È davvero confortante constatare che per essere una rockstar non è indispensabile diventare un orrido rudere incartapecorito.
Buon settantesimo compleanno, grande Jimmy!
barbara
Fra un paio di mesi compirò sessantatre anni. E in tutti questi anni non ho mai fatto sport, né ginnastica: cullandomi sugli allori del mio corpo da modella, del mio quasi-mitico 90-65-90 su un metro e settanta di statura che ha continuato a restare pressoché inalterato a vent’anni, a trenta, a quaranta, a cinquanta, ho coccolato la mia innata pigrizia senza mai tentare di combatterla. Verso i trent’anni, a dire la verità, ho cominciato a dirmi che forse avrei dovuto cominciare a fare qualcosa, e poi me lo sono ripetuto a trentacinque, e poi a quaranta, a quarantacinque… Speravo che la svolta del mezzo secolo mi desse l’ispirazione giusta, lo stimolo, lo slancio, e invece niente. Così un paio di giorni fa, con la speranza che ne scaturisse finalmente un po’ di iniziativa, mi sono comprata una palla da Pilates.
Il foglietto delle istruzioni raccomandava di gonfiarla con una pompa a pedale o da bicicletta, assolutamente NON con la bocca (“potreste avere un capogiro”. Embè?) Ho preso la mia pompa da bicicletta vecchia di oltre quarant’anni e inutilizzata da più di trenta e ho cominciato diligentemente a pompare. Facendo un calcolo approssimativo tra dimensioni della palla e aria presumibilmente spinta dalla pompa, avevo calcolato che mi ci sarebbero volute all’incirca 1300 pompate. Dopo duemila l’aria all’interno della palla era più o meno quella di un pallone da calcio; ho buttato via la pompa e ci ho messo la bocca. Dopo cinque minuti la mia palla era perfettamente gonfiata, tonda e smagliante.
A questo punto sono andata in youtube, ho digitato “esercizi con la palla” e ho trovato un bel programmino con dei begli esercizi. È così che ho scoperto l’estrema precarietà dell’equilibrio di un grosso culo che si deve generosamente muovere sopra una grossa palla: al primo esercizio che ho tentato, la palla si è ribaltata e io sono cascata per terra più ingroppata di un nodo da marinaio.
È stato in quel momento che mi è venuto da pensare che quel verso Vasco Rossi deve averlo scritto dopo aver visto sua moglie tentare di fare esercizi su una palla da Pilates.
(È divertente, comunque. Quello con la pancia sulla palla e la testa quasi per terra e i piedi in aria
mi è venuto quasi quasi benino. Vabbè, non ero proprio ad angolo piatto ma insomma, non si può mica avere tutto dalla vita, no?)
barbara
Poco più in là c’è il kibbuz Saad.
La prima cosa che si vede, entrando, sono i rifugi per i bambini che aspettano l’autobus, perché quando scatta l’allarme non c’è tempo di andare da nessuna parte, e quindi bisogna proprio che il riparo sia lì, a portata di mano.
Si blindano le scuole
e gli asili
che, per non far vivere i bambini in un ambiente troppo tetro, vengono rallegrati da colori e pupazzi anche all’esterno
E ad ogni casa viene aggiunto un rifugio antimissile, in modo che le famiglie lo possano raggiungere in tempo quando scatta l’allarme.
Ma nonostante il pericolo, nonostante gli allarmi, nonostante la vicinanza con un nemico che vuole unicamente il loro annientamento, gli abitanti del kibbuz,
che originariamente era costituito da abitazioni come questa
non si arrendono al terrore, e continuano a rendere sempre più verde il loro mondo
e a creare opere di grande bellezza, come la sinagoga.
E non si butta via niente
perché tutto può essere riutilizzato: per giocare, o per decorare
Infine due parole su Susanna/Shoshana Cassuto, che ci ha accompagnati nella visita al kibbuz. Qui TESTIMONIANZA_Shoshana troverete due testi: una sua testimonianza, e un documento sull’attentato in cui ha perso la vita sua madre.
barbara