ISRAELE: A 66 ANNI DAL VOTO ONU CHE SANCIVA LA RIPARTIZIONE DELLA PALESTINA IN DUE STATI, UNO ARABO E L’ALTRO EBRAICO

GLI ARABI RIFIUTARONO, GLI EBREI SI MISERO AL LAVORO.

Sessantasei anni fa, il 29 novembre 1947 alle 12:40, l’ONU votava la risoluzione che avrebbe portato poi alla creazione dello Stato di Israele.
In quel giorno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò il piano di spartizione della Palestina mandataria, CHE PREVEDEVA LA CREAZIONE DI DUE STATI, UNO ARABO E L’ALTRO EBRAICO, con l’assegnazione di Gerusalemme al controllo internazionale (risoluzione ONU 181). E così tutti a contare, uno dopo l’altro, i “sì”, “no”, “astenuto”… Per essere approvata infatti la risoluzione doveva ottenere due terzi dei voti a favore – e per ben due volte, a settembre, non li aveva ottenuti. Perciò quell’ennesima conta parve interminabile. A presiedere l’assemblea il brasiliano Oswaldo Aranha, accanto a lui il segretario generale dell’Assemblea, il norvegese Trygve Lie.
Quando fu il turno della Francia, i nervi erano a fior di pelle: il suo voto era il più atteso ed incerto. Tutti si aspettavano un’ennesima astensione. Così quando giunse il suo “sì”, i sionisti seduti nella galleria della sala, esplosero in un grandioso applauso di sollievo e gioia. Il presidente richiamò l’ordine, ricorda David Horowitz, delegato sionista all’assemblea, e allora “l’emozione divenne quasi un dolore fisico”. Era il momento del verdetto finale: 33 sì, 13 no, 10 astenuti. La mozione era passata.
In quel momento ricorda ancora Horowitz “sentimmo battere le ali della storia su di noi”. La gioia esplose dentro la sala, per le strade di New York e per quelle di mezzo mondo. A Gerusalemme Golda Meir si rivolse alla folla dal balcone del palazzo dell’Agenzia ebraica e disse: ”Per duemila anni abbiamo aspettato la nostra liberazione. Ora che è qui è così grande e meravigliosa che va oltre le parole umane. Ebrei, gridò, Mazel tov! ”
In tutta Israele vi furono celebrazioni e l’entusiasmo pervase tutte le strade,
ris.181
perché finalmente ogni ebreo ‘errante’ aveva la possibilità di avere un proprio stato, in cui vivere senza doversi nascondere o subire soprusi. Finalmente, i Sabra, gli ebrei che già vivevano in Eretz Israel (la terra di Israele) da oltre 3mila anni, poterono darsi una organizzazione sociale più moderna e riconosciuta a livello internazionale.
Il giornalista di Yediot Ahronot, David Giladi, descrisse così le celebrazioni nella prima città ebraica moderna di Israele: “La scorsa notte Tel Aviv non ha chiuso occhio. È andata in giro selvaggia. Ha dato sfogo a quella gioia desiderata ardentemente da tante generazioni che non hanno vissuto abbastanza per provarla. Ha vagato chiassosa, turbolenta, è stata inghiottita da una tempesta di entusiasmo che circondava giovani e meno giovani” – e raccontò ancora – “La città ha cantato dal cuore, ha danzato in confusi cerchi concentrici, ha fatto scoppiare le trombe, ha agitato le bandiere ed ha sollevato il bicchiere alla vita (Lechaim!) dello Stato di Israele. Tel Aviv era ubriaca dalla vittoria”.
I rappresentanti degli stati arabi furono scioccati da quel risultato: i delegati di Siria, Libano, Iraq, Arabia Saudita, Yemen ed Egitto, scrisse poi il segretario generale Trygve Lie, “si alzarono e uscirono dalla sala dell’Assemblea”.
L’alto Comitato Arabo trasmise subito al segretario generale Lie un comunicato con cui informava che gli arabi di Palestina “non accetteranno mai alcuna potenza che li costringa a rispettare la spartizione”. L’unico modo per dare corso alla spartizione, si leggeva, sarebbe stato quello di cancellare tutti quanti loro – uomini, donne e bambini.
I chierici del seminario islamico Al-Azhar del Cairo invocarono a loro volta un “jihad mondiale in difesa della Palestina araba”, scrive ancora Horowitz.
La mattina dopo in Palestina esplosero i primi colpi dei Paesi arabi in quella che sarebbe poi stata la Guerra di Indipendenza di Israele o, per il mondo arabo, “Nakba” – la catastrofe.

