NO, IL PRESENTE NO

Il passato magari sì – e a chi non è capitato di avere nel proprio passato qualcuno che “accecato d’amore” abbia detto, o sussurrato, o gridato “sei bellissima”. Ma il presente proprio no. Un presente con qualcuno che mi tratti come un pagliaccio, qualcuno che mi dica che non valgo niente, qualcuno che mi costringa a nutrirmi di ricordi “per affrontare il presente”, quello no, NO, NO! Non c’è mai stato né mai ci sarà, perché a nessuno ho mai permesso né mai permetterò di insultarmi, a nessuno ho mai permesso né mai permetterò di maltrattarmi, a nessuno ho mai permesso né mai permetterò di distruggermi.
Mi è capitato proprio recentemente di fare una considerazione. Ci sono donne che al primo schiaffo, o addirittura al primo “sta’ zitta cretina”, fanno le valigie e se ne vanno. Queste donne sono fra noi. TUTTE. Poi ci sono le altre, quelle che finiscono sui giornali perché ammazzate dal marito, dall’ex marito, dal partner, dall’ex compagno, perché non sopportava l’idea di essere lasciato, o perché gli è preso il ghiribizzo di afferrare un coltello da cucina e far vedere quanto è bravo nei lavori di intaglio. Nel 99% dei casi leggiamo di anni e anni di soprusi e di maltrattamenti e di violenze, sopportate perché “io però lo amo”, e “prima non era così sarà sicuramente un brutto momento poi gli passerà”, e “non posso privare i bambini del loro padre”. Mettiamocelo bene in testa: il primo “sta’ zitta cretina” lasciato correre è una porta aperta sull’abisso, è una autorizzazione ufficiale ad andare oltre, è lanciare una macchina senza freni su una strada in discesa: non la fermi più. VANNO FERMATI SUBITO, al primo accenno di violenza, anche “solo” verbale, senza scuse, senza attenuanti, senza indulgenze. O ci fabbrichiamo la nostra distruzione (e quella dei figli: non dimentichiamolo!) con le nostre mani: tutto ciò che un uomo ci fa, lo fa perché NOI gli permettiamo di farlo. Ci tradisce perché gli permettiamo di tradirci. Ci insulta perché gli permettiamo di insultarci. Ci maltratta perché gli permettiamo di maltrattarci. Ci usa violenza perché noi gli permettiamo di usarci violenza. Poi, certo, arriva il momento in cui il gioco ci sfugge di mano, e succedono cose che non permetteremmo affatto, ma la prima luce verde, quella che ha fatto alzare le sbarre, l’abbiamo data noi. Non si può dire no alla diciottesima violenza: o lo dici alla prima, o ti rassegni ad avere come unica possibilità di scelta quella tra sopportare tutto fino alla fine o morire giovane. Rari i casi di esiti diversi, e sempre, comunque, a prezzo di sofferenze immani, non solo proprie ma anche per i figli.
E, per favore, non raccontiamoci la favoletta dell’amore cieco: l’amore ci vede benissimo e va esattamente là dove vogliamo che vada La leggenda dell’amore cieco amiamo raccontarcela per giustificare davanti a noi stessi l’ingiustificabile, per mascherare la nostra pigrizia, o la nostra vigliaccheria, nient’altro che questo. L’AMORE CIECO NON ESISTE.

