime relegate nell’ombra di vite spezzate.
“Aveva la minigonna”, fu l’incredibile capo d’accusa del paese schierato in piazza davanti alle telecamere di Canale 5 per insultare Maria, che aveva la media del 9 a scuola, e quella sera di marzo aveva accettato dalla sua amica del cuore l’invito ad una festa in una discoteca di Montalto di Castro. Qualcuno poi l’aveva convinta ad uscire dal locale, per prendere un po’ d’aria nella pineta, gli altri erano sbucati dal buio.
Il resto è incubo, vergogna, paura, l’avevano lasciata lì pesta, sanguinante, con le calze rotte.
Per quindici giorni Maria si tiene il segreto, poi in lacrime racconta tutto al preside del liceo di Tarquinia che allora frequentava, e che l’aveva convocata per capire perché quell’allieva così brillante non facesse altro che piangere in classe. Sei anni e due processi dopo, nonostante la richiesta di 4 anni di carcere avanzata dal Pubblico ministero, e pur riconoscendo che il racconto di Maria è del tutto veritiero, il 26 marzo scorso il tribunale per i minori di Roma ha deciso per la seconda volta di affidare i colpevoli – alcuni lavorano, altri sono diventati padri, mai nessuno ha chiesto scusa a Maria – ai servizi sociali. Sospendendo così ancora una volta il processo.
E allora bisogna salire su una strada ripida alle porte di Tarquinia, trenta chilometri da Montalto di Castro, attraversare un ballatoio rigoglioso di fiori curati, e sedersi accanto ad Agata, la madre di Maria, 59 anni, quattro figli, Salvatore, Gianluca, Cinzia e Maria, gemelle, emigrata qui dalla Sicilia 23 anni fa, un marito camionista, lei stiratrice in lavanderia. E c’è tutto il dolore di una madre nei grandi occhi azzurri di Agata, un pudore violato, “per farla visitare la portai dalla ginecologa che l’aveva fatta nascere, ma alle cinque del mattino, per non incontrare nessuno”.
Nel salotto che odora di pulito, con le foto in cornice e i buoni mobili di famiglia, Agata racconta. “Quello che hanno fatto a Maria lo sento ogni giorno sulla mia pelle, sono ferite aperte, era poco più che una bambina, oggi vive quasi nascosta, a casa di un’amica dove fa la baby sitter, ha smesso di andare a scuola, è l’ombra della bella ragazza che era, ha paura del buio, da quella notte maledetta non ha mai più messo una gonna, e in tutti questi anni nessuno dei suoi aguzzini, o dei loro genitori, mi si è avvicinato per dirmi mi dispiace, mio figlio ha sbagliato. Anzi, durante le udienze i ragazzi ridevano”.
Ci avevano già provato i giudici, nel 2009, a recuperare gli otto del branco, alla fine rei confessi, difesi da buoni avvocati e con famiglie abbienti alle spalle. Addirittura il sindaco di Montalto di Castro, Salvatore Carai,
salvatore carai
ancora oggi iscritto al Pd, contro ogni procedura aveva prelevato dalle casse comunali 40mila euro per difendere i violentatori.
Una “messa in prova” fallita, durante la quale uno degli otto era stato addirittura arrestato per stalking contro la fidanzata, tanto che la Corte di Cassazione aveva revocato quel provvedimento, imponendo un nuovo processo di primo grado.
Continuerebbe a combattere Agata, vorrebbe impugnare quella “messa in prova” che non ha reso giustizia a sua figlia. Insieme a lei, da sempre, un’altra donna tenace, Daniela Bizzarri, ex consigliera delle Pari Opportunità di Viterbo. Una solidarietà che diventa amicizia. “L’affidamento ai servizi sociali di questi ragazzi, oggi tutti maggiorenni, si è già rivelato un fallimento la prima volta. Perché riproporlo e far passare il concetto che lo stupro è un delitto minore? Così passa il messaggio dell’impunità”.
E basta affacciarsi in uno dei tanti chioschi semiaperti sul litorale di Montalto, per capire perché Agata e Maria si sentano sole. “C’avete rotto i co…, è stata una ragazzata, e se l’hanno fatto vuol dire che lei li incoraggiava. Lasciateci vivere”. Agata liscia con gesto di sempre la tovaglia inamidata sul tavolo. “Quelli vanno in giro, sono liberi, li vedi nei bar, si sono sposati. Maria ha perso venti chili, è dovuta andare via, a lei chi restituirà il futuro? Per questo vorrei ancora avere giustizia”. Ma è Maria invece che come tante altre donne vittime di stupro, ha deciso di ritirarsi. Delusa. Stanca. “Non posso sostenere un nuovo processo – sussurra – ad ogni udienza sto male, vomito, ricominciare daccapo, vedere le loro facce… Li dovevano condannare, ma mi basta che i giudici mi abbiano creduto, che io sono una ragazza perbene. Ora cerco soltanto un po’ di pace”.