FONTI E CITAZIONI: mosaico-cem.it & Ynetnews.com (Grazie a Uri per la segnalazione e a Progetto Dreyfus per il lavoro)

La storica ricorrenza era già stata ricordata qui. E ora voglio mostrarvi una cosa interessante che mi è capitata sott’occhio qualche giorno fa. Una cosa che si sente dire spesso, da quelli che della storia di quella terra non sanno niente ma sanno tutto lo stesso, è che “quella prima era Palestina, poi gli ebrei l’hanno rubata”. Ecco, in primo luogo c’è da ricordare che il nome di Palaestina non è il nome storico di quella terra, ma è stato dato dai romani per cancellare il ricordo della Terra d’Israele; in secondo luogo c’è da tenere presente che gli arabi la chiamano Falastin, perché in arabo non esiste la lettera “p” e di questa fantomatica patria avita di Palestina non sono neppure in grado di pronunciare il nome; in terzo luogo c’è la cosa di cui dicevo sopra, che ho visto qualche giorno fa: si tratta di un film del 1913 (se fate i bravi ve lo farò vedere) che mostra la vita degli ebrei in quella terra. Ebbene, nella didascalia che vi mostro, in inglese è scritto Palestina, ma in ebraico campeggia il vero, unico, eterno nome di questa terra: Eretz Israel, Terra d’Israele. Nel 1913, trentacinque anni prima di quello che secondo gli impostori politicamente corretti sarebbe il furto della terra “che si è sempre chiamata Palestina”.
eretz
E quando posterò il film – anche se non conoscete l’ebraico guarderete le figure, e ve le farete bastare – potrete sentire risuonare continuamente le parole “Eretz Israel”.

barbara

Una risposta

  1. Arrivo dal blog del gatto, ciao Barbara, vorrei dirti che se qualche cerebroleso arriva da te cercando frasi su google ti tipo antisemita puoi risalire al coglione di turno se quest’ultimo si azzardasse a lasciare un commento anche da anonimo.
    Poi ti aiuterei io a tenergli la testa sott’acqua.

    Vorrei pero’ porre l’attenzione sul trattato del 47, che conosco praticamente a memoria, e che non e’ proprio come scrivi tu.
    Premetto che io non sono ne’ pro palestinesi, menchemeno pro israeliani, sono solo uno che da asettico cerca di giudicare la storia.
    Ebbene, quel trattato non “spartiva” la palestina come avrebbe voluto l’ONU, bensi’ come volle Golda Meir, che forte della potenza a wall street e alla city riusci ad imporre una spartizione che fu’ l’inizio di tutti i casini che ci accompagnano ancor oggi.

    Difatti, nel “comitato” che redasse l’accordo, giusto per lavarsene le mani in un prossimo futuro, non v’erano le tre nazioni (francia, Usa, Inghilterra) uscite vincitrici dalla guerra, ma era composto da Australia, Canada, Guatemala, India, Iran, Paesi Bassi, Perù, Svezia, Cecoslovacchia, Uruguay, Jugoslavia.
    I quali in un primo momento ripartirono le zone in due stati, uno arabo, l’altro ebreo, con pari diritti. Gli israeliani votarono contro.
    Si riunirono di nuovo, e la soluzione fu’ di dividere le terre come segue:
    80% Israele
    20% Palestina.
    Ovviamente, i palestinesi non firmarono, e dopo due anni si ebbe il primo conflitto.

