BASTA CON LA FROTTOLA DELL’ANTISEMITISMO

Gli eventi di questi ultimi giorni mi hanno indotta a ripescare dal mio archivio questo articolo di dodici anni e mezzo fa. Si era all’inizio della cosiddetta seconda intifada – in realtà violenta guerra terroristica accuratamente preparata da Arafat nel corso di lunghi anni – e l’evento, anziché solidarietà nei confronti di Israele che dopo aver tentato l’impossibile per accontentare ogni richiesta della controparte veniva brutalmente aggredita, aveva scatenato un’ondata senza precedenti dal secondo dopoguerra non solo di odio anti israeliano, ma anche di aperto antisemitismo. Che da allora non si è più fermato.
NB: i refusi sono tutti nei commenti originali.

Da  “Il Giornale” del 6 aprile 2001, articolo di Antonio Socci

Quei messaggi antisemiti del popolo di Repubblica

Il “caso” è questo. Una piccola bambina ebrea di 11 mesi, Shalhevet, viene uccisa a Hebron da un cecchino palestinese. Repubblica condanna (com’è naturale) il crimine, ma poi sorprendentemente usa questa tragedia per mettere sotto accusa “il governo israeliano” che sarebbe reo di usare una fotografia “come arma di guerra”. Quel governo avrebbe infatti “deciso, con il consenso dei genitori, la diffusione dell’immagine-choc della piccola Shalhevet”. Essendo una “foto forte”, terribile Repubblica spiega di aver “deciso di non pubblicare questa immagine”, come “atto di sensibilità verso i lettori” e “pietà per la bambina”. Però il giornale di Piazza Indipendenza nel suo sito Internet chiama i suoi lettori nel forum telematico a discutere sulla seguente domanda: “Cosa pensate della scelta israeliana? E’ giusto, in generale, mostrare gli orrori della guerra per utilizzarli come strumento nel conflitto?”
Qualche raro lettore ha protestato perché il governo israeliano non c’entra nulla con la foto la cui diffusione è stata voluta dai genitori della piccola. Eppoi altri hanno ricordato che nessuno si è fatto scrupoli nel mostrare le riprese della morte del bambino palestinese Mohamed Al Durra la cui uccisione fu attribuita all’esercito israeliano (a dire il vero poi si è scoperto che era stato colpito dai cecchini palestinesi). Ma quello che più sconcerta sono i messaggi dei lettori di Repubblica, che sono in gran parte “politically correct”, che fanno professione di pacifismo, di ostilità alla violenza, al razzismo e naturalmente all’imperialismo e alla famigerata globalizzazione. E’ quell’area di opinione che pretende di essere “l’Italia migliore”. Qualche esempio dai messaggi pubblicati nel Forum.
Un lettore si scatena contro “l’ottusità, il razzismo e il terrorismo dell’ideologia ufficiale del polipo eletto” (temo che quel “polipo” non sia un refuso) e minaccia di “scaricare sul forum sei milioni di tonnellate di documenti sulla superpatacca del XX secolo. E’ ora basta con la frottola dell’antisemitismo”.
Un altro si rivolge ai (pochi) filoisraeliani dicendo loro che “fascisti noti sono dalla vostra parte”. Una lettrice tuona: “Il Medio Oriente è troppo importante per loro. Inizio a pensare che l’Olocausto sia stata un messa in scena per giustificare un’ovvia strategia. La creazione di uno Stato fantoccio inteso come testa di ponte, nonché elemento destabilizzatore incuneato nel mondo arabo”, “esattamente come (le truppe americane) hanno occupato l’Europa per tenere a bada le bestie bolsceviche”.
Un altro lettore esprime “la più assoluta solidarietà al popolo palestinese per la brutale repressione posta in essere dai neofascisti mondiali di religione ebraica. Non è possibile che un popolo così brutalmente perseguitato in tutta la storia dell’umanità, ora si comporti alla stregua dei suoi nemici “nazifascismi”. Un altro si lancia in un curioso distinguo, riciclando i tipici stereotipi della storiografia di sinistra: “Non considero il popolo degli ebreo correo delle malefatte del governo israeliano più di quanto non considero il popolo italiano correo del terrorismo che la DC ha subdolamente creato negli anni Settanta. Detto ciò voglio dire senza mezzi termini che il governo israeliano è un governo razzista e ultraviolento, invasore e prepotente. Che il suo comportamento mi disgusta e scandalizza e che facendo leva sulla tragedia che ha commosso tutti noi è diventato il carnefice orrendo di un popolo che ha una sola colpa: non avere la potenza economica e bellica per opporsi a un invasore che gli è piombato in casa portando violenza, sopraffazione e sta perpretando un vero e proprio genocidio”.
In quasi tutti questi messaggi traspare una pressoché totale ignoranza dei fatti mediorientali. Un lettore scrive: “Caro Levy, voi sionisti siete nazisti”, “Israele è nata da una pulizia etnica ed è fondata sull’apartheid”. Un altro difende la scelta di Repubblica e attacca: “Quello che non mi stupisce è la scelta israeliana di pubblicare. L’Olocausto sembra un ombrello infinito per gli israeliani, una tragedia che garantisce un ampio margine di manovra”. Uno improvvisa una storia del secolo: “Sulle macerie dell’impero turco sono nate le colonie europee. Sulle macerie del nazismo nasce l’impero americano globale. Nasce anche lo Stato di Israele”. Un’altra voce: “Con una sorta di impunità morale, Israele, sostenuta dai potenti Stati Uniti che sanno che la lobby filoisraeliana negli USA fa eleggere o no i presidenti, continua imperterrita nel genocidio del popolo palestinese”. C’è chi aspetta il giorno in cui “bandiere rosse e bandiere verdi” sventoleranno insieme, mentre un altro attacca “il delirio di potenza sionista” denunciando i dollari che dagli Stati Uniti vanno Israele “per mantenere in vita un regime coloniale di terrore che nega i più elementari diritti umani, la cui negazione è tale da far impallidire la questione tibetana”. Parole stupefacenti se si considera che Israele è l’unica democrazia del Medio Oriente, circondata da regimi tirannici, ma che i lettori di Repubblica sembrano non conoscere. Uno che si definisce “anarchico” lancia una invettiva contro “le amenità che i fascisti e sionisti vari continuano a ripetere”, sono solo dei “provocatori”, ma “la ferocia e il nazismo dello Stato d’Israele è sotto gli occhi di tutti”, “Israele si sta comportando come la Germania delle SS e l’Italia delle camicie nere”. Infine sarebbe “un atto di sciacallaggio pubblicare la foto (della bambina)”. Un lettore fa sapere che pur essendo “gli ebrei” una “forza giornalistica”, una “forza cinematografica” e una “forza televisiva”, cionondimeno la maggioranza delle persone civili pensa che “Israele abbia torto”.
Come si vede una raccolta strepitosa di vecchi stereotipi, pregiudizi, odio che hanno indotto un lettore a scrivere a Repubblica: “Sono desolato per l’ondata di antisemitismo che siete riusciti ad evocare”.
Deborah Fait –da Israele- è intervenuta segnalando questo Forum per “uno studio sull’antisemitismo in Italia”. Se consideriamo rappresentativi questi messaggi “la situazione della democrazia in Italia è disperata” dice la Fait. Infatti “quasi tutti gli interventi sono contro Israele e a favore dei gruppi terroristici palestinesi. Non ho letto, se non da parte di qualche rara persona, un intervento che criticasse la scelta inqualificabile di Arafat alla guerra mentre poteva firmare la pace e la nascita della nazione palestinese”. Infine, si sono lette una quantità di accuse “ridicole e pericolose”, mentre si nota “un assoluto silenzio sul terrorismo internazionale islamico. E questo in nome del falso pacifismo italiano. Forse la redazione di Repubblica sarà soddisfatta poiché il forum da essa creato segue la linea del giornale da sempre anti-israeliani”.
Di pietà per la piccola Shalhevet in questo forum, in effetti, quasi non se n’è vista. Di comprensione per i violenti tantissimi.