07 aprile 2013,  MARIA NOVELLA DE LUCA, qui

Come ho già avuto modo di dire in altra occasione, s’i fossi foco, garantito che l’eruzione del Vesuvio del 79 diventerebbe un giochino da bimbi dell’asilo. E per il sindaco, un bello spiedo arroventato. Sperando che abbia le emorroidi.
parte-lesa
barbara

  1. ieri sera ho visto “uomini di parola”,mi è piaciuto molto,ma sopratutto mi è piaciuto come hanno reso giustizia ad una ragazza stuprata da un branco,bisognerebbe renderlo legge…appesi per le mani ad una corda legati con le gambe larghe,un’ottima mazza da baseball alla ragazza e poi si chiude la porta,10,15 minuti e la cosa è sistemata.

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  2. Quel branco ha violentato tutte noi. Ci ha prese in giro a tutte, ci deride. Se la giustizia italiana non fara’ il suo corso non escludo che prima o poi quei “bravi ragazzi” possano ripetere il gesto verso qualche altra povera vittima.

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    • Infatti, come avrai letto, uno di loro è stato successivamente denunciato dalla fidanzata per stalking. Se tuo figlio ha l’hobby di rubacchiare nei negozi e tu alzi le spalle e dici sono ragazzate, non è improbabile che più avanti si metta a scippare vecchiette e poi a rapinare banche. E se poi ci scappa il morto pazienza, sono gli incerti del mestiere.

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    • E la serie si allunga sempre più: dall’ormai storico “stupro in jeans” alla quattordicenne stuprata in una porcilaia, i cui violentatori hanno preso meno che per un furto di caramelle perché siccome era già stata stuprata in precedenza, ci era abituata e quindi la cosa non doveva poi essere stata così tremenda… via via a tutte le altre.

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    • No, la vergogna per conto terzi io non la condivido proprio: perché mai ti dovresti vergognare tu, che si vergognino loro! Quanto alla nazionalità, temo proprio che non abbiamo noi l’esclusiva. Ricordo anni fa, in Canada, un arabo aveva sodomizzato la figliastra di nove anni, e la giudice lo ha condannato a undici mesi, motivando la mitezza della pena col fatto che agendo in quel modo ne aveva preservato la verginità, che in quella cultura è considerata molto importante. Vale a dire che se tu hai una figliastra bambina è scontato che te la trombi; chiarito questo, se sei un disgraziato te ne freghi del come e dove, se invece sei un bravo ragazzo provvedi a sfondarla dappertutto tranne che dove rischieresti di compromettere le sue possibilità di matrimonio. Spiedo arroventato anche lì.