    Poi, dal 49 in avanti, passando dall’altra tragedia, la guerra del Kippur, fu’ solo un rincorrersi fra parti avverse senza soluzioni di sorta.

    Fu un errore storico catastrofico.

    Scusami per il lungo commento.

    Ciao e buona settimana

    Zac

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    • No, scusami, direi proprio che le cose non stanno così. Cominciando dal fatto che prima del ’47 erano successe un bel po’ di cose, a cominciare dall’inizio degli anni Venti quando la Gran Bretagna, che aveva avuto il mandato sulla Palestina allo scopo di mettere in atto la dichiarazione Balfour che assegnava agli ebrei TUTTA la Palestina, ne ha scippato il 78% per regalarlo all’emiro Abdallah, detronizzato dal regno d’Arabia ad opera di Ibn Saud (e tutti gli ebrei che ci vivevano ne sono stati immediatamente espulsi, rendendo la Giordania il primo stato judenfrei). Sull’assetto del restante 22% ci sono state varie proposte, tutte rifiutate dagli arabi, come puoi leggere in questi documenti, compresa quella che cancellava ogni ipotesi di stato ebraico e assegnava loro tutta l’area. Quanto alla spartizione finale, a me risulta 60%-40%, ma questo è un semplice dettaglio, dal momento che una differenza del 20% sul 22% equivale a poco più del 4% del totale, e considerando che del territorio assegnato a Israele il 60% era deserto, la differenza è ancora più ininfluente. Un dettaglio, dicevo: dire che gli arabi (NON i palestinesi: nessun arabo, fino al 1967 si è mai definito palestinese, erano gli ebrei ad essere chiamati palestinesi, l’orchestra palestinese era quella degli ebrei, la brigata palestinese era quella formata dagli ebrei: come puoi leggere nei documenti linkati, il termina “palestinese” era sdegnosamente rifiutato dagli arabi!) hanno rifiutato la spartizione perché la parte assegnata loro era troppo piccola, è semplicemente pretestuoso, oltre che falso.

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  2. Carissima, comprendo la tua , percosi’dire, partigianita’, non volevo che ti inalberassi.
    Mi limito a citare i documenti che ho studiato da fonti imparziali, dato che ne’ esistono a bizzeffe di creati ad arte, e tu potresti rispondere che pure le mie fonti potrebbero essere taroccate.
    Indipercui restiamo a cio’ che ho scritto e a cio’ che e’ successo poi.
    A) io non ho fatto alcun accenno a prima del 47, se vuoi ne dicutiamo.
    B) A oggi, correggimi se sbaglio, non mi risulta l’esistenza (come da primo accordo) di uno stato palestinese ( ameno che non si voglia considerare tale la pagliacciata che organizzo’ Clinton con Arafat e Sharon e Perez).
    C) Un cittadino israeliano che sposa un ‘israeliana ha tutti i diritti civili, un cittadino israeliano che sposa una cittadina palestinese ne’ ha meno, meno ancora se e’ una cittadina israeliana a sposare un cittadino israeliano, mentre non hanno diritti due cittadini palestinesi che si sposano in Israele, non hanno diritto di voto, di istruzione e di lavoro.

    Il punto C non e’ una mia invenzione, io lavoro con Israele da decenni e ti garantisco che la cosa e’ assolutamente tangibile.

    Se, per esempio, io volessi fornire un container di prodotti a Tel Aviv (cosa che mi succede spesso, e non traffico in armi o droghe)) non avrei problemi, dato che fra Italia e USA vige un trattato di scambio commerciale (condizione necessaria per vendere in Israele), viceversa se lo stesso container volessi spedirlo a Gaza, l’unico canale ufficiale e’ farlo transitare per l’egitto cambiando preventivamente l’origine della merce.
    E sai perche’?
    Perche’ se il ministero del commercio estero israeliano dovesse intercettare la mia fornitura, automaticamente perderei TUTTE le commesse con Israele.
    Ovviamente mi guardo bene dal fornire la striscia di Gaza, ma mi concederai che non e’ cosi’ democratica, sta cosa.