Già, la pietà per le vittime non è di moda, ed è diventata merce rara su tutti gli scaffali.

barbara

CARMINE PASCIÀ (CHE NACQUE BUTTERO E MORÌ BEDUINO)

Tre anni dopo, il fante Carmine Iorio era ancora lì. A chiedersi quanto tempo ancora sarebbe passato prima che il regio esercito italiano, che non gli aveva mai dato una licenza («Mai, signor tenente!») per tornare da sua madre e da Lorenzina, lo liberasse finalmente dal giogo che lo teneva schiavo «come il bove è schiavo dell’aratro». A domandarsi che senso c’era a stare lì, dopo avere amaramente scoperto che la Libia era sabbia, sabbia, sabbia. E non era affatto «la terra promessa» con «mezzo milione di chilometri quadrati coltivabili» e «grano che matura tre o quattro volte l’anno».
Se lo ricordava bene, il giorno in cui a Verona il sergente Gagliasso, un acceso nazionalista cuneese, aveva tirato fuori di tasca un giornale ritagliato: «Sentite cosa scrive il grande Giuseppe Bevione. Sentite cosa scrive, della Libia: “Ho veduto gelsi grandi come faggi, ulivi più colossali che le querce. L’erba medica può essere tagliata dodici volte all’anno. Gli alberi da frutta prendono uno sviluppo spettacoloso. Il grano e la meliga danno, negli anni medi, tre o quattro volte il raccolto dei migliori terreni d’Europa coltivati razionalmente. L’orzo è il migliore che si conosca ed è accaparrato dall’Inghilterra per la sua birra. Il bestiame prospera, e anche nello spaventoso abbandono odierno, è esportato a centinaia di migliaia di capi per Malta e l’Egitto. La vigna dà grappoli di due o tre chili l’uno. I poponi crescono a grandezze incredibili, a venti e trenta chili per frutto. I datteri sono i più dolci e opimi che l’Africa produca!”. Oh, dico, lo scrive Bevione! Mica uno qualsiasi! Bevione! Della “Stampa” di Torino! Che penna! Che penna!».

È un gioiello, come tutto ciò che esce dalle mani di Gian Antonio Stella, siano saggi storici o denunce degli immani sprechi della pubblica amministrazione, critiche ai politici (sia di destra che di sinistra: Stella non guarda in faccia nessuno, quando c’è da tirar bastonate) o articoli,  romanzi o racconti. Questa di “Carmine Pascià” è la storia vera, leggermente romanzata ma rigorosamente documentata, di Carmine Iorio,
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buttero analfabeta del profondo Sud, mandato a conquistare la Libia per la gloria dell’Italia, una vita semplice travolta e stravolta da una politica di cui niente sapeva e niente capiva. E se non lo avete letto, secondo me dovreste provvedere. Sul serio.
Post scriptum: anch’io, se fossi stata lì a quel tempo, sarei stata dalla parte di Omar al-Mukhtar.
carmine-pascia
Gian Antonio Stella, Carmine Pascià (che nacque buttero e morì beduino), Rizzoli

barbara