Non so se anche a quella di Israele nel duemilatredici verrà dedicata una canzone (e se per caso qualcuno la dovesse fare, spero che ne farà una un po’ meno bruttina e sciapa di quell’altra), ma sicuramente resterà nella storia del Paese. E tanto per cominciare, ve ne do alcune immagini, sicuramente suggestive.
(foto non mia)
(foto non mia)
(foto non mia)
(foto non mia)
(foto non mia)
(foto di D. O., una settimana dopo che aveva smesso di nevicare)
E anche a Gaza, sì, dove a togliere i residenti dai guai sono dovuti andare, come sempre, i soliti perfidi giudei:
Purtroppo, però, non c’è stata solo la suggestione del manto bianco: ci sono state intere zone totalmente isolate, strade impraticabili e chiuse al traffico, aree senza acqua e senza corrente (per la cena di shabbat sono stata dall’amica Ester, da cui ho trovato due amiche di famiglia ospiti, profughe dai Territori Innevati) e, soprattutto, la distruzione di migliaia di alberi, spaccati o sradicati dal peso di quella smisurata quantità di neve.
E a Yad Vashem non ha avuto riguardo neanche per gli alberi dedicati ai Giusti
Poi volevo andare alla Valle delle Comunità. Di questo non mi sono data pensiero,
questo l’ho ignorato,
questo l’ho scavalcato,
ma poi mi sono trovata di fronte questo:
il sentiero era, semplicemente, sparito, e mi sono dovuta arrendere.
Sì, la ricorderanno in molti, la nevicata del duemilatredici (qui un paio di altre belle immagini, e qui delle spettacolari statue di neve).
barbara