    Aggiungo:
    Io ho conosciuto tantissimi israeliani residenti in Israele in questa vita (tutti con un ironia da far invidia a Groucho Marx), ti confesso che non ne’ ho MAI trovato uno che provasse un odio atavico per i palestinesi (o arabi, come preferisci).

    Cosi’ come ho conosciuto altrettanti inglesi che adoravano fare una capatina aBelfast per bersi una Guinness.

    Per ultimo, se mi e’ permesso, vorrei farti notare che non sono solito scrivere falsita’, e che tu andassi a vedere per bene le mappe di quel famigerato 60/40 e poi mi dicessi dove vi sono (o vi erano) campi coltivabili e edificabili e dove no.

    Detto cio’, se sono capitato qui per disturbare, chiedo venia.
    Non mi permettero’ piu’.

    Have a nice day
    Zac

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    • Non mi sono minimamente sognata di inalberarmi: ho solo postato alcuni documenti, la maggior parte di fonte araba. Chiarito questo:
      A+B) Dato che il totale, assoluto, categorico rifiuto arabo di accettare la nascita di uno stato di Palestina risale a prima del ’47, se vuoi spiegare perché non è nato lo stato di Palestina bisogna proprio partire da lì. Rifiuto che non è mai venuto meno nel corso dei decenni, come ampiamente documentato da infinite dichiarazioni, dato che l’obiettivo è tutt’altro, ossia prima di tutto cancellare Israele e poi unire tutta l’area al grande califfato islamico, come del resto dichiarato esplicitamente anche dal presunto laico Arafat:
      http://elderofziyon.blogspot.com/2010/06/arafat-tells-us-his-goal-in-english.html
      C) Francamente non vedo per quale strana ragione due cittadini palestinesi che vanno a sposarsi in Israele dovrebbero avere diritto di voto o altro: se due italiani vanno a sposarsi a Oslo acquisiscono forse il diritto di votare in Norvegia?!

      Quanto al resto, davvero ti sembra così strano che uno stato non stenda il tappeto rosso a chi rifornisce un’entità che ha come obiettivo dichiarato la sua distruzione?

      Per ultimo, se mi è permesso, vorrei far notare che nel territorio di Israele vi sono il deserto del Negev e il deserto di Giudea. I campi fertili sono in Galilea, che la 181 aveva assegnato allo stato di Palestina; se poi quelli hanno avuto la brillante idea di scatenare la guerra contro Israele e non sono stati capaci di vincerla, cazzi loro: una guerra persa è una guerra persa, punto.

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      • Mi riferisco a due “abitanti” o come vuoi chiamarli tu palestinesi che sono nati e vissuti, che ne’ so’, in un sopbborgo di Tel Aviv, in pieno territorio israeliano, il che’ non e’ proprio come andare a sposarsi in Norvegia, se invece sei italiano e in Norvegia ci sei andato per lavoro, ti puoi sposare e avere tutti i diritti sanciti dalla loro costituzione, che non significa solo il diritto di voto.

        Ma tu, se mi posso permettere, hai mai vissuto in israele?

        Te lo chiedo perche’ un giorno mi trovavo a cena con alcuni rappresentanti della comunita’ ebraica di Roma , fra i quali v’era una signora che si spacciava per “coordinatrice delle comunita’ ebraiche italiane”, nata e vissuta a Roma, la quale continuava a dirmi “prova tu a vivere con i missili che continuano a passarti sopra la testa”.
        Al che mi permisi di chiedere alla tale dove avesse avuto l’occasione di assistere a tale scena che a sentire lei si ripeteva quotidianamente.
        Mi rispose che non aveva mai messo piede in terra santa.
        Per puro rispetto non la offesi pesantemente.

