IO VI DICO BUONA FORTUNA

(Il Nino Ferrer che non conoscevate, quello del famoso “lato B” dei 45 giri, che nessuno ascoltava. Questa è stata scritta nel 1967, alla vigilia di quella guerra che gli arabi avevano voluto, organizzato, preparato per cancellare Israele e “ributtare gli ebrei a mare”)

Je vous dis bonne chance !

Ça fait bientôt vingt siècles
Qu’ils cherchent la Terre Promise
Ça fait bientôt vingt siècles
Et ça fait trop longtemps.
Dans le désert ils ont planté des oliviers
Et les autres, pour les arracher,
Se mettront bien trente contre un
Moi je vous dis bonne chance
Moi je vous dis bonne chance
Moi je vous dis bonne chance
Et j’ai des larmes dans les yeux
Car je ne peux pas oublier que…

Ça fait bientôt vingt siècles
Et tant de mort pour rien
Et toute cette souffrance
On s’en est lavé les mains.
Jusqu’à quand faudra-t-il laisser couler le sang
De ces Justes et de leurs enfants
Les bras croisés le cœur indifférent
Je vous en demande pardon
Je vous en demande pardon
Je vous en demande pardon
Et j’ai des larmes dans les yeux
Car je ne peux pas oublier tout ça
Et je vous crie bonne chance
Et je vous crie bonne chance…

Sono quasi venti secoli
che cercano la terra promessa.
Sono quasi venti secoli:
e questo è  troppo.
Nel deserto hanno piantato degli ulivi
e gli altri, per strapparli,
si metteranno trenta contro uno.
Io vi dico buona fortuna
io vi dico buona fortuna
io vi dico buona fortuna
e ho le lacrime agli occhi
perché non posso dimenticare che…

Sono quasi venti secoli
e tanta morte per niente
e di tutta questa sofferenza
ci si è lavati le mani.
Fino a quando bisognerà lasciar scorrere il sangue
di questi giusti e dei loro figli
con le braccia incrociate e il cuore indifferente
io vi chiedo perdono
io vi chiedo perdono
io vi chiedo perdono
e ho le lacrime agli occhi
perché non posso dimenticare tutto questo.
E vi grido buona fortuna
E vi grido buona fortuna…

(trovata qui)

barbara

LA PRIMA TAPPA

La prima tappa è stata Zichron Yaacov
Zichron Yaacov 1
e precisamente qui
Zichron Yaacov 2
alla casa degli Aaronsohn, in cui si è svolta la storia di NILI: uno sparutissimo gruppetto di giovani decisi a salvare gli ebrei della Terra d’Israele dal destino, incombente anche su di loro, già toccato agli armeni di Turchia – e per quanto incredibile possa sembrare, dovendo affrontare con le proprie uniche forze l’armatissimo esercito ottomano e l’ancestrale diffidenza – quando non vera e propria ostilità – britannica, ci sono riusciti. Pagandone un prezzo personale altissimo, ma ci sono riusciti.
Da quando avevo letto il libro ero alla ricerca di un viaggio che toccasse questi luoghi, e quando ho visto il programma di questo, mi sono immediatamente iscritta: anche se non ci fosse stato nient’altro di interessante, avrei ugualmente affrontato la spesa e la fatica di un viaggio dal programma intensissimo anche solo per questo (poi invece anche tutte le altre tappe si sono rivelate memorabili), e la mia aspettativa non è andata delusa: ho visto il cortile,
cortile Aaronsohn
la casa della famiglia,
casa Aaronsohn
la casa che poi Aaron – l’agronomo che con la sua fondamentale scoperta ha cancellato dalla Terra le carestie – ha fatto costruire per sé;
casa Aaron
le stanze piene di libri e di oggetti esotici, ricordi dei numerosi viaggi; ho visto il nascondiglio della pistola “di emergenza”, usata alla fine da Sarah per risparmiarsi ulteriori violenze e torture. Vedendo i luoghi in cui la storia è nata e si è svolta ho riprovato, se possibile ancora amplificate, le emozioni provate leggendo il libro (leggetelo: è un capolavoro, oltre che una irrinunciabile pagina di storia). E quando sono uscita ho pensato: sì, se anche l’emozione provata qui fosse l’unico guadagno di questo viaggio, sarebbe valsa la pena di farlo.

