Hai presente quando cominci a leggere un libro e dici bello, questo lo metto nel blog, e poi più vai avanti a leggere e più ti rendi conto che è talmente bello che non sai che cosa dire, non sai da dove cominciare a raccontarlo, ad esprimerlo, a rappresentarlo? Ecco, questo è uno di quei libri. Possiamo dire che è un romanzo corale? Sì, forse possiamo dirlo: di quelli in cui ogni persona racconta il suo pezzetto di storia, dalla sua prospettiva, con il suo punto di vista, mettendoci la sua sensibilità, e però non è un romanzo corale come gli altri romanzi corali, perché i racconti si snodano attraverso le generazioni, e ad un certo punto ti accorgi che c’è un “tu” a cui il racconto si rivolge, e poi questo “tu” cambia e solo verso la fine riesci ad avere in mano il bandolo della matassa e tutte le tessere del mosaico. E nel frattempo sono passati davanti ai tuoi occhi il dolore e la miseria e l’amore e l’inganno e il coraggio e la vigliaccheria e la terribile, sanguinaria occupazione giapponese e la realtà e la magia e la vita e la morte e la speranza e la disperazione e la memoria e l’oblio e poi di nuovo la memoria oltre l’oblio e il compito della memoria affidato a chi di oblio e nell’oblio sta vivendo… E insomma, tu lo devi leggere, non c’è niente da fare.