        Te lo ripeto, cara Barbara, io non ho alcun interesse a schierarmi da una parte o dall’altra, pongo solo alcune considerazioni derivanti da esperienze vissute sulla mia pelle.

        Vorrei inoltre rispondere alla domanda “ti pare strano… tappeto rosso.. etc etc?”

        Si’, mi pare molto strano, dato che il libero scambio e’ sempre esistito (a parte l’embargo a Cuba, all’Iran, all’Iraq, alla Corea e all’Italia di mussolini), e non e’ un mistero che finche’ i giapponesi bombardavano pearl Harbour, tonnellate di prodotti made in USA continuassero ad arrivare in Giappone, cosi’ come successe fra Inghilterra e Germania, e in almeno altre decine di realta’ che si sono succedute nell’ultimo secolo.

        Che poi, io mi occupo di prodotti chimici per l’edilizia, e ti garantisco che quelli che non posso vendere nella striscia di Gaza vengono regolarmente venduti da due multinazionali americane.

        Ciao e buona serata

        Zac

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        • Gli abitanti di un qualsiasi sobborgo di Tel Aviv, o di Gerusalemme, o di Haifa, o di Acco, sono arabi ISRAELIANI, non palestinesi! E li trovi nell’esercito, li trovi in parlamento, li trovi nei tribunali (come il presidente di tribunale che ha condannato alla galera il presidente della repubblica Kazav per violenza sessuale), li trovi nelle rappresentanze diplomatiche anche ad altissimo livello. A questo punto devo chiederti se sei sicuro di avere le idee sufficientemente chiare per disquisire sulla questione…
          Quanto a me, non ci ho vissuto ma ci sono stata, mi ci sono trovata in periodo di guerra, ho avuto esperienza di attentati abbastanza da vicino; ma tu sei dell’opinione che uno per avere un’idea di che cosa significa vedersi arrivare oltre diecimila missili in pochi anni abbia bisogno di riceverli personalmente in testa? Cosa che in diversi periodi si è effettivamente ripetuta quotidianamente, e anche molte volte al giorno, NEI FATTI, non “a sentire lei”. O hai intenzione di negare anche i fatti documentati?

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        • Noto con sommo dispiacere che sei proprio di parte, che ignori che “Con l’espressione cittadini arabi di Israele ci si riferisce alla popolazione palestinese, di lingua araba e di religione generalmente musulmana o cristiana, avente cittadinanza israeliana”, che nelle ultime elezioni la rappresntanza di arabi-israeliani alla knesset e’ di 11 su 120, due li conosco pure di persona.

          Qua va’ a finire che sono morti piu’ israeliani di palestinesi negli ultimi cinquantanni, ma tant’e’, c’e’ anche chi nega l’olocausto.

          Mi riscuso per l’intromissione, speravo di creare una discussione invece mi becco dello sprovveduto e del falso.

          A me stanno sul cazzo, in egual misura, Arafat e Sharon, e tutti quelli che definiscono di serie a una popolazione e di serie b quell’altra, detto cio’ abbandono questo blog non senza ricordare che sono sempre pronto a darti una mano per pigiare la testa di qualche ebete che arrivi per insultare il popolo ebraico.

          Shalom

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        • Vero, sono morti più palestinesi che israeliani. E sono morti più tedeschi che americani. E sono morti più mafiosi che poliziotti: traine tu le conclusioni che preferisci.
          Noto, en passant, che continui a spostare l’oggetto del discorso che è, curiosamente, una delle tecniche che vengono insegnate nella scuola di disinformacija fondata da Ramonda Tawill, suocera di Arafat (che ci – nel senso che escono dalle nostre tasche – costa circa mezzo milione di dollari l’anno). Sì, lo so, è solo un caso, però è un caso curioso, non trovi?
          Anch’io avrei preferito trovare un interlocutore con cui discutere anziché qualcuno che mi propina la solita serie di luoghi comuni e frasi fatte ma tant’è, bisogna accontentarsi di quello che passa il convento.

