Silenziose prima, perché chiuse nell’appartamento del pedofilo che le ha rapite, e impossibilitate a comunicare col mondo mentre lui le stupra a turno, ripetutamente, e le terrorizza raccontando loro di un vicino tanto cattivo che sicuramente salterebbe loro addosso se tentassero di scappare, mentre lui è tanto buono, tanto gentile (“credete forse che un altro si prenderebbe la briga di usare il lubrificante?”)
E silenziose dopo, per il tremendo trauma subito, silenziose perché anche dagli psicologi che sono stati ingaggiati per aiutarle si sentono violentate in questa continua richiesta di parlare, di raccontare, di rivivere. Silenziose perché non tutto si può raccontare, non tutto si riesce a tirare fuori, non tutto si riesce a guardare in faccia. E silenziose anche fra di loro, ad un certo punto, perché la tragedia vissuta riesce, sia pure solo temporaneamente, a spezzare anche la loro meravigliosa amicizia, a guastare quella straordinaria complicità che aveva permesso loro di trovare la forza di resistere durante i terribili giorni del sequestro.
Questo, a differenza del precedente, non è un romanzo: è la storia vera di due bambine inglesi di dieci anni, rapite mentre stanno andando a scuola da uno dei tanti, troppi immondi esseri subumani che infestano il nostro pianeta. È la storia del loro mondo, delle loro famiglie, del loro rapimento, del difficile, dolorosissimo ritorno alla vita, della rottura, altrettanto dolorosa, del loro legame e del successivo riannodare i fili spezzati.
È una storia purtroppo simile a infinite altre – e tante altre storie si sono concluse con delle piccole bare bianche, o con una scomparsa senza ritorno. Si sta male, a leggere queste storie, eppure bisogna farlo, ché non si aggiunga, al loro silenzio innocente, anche il nostro silenzio colpevole e complice.
Charlene Lunnon – Lisa Hoodless, Le bambine silenziose, Newton Compton
barbara