Post scriptum: quanto detto naturalmente vale per noi: noi occidentali, noi scolarizzate, noi con leggi che ci tutelano, noi con forze dell’ordine che ci difendono, noi con strutture che ci proteggono, noi con una società che, per quanto maschilista possa essere, non riconosce ai nostri uomini il diritto di vita e di morte su di noi. Noi che sappiamo che la nostra vita appartiene a noi e a nessun altro e abbiamo gli strumenti per tutelarla. Poi ci sono “le altre”, quelle che fin dalla nascita hanno subito il lavaggio del cervello, quelle che non sanno che la vita appartiene a loro perché è stato loro tenuto accuratamente nascosto, quelle che vivono in una società in cui padri fratelli mariti hanno su di loro un incontestabile diritto di vita e di morte, quelle che non trovano protezione né nelle leggi né in alcun genere di istituzioni. Queste nostre più sfortunate sorelle non hanno in mano il proprio destino. Non possono dire no. Non possono sfuggire. Non possono decidere alcunché. Per loro dobbiamo provvedere noi. A volte possiamo fare poco, a volte niente del tutto. Ma cerchiamo almeno, se proprio altro non possiamo fare, di risparmiare loro l’oltraggio di proclamare che “è la loro cultura”, sottintendendo che a loro sicuramente andrà bene così. E non stanchiamoci di denunciare gli abusi che subiscono, tutte le volte che ne veniamo a conoscenza.

Poi magari, se vi va, fate un salto qui, e vedete se la cosa vi interessa.

barbara

AGGIORNAMENTO: ho trovato questo, e mi sembra che ci stia molto bene.

Una risposta

  1. ben detto! ma ti prego, ogni tanto rispondimi!   DAVIDE FASSOLA

    ________________________________ Da: ilblogdibarbara A: tikkeiwjapan1999@rocketmail.com Inviato: Martedì 3 Settembre 2013 23:36 Oggetto: [New post] NO, IL PRESENTE NO

    WordPress.com blogdibarbara posted: ” Il passato magari sì – e a chi non è capitato di avere nel proprio passato qualcuno che “accecato d’amore” abbia detto, o sussurrato, o gridato “sei bellissima”. Ma il presente proprio no. Un presente con qualcuno che mi tratti come un pagliaccio, qua”

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  2. Non ho mai chiesto a nessuno la fonte d’ispirazione di un articolo, a maggior ragione se di tratta, come in questo caso, di denunce/appelli così profondi ed emozionanti, assolutamente condivisibili, per nulla scontati e superflui, però la tentazione di chiedertene la ragione mi viene.

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  3. Io aggiungerei tutte quelle che accettano, o a volte provocano, una relazione con uomini sposati o, sposate o comunque legate ad un altro, cercano amore e sesso con altri.
    La cosa è assolutamente speculare per gli uomini, ma chi ne fa più spesso le spese sono le donne.

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    • Scusa, ma non vedo il nesso: il post parla di donne maltrattate dai propri compagni o amanti e affini. Fa differenza se il maltrattante è il legittimo marito o un amante sposato? Quanto alla seconda parte, non mi pare di vedere i giornali traboccanti di notizie su mariti fidanzati compagni amanti assassinati dalle proprie compagne o ex, magari dopo anni di torture fisiche e morali. Quindi io tutta questa specularità, abbi pazienza, non ce la vedo mica.

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  4. Il nesso c’è, a mio vedere. Se ti metti nelle condizioni in cui il marito perchè si incazza o l’amante perchè ti vuole mollare (vedi la brasiliana) possono costituire pericolo fisico, spesso mortale, è anch’esso un caso di autolesionismo dovuto all'”amore cieco”.
    E’ una casistica diversa, ma l’atteggiamento di fondo è sempre lo stesso: “MA IO LO AMO”.
    La specularità era riferita al fatto che i torti sono uguali da entrambe le parti, prima che qualcuno legga nelle mie parole che gli uomini sono tutti santi e le donne sono tutte puttane tentarici. Ho anche aggiunto che se il torto è uguale le conseguenze sono statisticamente a sfavore delle donne (Lorena Bobbit a parte…)

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    • Il fatto è che le situazioni che stai proponendo non le vedo mai o quasi mai comparire nelle vicende di cui stiamo parlando: quelle che vengono ammazzate non sono mogli fedifraghe sorprese sul fatto bensì mogli sottomesse che per anni hanno sopportato ogni sorta di angherie.
      Sul fatto che i torti siano uguali da entrambe le parti, hai qualche dato statistico sul numero di mariti maltrattati, angariati, seviziati, costretti a uscire con grandi occhiali scuri per nascondere i lividi delle botte, ricoverati per ferite e contusioni che raccontano di essersi procurati da soli cadendo per le scale per paura che al ritorno a casa gli capiti di peggio se dicono la verità?
      Non so se l’arrampicata sugli specchi sia il tuo sport preferito, ma ti assicuro che la contemplazione delle arrampicate sugli specchi non è il mio.