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        • rasoiata: per mancanza materiale di tempo non mi sono intromessa prima. Anche adesso provo a toccare solo alcuni punti

          Di quest’ultimo commento, non capisco cosa intendi dire indicando che nella knesset ci sono 11 membri arabi israeliani – questo e’ un dato di fatto. Quello che non e’ mi chiaro e’: intendi che sono tanti o pochi rispetto a quanto ti aspetteresti? A parte che secondo me sono una rappresentanza piu’ che rispettabile, sono semplicemente il numero che gli spetta in base ai risultati delle elezioni DEMOCRATICHE, cui partecipano TUTTI i cittadini israeliani – arabi, ebrei, drusi, ecc. Confermo quanto dice Barbara, gli abitanti di un qualsiasi città o paese in Israele sono arabi isrealiani, con pieni diritti, compreso il voto, il lavoro, l’istruzione, i servizi sanitari ecc ecc – insomma tutti i diritti di un cittadino ebreo. Se “due palestinesi sono nati e vissuti, che ne’ so’, in un sopbborgo di Tel Aviv, in pieno territorio israeliano” sono arabi israeliani, e come tali partecipano ai diversi aspetti della vita in Israele, si trovano nei diversi posti di lavoro, nei negozi ma anche nelle aziende di Hi-tech (ho lavorato insieme a piu’ d’uno).

          Non sono morti piu’ israeliani che palestinesi, ma quanti palestinesi sono morti quando hanno preso l’autobus per andare a scuola – al lavoro – ecc, salvo nel caso fossero su un autobus israeliano fatto esplodere da un kamikaze arabo? Neanch’io grazie a D-o mi sono sentita cadere katiusha o kassam in testa. Solo una volta ho sentito da vicino lo scoppio di una bomba in un attentato. Questo semplicemente perche’ vivo in una zona di Israele in cui non succede; almeno finora. Vivo in una zona nella quale pero’ in passato ho viaggiato in taxi invece che in autobus per non rischiare la pelle, ho fatto la spesa al supermercato e non al mercato dove costa meno per lo stesso motivo. Questo non mi impedisce di essere assolutamente convinta che vivere in una citta’ sotto tiro di missili da Gaza dev’essere un inferno.

          Quanto alla spartizione della Palestina nel trattato del 1947: le percentuali ricordate (80% Israele, 20% Palestina) non mi risultano. Copio e incollo da Wikipedia:
          “Lo Stato ebraico proposto era sensibilmente più ampio (56%) di quello arabo, anche se per gran parte era occupato dal territorio arido del deserto del Negev (40%), questa opzione fu presa dall’ONU in previsione di una massiccia immigrazione dall’Europa da parte degli Ebrei sfuggiti ai campi di sterminio nazisti (l’UNISCOP valutava in 250.000 gli ebrei europei presenti in centri di accoglienza e pronti a trasferirsi in Palestina). La parte essenziale delle terre costiere coltivabili sarebbero peraltro state di sua pertinenza. In totale sarebbero stati assegnati così alla comunità ebraica, circa il 55% del territorio totale, l’80% dei terreni cerealicoli (valorizzati nei decenni precedenti dalla colonizzazione dei kibbutz, poiché la popolazione araba praticava ancora un’agricoltura di sussistenza dalle rese scarse) e il 40% dell’industria della Palestina (peraltro impiantata dalla stessa popolazione ebraica).” La stessa percentuale (56-43) e’ indicata in un sito islamico, non credo proprio possa essere sospetto di pro-sionismo.