barbara

IO STO CON CATERINA

Caterina è lei,
Caterina Simonsen
che vive grazie alla sperimentazione animale e che perciò si sente dire “Puoi morire pure domani, per te non sacrificherei nemmeno il mio pesce rosso”. Ecco, io invece sacrificherei molto volentieri il proprietario del pesce rosso. E tutti gli animalisti in blocco. Quelli che per fare più impressione chiamano vivisezione ogni forma di sperimentazione. Quelli che per “sensibilizzare” pubblicano immagini di animali ridotti a polpette sanguinolente prese da chissà dove, più o meno come i filopallestinari prendono da ogni dove cadaverini di bambini straziati spacciandoli per i boveri bambini balestinesi massacrati dai perfidi giudei. Quelli che “gli animali poverini”. Quelli che “ma noi con che diritto”. Quelli che “ci sono alternative valide” e giù col rosario delle disinformazioni varie miste a manetta. Ecco, impiccatevi tutti, dal primo all’ultimo.
Le persone oneste, invece, possono trovare informazioni serie qui.
(POST SCRIPTUM: poi, volendo, si potrebbe anche ricordare che Hitler amava tanto tanto gli animali, ed era vegetariano, astemio, e non fumava. Praticamente la perfezione fatta persona. E anche Beria, che forse ne ha ammazzati un po’ di meno, ma mica tanto di meno)

barbara

ALTRO CHE LA NEVICATA DEL CINQUANTASEI!

Non so se anche a quella di Israele nel duemilatredici verrà dedicata una canzone (e se per caso qualcuno la dovesse fare, spero che ne farà una un po’ meno bruttina e sciapa di quell’altra), ma sicuramente resterà nella storia del Paese. E tanto per cominciare, ve ne do alcune immagini, sicuramente suggestive.
neve 1
neve 2
neve 3
neve Montefiore
(foto non mia)
neve Neve Daniel
(foto non mia)
neve Qiriat Arba
(foto non mia)
snow-storm
(foto non mia)
car Neve Daniel
(foto non mia)
neve ingresso Yad Vashem
(foto di D. O., una settimana dopo che aveva smesso di nevicare)

E anche a Gaza, sì, dove a togliere i residenti dai guai sono dovuti andare, come sempre, i soliti perfidi giudei:
neve Gaza

Purtroppo, però, non c’è stata solo la suggestione del manto bianco: ci sono state intere zone totalmente isolate, strade impraticabili e chiuse al traffico, aree senza acqua e senza corrente (per la cena di shabbat sono stata dall’amica Ester, da cui ho trovato due amiche di famiglia ospiti, profughe dai Territori Innevati) e, soprattutto, la distruzione di migliaia di alberi, spaccati o sradicati dal peso di quella smisurata quantità di neve.
alberi caduti 1
alberi caduti 2
alberi caduti 3

E a Yad Vashem non ha avuto riguardo neanche per gli alberi dedicati ai Giusti
alberi giusti 1
alberi giusti 2

Poi volevo andare alla Valle delle Comunità. Di questo non mi sono data pensiero,
valle comunità 1
questo l’ho ignorato,
valle comunità 2
questo l’ho scavalcato,
valle comunità 3
ma poi mi sono trovata di fronte questo:
valle comunità 4
valle comunità 5
il sentiero era, semplicemente, sparito, e mi sono dovuta arrendere.
Sì, la ricorderanno in molti, la nevicata del duemilatredici (qui un paio di altre belle immagini, e qui delle spettacolari statue di neve).

barbara

UNA MATTINA DI DICEMBRE

Quella di ventotto anni fa. Quella in cui all’aeroporto di Fiumicino i terroristi palestinesi hanno scatenato l’inferno – e altri terroristi palestinesi, in contemporanea, lo stavano scatenando all’aeroporto di Vienna – mentre pochi giorni fa è ricorso il quarantesimo anniversario del precedente attentato di Fiumicino, di cui potete leggere qui (e mi raccomando, cercate di trovare il tempo di leggere tutto)


E poi leggi anche qui (anche i commenti: sono interessanti).

barbara

SEI UNA BAMBINA CRISTIANA SIRIANA?

E allora il tuo destino è questo:
bambina siriana
martirizzata, torturata, stuprata a morte, il viso sfigurato, ad opera della religione di pace (qui).
E poi guardati questa testimonianza di Hatun Dogan, suora ortodossa turca (qui).

Qui invece trovi un’agghiacciante documentazione della spietata pulizia etnica praticata in tutti i Paesi invasi dagli islamici a partire dal VII secolo.