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      • Va bene, mi arrendo…
        Ai miei (nostri) tempi esisteva il delitto d’onore. Immagino che se era prevista una apposita norma di legge qualcosa volesse pur significare, Germi ci fece pure un film.
        Ho parlato di torti. Le conseguenze violente nei casi di corna sono per la maggior parte l’uccisione del partner fedifrago, non le percosse.
        Fortunatamente il cosiddetto senso dell’onore si è attenuato, perchè con la selva di corna che c’è ormai in giro sarebbe risolto il problema della sovrapopolazione…

        Shalom, pace!

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        • Mi piacerebbe, una volta, riuscire a farti capire il mio ragionamento.
          E’ vero, sono cose diverse, ma riportate all’essenza in entrambi i casi vi sono donne che si mettono, più o meno coscientemente, in una situazione di pericolo o sofferenza e non sono capaci di uscirne.
          Nella tua casistica vi sono, semplificando, quelle che si mettono con un uomo violento perchè pensano di redimerlo e quelle che si ritrovano un uomo inizialmente normale che inizia a bere e/o a drogarsi per casi della vita e diventa violento. Le seconde sono incolpevoli inizialmente, lo diventano quando accettano le violenze e non reagiscono. Le prime sono colpevoli sino dall’inizio, e tra queste ci metto chi sposa un islamico, perchè chiudono gli occhi su quello che dovrebbero aspettarsi.
          Assimilo al primo caso anche chi inizia una relazione extraconiugale perché potenzialmente pericolosa sino dall’inizio, con la differenza non da poco che il rischio non sono le botte ma la vita e che il pericolo può venire sia dal coniuge che dall’amante.
          Detto questo tu rimani della tua idea ed io della mia, we agree to disagree.

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        • Ho capito il tuo ragionamento. Quello che mi sfugge totalmente è perché diavolo, nei confronti della questione che si sta trattando, una relazione extraconiugale ti appaia più pericolosa di una coniugale. Il marito che potrebbe ammazzarmi perché scopre di essere cornuto NON rientra minimamente nella questione che si sta trattando (violenze continue sopportate invece che reagire). L’amante extraconiugale che improvvisamente decide di liberarsi di me ammazzandomi NON rientra minimamente nella questione che si sta trattando (violenze continue sopportate invece che reagire). La situazione che tu proponi NON HA ASSOLUTAMENTE NIENTE IN COMUNE con quella alla base di questo post. Non si tratta di essere d’accordo o in disaccordo: si tratta del fatto che tu stai parlando di un’altra cosa.

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        • Ti ho già scritto e lo ripeto che sono d’accordo sul fatto che sono cose diverse. Io le accomuno per la situazione iniziale, cioè il fatto di mettersi volontariamente in una situazione a rischio di subire violenze.
          Se mi dici che il topic sono i maltrattamenti e il subirli passivamente hai ragione, sono fuori tema. Ma io ne ho fatto un discorso più generale, che riguarda anche i cosiddetti femminicidi.
          Il violento che ti maltratta e ti sevizia difficilmente ti uccide se non perché perde il controllo su di te; lui gode nel vederti soffrire. Colui che uccide non è necessariamente un violento, vuole solo sbarazzarsi di te.
          Ma in entrambi i casi ti sei messa da sola nei guai, anche se oggettivamente gli uomini che non sopportano l’abbandono e che passano dallo stalking all’omicidio sono una modesta percentuale.
          Se non sono ancora riuscito a chiarire il mio pensiero, giusto o sbagliato che sia, qui mi fermo. Evidentemente non sono capace di spiegarmi.

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