          Quindi – piu’ a Israele sì, ma non di tanto. Buona parte del territorio destinato a Israele – deserto. Più risorse a Israele per quanto deriva dall’attività già sviluppata dagli ebrei nei decenni precedenti – visto che l’insediamento ebraico in Israele non è mai cessato, ma ha avuto una forte spinta verso la fine del 19 secolo. Inoltre durante il mandato britannico l’accesso degli ebrei in Israele è stato estremamente limitato e quindi era solo naturale prevedere che una volta tolta la restrizione la situazione si sarebbe corretta – consentendo agli ebrei che non avevano potuto arrivare prima (e che cio’ nonostante erano riusciti a salvarsi) di immigrare. Neanche tutti gli ebrei sono stati contenti della spartizione, ma l’hanno accettata. Non cosi’ gli arabi, che volevano tutto per loro.

          Ri-copio e incollo:
          “Reazioni arabe:
          La gran maggioranza degli arabi che vivevano in Palestina … e la totalità degli Stati arabi già indipendenti respinsero il Piano. Da principio essi rifiutarono qualsiasi divisione della Palestina mandataria, e reclamarono il paese intero.”
          USA, Francia e Gran Bretagna non erano parte della commissione che ha stabilito la spartizione. Del resto, se ne avessero fatto parte sarebbero probabilmente state accusate di parzialita’, quindi – si tratta di un lavarsene le mani o non intromettersi dove potevano essere considerate parziali?

          E ancora, da altre fonti:
          “L’8 settembre 1937, 400 delegati provenienti da tutto il mondo arabo si riunirono presso Damasco e presero una risoluzione che dichiarava la Palestina parte integrante del patrimonio arabo, respingeva qualsiasi progetto di spartizione…. Così gli arabi, al contrario degli ebrei, escludevano assolutamente il principio della spartizione.” Quindi di nuovo – arabi contrari alla spartizione, ebrei disposti.

          “Nel 1938, il nuovo Segretario alle Colonie… invitò ad una conferenza i rappresentanti dell’Agenzia Ebraica e degli arabi di Palestina ma, nonostante i governi arabi fossero favorevoli, gli arabi di Palestina si rifiutarono di incontrare e di riconoscere l’Agenzia Ebraica” Di nuovo, gli arabi contro. E questo mentre si parla di un mandato britannico non certo favorevole agli ebrei.

          “Allora il governo britannico pubblicò un Libro Bianco in cui annunciava che sarebbe stato creato, in dieci anni, uno Stato di Palestina. Durante i primi cinque anni sarebbero stati ammessi 75.000 immigrati ebrei che avrebbero portato la popolazione ebraica ad un terzo di quella araba. Al termine dei cinque anni il paese sarebbe stato diviso in tre zone: una in cui l’acquisto di terre da parte degli ebrei sarebbe stato vietato, una seconda in cui sarebbe stato limitato ed una terza in cui sarebbe stato libero”
          Gli ebrei questa volta si sono opposti, visto che favoriva nettamente gli arabi. Per non dire altro, 75000 immigrati ebrei – se gli ebrei avessero potuto entrare liberamente, non dico si sarebbero salvati tutti i 6 milioni, ma decisamente una buona parte di ebrei europei avrebbe avuto una via di fuga.

          Dici che “quel trattato non “spartiva” la palestina come avrebbe voluto l’ONU, bensi’ come volle Golda Meir, che forte della potenza a wall street e alla city riusci ad imporre una spartizione che fu’ l’inizio di tutti i casini che ci accompagnano ancor oggi.” Non mi risulta che Golda Meir abbia stabilito la spartizione, anche se indirettamente. Se hai fonti fidate, andro’ a leggerle.

          Non sono sicura di capire quale sia secondo te l’errore storico catastrofico, ma ho l’impressione che si tratti dell’avere provato a spartire la terra di Israele fra ebrei e arabi secondo il trattato del 47 – come ho gia’ indicato NON 80-20 ma per il 56-44 percento. E non entro neanche in merito dell’estensione dei Paesi arabi gia’ esistenti.