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      • questa cosa delle giustificazioni culturali mi da sui nervi più ancora dei mostri in questione,chè il mostro è mostro e va abbattuto,fine.Ma il magistrato che si ingegna per giustificare il mostro,che porello non poteva capire in quanto per la sua cultura…non e cosi grave perche nella sua cultura è abitudine…ecco questo signore,o signora,che di questi elementi non è il caso di fare distinzioni di genere,provassero loro la sodomia come segno di attenzione,botte e calci e incubi come segno di apprezzamento della loro sessualità,la condivisione in branco come attestato di bellezza,così, visto che c’è un perchè,perchè no?perchè no?

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        • Come quello in Germania che aveva violentato la sua ex e ha avuto le attenuanti perché era sardo e quindi nella sua cultura è normale. (Infatti tu vai in Sardegna, tutti lì con l’uccello di fuori pronti a saltare addosso alla prima che passa)

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        • I tedeschi (o alcuni) credono che gli italiani sono musulmani e che la shariah è legge, quando la shariah arriverà in Germania ben prima che in Italia (salvo attacco militare isis)

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  3. Quello che mi ha fatto più soffrire di quanto ho letto è sapere che Maria non si è ripresa. So che cosa è uno stupro, una violenza disgustosa, una violazione della persona, un trauma feroce, che però può trasformarsi in una rovina ancora peggiore se la vittima contemplava tra i suoi valori quello della verginità.

    Io sono d’accordo con tutto, col “s’io fossi foco”, con la mazza da baseball e lo spiedo non solo per il sindaco, ma è vero pure che la ragazza andava – va – aiutata a uscirne, la vita è ancora lunga, e lei ha diritto a viverla. ll passato non va dimenticato, non va sepolto, ma collocato nel passato sì, gli va impedito di rovinarci il futuro, non dobbiamo essere noi, con le nostre mani, a ingigantirne e alimentarne le conseguenze.

    Ne abbiamo parlato più volte, ci sono persone che HANNO VOLUTO VIVERE anche uscite dai lager, e la vittoria di Maria su quei mascalzoni, al di là del verdetto in un tribunale, sarebbe stata – e potrebbe ancora essere – l’essere felice, il costruirsi una vita, perché altrimenti hanno vinto loro, che la loro vita spensierata se la sono fatta.

    E comunque, a quanto leggo, quegli stupratori sono figli di una famiglia di stupratori – se non altro per atteggiamento mentale – e di un paese di stupratori, se il paese si permette di dire alle due donne che hanno rotto l’anima e tutto quello che aggiungono.

    Ora, le due donne, dovrebbero solo alzare la testa e andare avanti, non innaffiare la pianta del dolore, perché Maria deve tornare a vivere, perché lei non è solo una ragazza stuprata, è quello, ma è anche quello che era prima, e tutto quello che può essere dopo.

    Le auguro tanta felicità, secondo me i mezzi per farcela li ha.

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  4. Aggiungo il commento che ho or ora lasciato da Marisa sullo stesso argomento, e sicuramente non è ancora visibile perché in moderazione (http://marisamoles.wordpress.com/2013/07/21/stupri-e-condanne/#comment-11050 ):

    “L’ergastolo per uno stupro è una pena più che proporzionata, non solo perché chi stupra una donna la uccide di una morte anche peggiore di quella fisica, perché le uccide l’anima, le uccide il futuro, la voglia di vivere, costringendola però a continuare a vivere, a portare a spasso la sua carcassa vuota, ma anche perché certi individui sono recidivi, e una società civile non dovrebbe permettere che tornino in circolazione a far danni.”

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  5. Il fatto è che, a parte che non siamo tutti uguali, finché un intero paese fa il tifo per i carnefici, finché ogni volta che esci di casa ti strillano dietro brutta puttana che prima li provochi girando in minigonna e poi li rovini denunciandoli, la vedo dura riuscire a dare una svolta alla tua vita e riprendere il cammino. Sull’ergastolo sì, sono pienamente d’accordo.

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  6. Pingback: E A QUESTI CHE COSA DOVREMMO FARE? | ilblogdibarbara

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