barbara

STAVOLTA COMINCIO CON LE QUISQUILIE E ALTRE AMENITÀ

Ossia quelle che normalmente metto alla fine, ma stavolta le metto per prime, così intanto ho il tempo per riordinare le idee su tutto il resto. E comincio col fatto che per la sesta volta sono passata per i terribilissimi controlli della terribilissima, praticamente quasi nazista anzi togliamo pure il quasi, sicurezza israeliana; e per la sesta volta il rimasuglio di minerale che a Roma, a Milano, a Verona, a Bolzano, a Bologna e ovunque altro nel mondo viene inesorabilmente e senza misericordia sequestrato e buttato nel cestino, dai terribilissimi controlli della terribilissima, praticamente quasi nazista anzi togliamo pure il quasi, sicurezza israeliana è uscito indenne.
E poi vi racconto dell’odissea del viaggio di andata, ossia della prima parte del viaggio di andata, da Verona a Roma. Arriva il momento dell’imbarco e veniamo informati che l’aereo, in arrivo da Roma, non è riuscito ad atterrare a causa della nebbia, ed è andato ad atterrare a Venezia, quindi veniamo portati agli arrivi, ci riprendiamo i nostri bagagli, aspettiamo l’autobus che partirà dopo venti minuti per portarci a Venezia ma dopo venti minuti non partiamo affatto perché qualche figlio di quella povera signora sempre incinta ha pensato bene di andarsi a fare un giro e non è ancora tornato e insomma alla fine si parte in ritardo. Con una nebbia che ogni tanto si dirada un po’ facendoci sperare che a Venezia si riesca a partire e poi subito torna a infittirsi tenendoci col fiato sospeso; la sfanghiamo per un pelo coi forconi che in teoria dovrebbe esserci un reato che si chiama interruzione di pubblico servizio e invece chiunque può bloccare impunemente ferrovie strade autostrade quando e come gli pare, vabbè, noi comunque gli passiamo un pelo più in là. A Venezia ovviamente si rifà tutta la trafila di controlli, saliamo a bordo – e una signora si lamenta che “sull’autobus eravamo una quarantina ma poi il comandante ha deciso di prendere a bordo un sacco di gente che non c’entrava niente” (no, non chiedetemi che cacchio vuol dire) – e veniamo informati che a causa della nebbia molto fitta è necessario decollare con una proceduta particolare, e la torre di controllo non è in grado di gestire più di un decollo per volta e di conseguenza dobbiamo aspettare che arrivi il nostro turno. In conclusione, dovevo arrivare a Roma un po’ prima delle sei e ci sono arrivata alle dieci e tre quarti. Al ritorno tutto tranquillo, invece. Alla consegna della valigia, al Ben Gurion, il tipo (uno strafigo bestiale) mi dice goodbye, io gli dico lehitraot, lui mi dice arrivederci. L’aereo decolla spaccando il minuto e atterra spaccando il minuto, un bellissimo e dolcissimo angelo mi viene a prendere e mi porta in albergo, la mattina dopo il volo per Verona parte spaccando il minuto e arriva, spaccando il minuto, con atterraggio interamente strumentale perché la visibilità è ridottissima (un atterraggio splendido, quando sono scesa sono andata a fare i complimenti al comandante), navetta già pronta, treno preso al volo, cambio con coincidenza immediata, insomma, una roba da sogno che pare perfino inventata.

Per tutto il viaggio, essendoci momenti in cui mi dovevo muovere da sola, ho potuto dare ampio spazio alla mia specialità esclusiva: perdermi. Quando dico che io sono quella che riesce a perdersi nel corridoio di un bilocale, qualcuno crede che sia un modo di dire: non lo è. Mi sono persa in quell’autentico labirinto che è l’albergo del kibbuz Lavi (e un addetto dell’albergo mi ha raccattata e fatta arrivare alla mia camera), mi sono persa tra i viali del kibbuz Calia dove sono stata raccattata da due sante donne che mi hanno portata fino al ristorante dove, altrimenti, non sarei arrivata mai, e nella cartina qui sotto potete vedere il percorso che ho fatto per andare dal punto 1 al punto 2 (e la mia sciatica non ha gradito, ma l’ho convinta a farsene una ragione).
Yerush
Assolutamente doveroso un immenso grazie a lui, che ha organizzato questo viaggio meraviglioso, e ad Angela Polacco, la nostra guida, un’autentica forza della natura dalla passione travolgente. E poi bisogna proprio che dica di lui, il piccolo (per età) grande (per tutto il resto) genio che mi onora della sua stima e della sua amicizia; una persona stupenda che ho potuto finalmente incontrare (mi verrebbe anche voglia di dire che, visto dal vivo, è bellissimo, molto più di quanto appaia in foto, ma mi sa che in questo campo il bimbo è un po’ timido, e quindi è meglio che non lo dica). Ci sarebbero anche le altre due persone meravigliose che ho conosciuto grazie a questo viaggio, ma di quelle, per ragioni tecniche, non posso parlare.
Vi lascio con due tronchi d’albero
tronchi 1
tronchi 2
e con l’ultima foto che ho scattato, a Mamila, prima di partire.
Mamila
E infine un’immagine di tutti noi. È sgranata e appannata perché l’ho dovuta ridurre a un ottavo dell’originale, dato che le impostazioni del blog non accettano larghezze superiori ai 513 pixel. Ma si vede lo stesso che siamo tanto tanto carini.
tutti-isra6-p
barbara