          Mi scuso per la lunghezza del commento!

          http://www.icsm.it/articoli/daicsm/post2gm/palestina.html

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  3. Grazie per questo ricco e prezioso commento (che era finito in moderazione, non so perché, dato che nelle impostazioni ho messo che ci vadano quelli con due o più link).
    Per quanto riguarda l’errore, la mia impressione è che sia la nascita dello stato di Israele. Interessante poi “la potenza a Wall Street e nella City” – stiamo parlando della famosa famigerata lobby ebraica? Della finanza ebraica? Che poi volendo si potrebbe notare che l’Inghilterra è sempre stata contraria alla nascita dello stato ebraico (e infatti nella famosa votazione si è astenuta) e gli USA molto molto dubbiosi, quindi qualcuno, volendo usare un pochino di logica, si potrebbe chiedere il nesso tra finanza ebraica, Golda Meir, USA e Inghilterra e questa fantomatica spartizione 80%-20%. Ma si sa, le vie della fantasia – di certe fantasie – sono infinite.

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  4. Riferendomi ai vari commenti mi rendo conto come per me stesso non sia facile entrare in un argomento tanto complesso. E’ difficile mantenere lo sguardo sul singolo evento poiché ve ne sono talmente tanti, che quando si scrive si cerca di far affiorare tutto; se però facessi così credo che mi incasinerei cercando di mantenere il tema, ma allo stesso tempo ne fuoriuscirei. Questo perché di situazioni, di eventi e di personaggi se ne toccano sempre tantissimi, tutti però uniti al possesso di questa terra che o interpreto come il tema principale. Cerco di semplificare per iniziare a riordinare le idee, perchè mi sembra che come mi espongo sbaglio. Da anni cerco di documentarmi sempre di più su questi temi,e continuerò in tal modo.
    Grazie Barbara per questo blog. Lo leggo molto spesso anche se sono piuttosto silente, forse prorpio perché non sono sicuro di entrare in argomenti tanto giganti.
    Mi vengono in mente alcune cose, il problema del nome di un popolo, di quello di una nazione, ma non voglio lasciarmi andare alla scrittura senza una giusta riflessione.
    Poi magari condividerò i punti di riflessione, alcuni tratti anche da questo blog in questi anni.

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    • Per quanto riguarda il 1947 non sono in grado di risponderti, perché l’Italia non era fra i Paesi votanti, e non ho trovato documenti sulla sua posizione in quel momento. Quanto al seguito, fino al 1967, al pari della maggior parte degli stati – tranne ovviamente quelli arabi – l’Italia è stata sostanzialmente pro Israele per poi seguire il cambiamento operato dall’Unione Sovietica e diventare interamente filo araba.

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      • Penso fosse stata pro-israele.

        Quando studiavo alle elementari, i miei insegnanti erano tutti filo-israeliani, sorpattutto l’insegnante di religione, che oltre al cristianesimo ci dala alcune nozioni sull’ebraismo. L’unica religione di cui si è rifiutata di parlare era dell’islam (ha solo accennato alla sua esistenza)

        Alle medie erano solo comunisti. Ma almeno non erano tanto idioti da leccare il di dietro agli islamici.

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        • Grazie. Quando andavo a scuola io tutte queste tematiche erano totalmente inesistenti. Figurati che la prima volta che ho sentito la parola “Auschwitz” è stato quando è uscito “Bang bang” dell’Equipe 84 che sul lato B aveva la canzone di Guccini. Ed ero in quinta ginnasio.

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        • Noi l’avevamo studiato in quinta elementare, ma dell’ebraismo ne sentivo parlare già in prima. Mi piacevano molto i racconti della Bibbia (quello di Mosè che libera gli ebrei dalla schiavitù era uno dei miei preferiti, poi, essendo una bambina, la cosa che mi affascinava di più era l’apertura del mar Rosso).
          Alle medie i miei libri preferiti erano quelli scritti dai sopravissuti all’olocausto.

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