PER ME È PERVERSIONE. DELIRIO. PSICOPATIA ALL’ULTIMO STADIO

Alcuni giorni fa ha fatto scalpore la notizia che Marius, una giraffa dello zoo di Copenhagen, era stata uccisa e poi sezionata e data in pasto ai leoni. Ne ho accennato anch’io, senza conoscere assolutamente niente del contesto. E non avrei dovuto. Poi ho trovato un post che spiega esattamente la situazione, che spiega le ragioni per cui sono state scartate tutte le soluzioni alternative. Un post pacato, non di pancia ma solo di testa. In cui la titolare del blog – che in campo animale non è una pincapallina qualsiasi – non prende posizione, non dà ragione allo zoo, non dice che ha fatto bene a fare quello che ha fatto: semplicemente spiega perché è stato fatto.
Si può non essere d’accordo. Si può non essere convinti che quelle ragioni siano ragioni valide. Si può disapprovare sia l’operato dello zoo che il post in questione. Quello che non si può fare è ciò che è stato fatto in molti degli oltre 200 commenti che seguono il post. A parte il solito scatenamento dei cinquanta milioni di commissari tecnici che abbiamo in Italia che sanno perfettamente come si fa a far vincere la squadra (tipo “se si vuole le soluzioni si trovano”, senza, beninteso, essere in grado di proporne una di attuabile, e senza essere in grado di contestare ragionatamente gli argomenti con cui le alternative erano state scartate), a parte questo, dicevo, in questi commenti è stato chiamato in causa Hitler. È stato chiamato in causa il Mein Kampf. È stata chiamata in causa Auschwitz. La titolare del blog è stata chiamata nazista. È stata chiamata idiota. Per quattro volte un commentatore, prima di essere bannato, le ha augurato di venire stuprata. A uno che aveva apprezzato quanto scritto è stato detto: “Spero che i suoi nipoti tra qualche anno vengano da lei con il colpo in canna come hanno fatto i danesi con la giraffa. Così magari in quel momento capirà la differenza tra la necessità e la morale”.
A me, sinceramente, questa gente fa paura: persone che in nome del loro presunto amore per gli animali trovano ragionevole augurare stupri e assassini (e augurano a Caterina di crepare per salvare il pesce rosso) non mi sembrano molto diversi da quelli che sono pronti a uccidere in nome della lotta proletaria o della causa dell’islam. Sono o di un cinismo sconfinato, incapace perfino di concepire il rispetto e la morale, o estremisti invasati capaci di qualunque crimine in nome della propria ideologia, ed esattamente come le brigate rosse o gli estremisti islamici, sono un pericolo per l’umanità.
Un’altra cosa che non saprei se definire tragica o comica – ma sicuramente la posso definire grottesca – è quella di mettere sul banco degli imputati la nostra “visione antropocentrica”. No, scusate, ma che altro cavolo di visione dovremmo avere? Formicocentrica? Lombricocentrica? Topogigiocentrica? Che poi uno magari ci potrebbe anche pensare su, se almeno un lombrico avesse la cortesia di farci sapere quale diavolo sia la sua visione. Poi resta da chiedersi se, per par condicio, chiederemo al leone di assumere una visione gazzellocentrica. La diagnosi, chiaramente, è quella che ho enunciato nel titolo: perversione, delirio, psicopatia all’ultimo stadio.
Naturalmente poi – quasi superfluo dirlo – molti di questi animalisti integralisti sono di quei bei tipi che si tengono il gatto in casa, depredandolo della sua vita naturale, condannandolo a una prigione “fine pena mai”, nutrendolo con degli assurdi croccantini o con scatolette di carne di animali macellati apposta per nutrire gli animali degli animalisti. E spesso sterilizzati (la sterilizzazione, essendo un intervento che si effettua introducendo uno strumento in un corpo vivo, è una vivisezione a tutti gli effetti: lo sapevate? Ci avevate mai pensato?).

Comunque, se volete leggere il post e i relativi commenti, li trovate qui. E concludo con un breve articolo di Giulio Meotti.

Gli animalisti sono pericolosi

In nome della “compassione”, la Danimarca ha proibito la macellazione rituale ebraica kosher. Il ministro dell’Agricoltura Dan Jørgensen lo ha spiegato così: “I diritti degli animali vengono prima della religione”. E’ la stessa Danimarca che si è posta l’obiettivo di diventare per il 2030 una “nazione senza bambini Down”, tramite un progetto eugenetico di selezione della specie. Come la Spagna zapaterista, che estendeva ai gorilla i diritti umani ma intanto abortiva 16.133 bambini in cinque anni perché portatori di qualche forma di handicap. Come il super animalista Peter Singer, che vuole uccidere i neonati emofiliaci e disabili. Tutti degni eredi di un altro animalista, anti-vivisezionista, salutista e progressista vissuto settant’anni fa e raccontato qui. Leggendo la Danimarca mi tornano in mente le parole di un grande rabbino, Yerucham Levovitz, che visitando Berlino tra le due guerre vide animali domestici vestiti con pantaloni e pullover. Il rabbino commentò: “In un posto in cui trattano gli animali come se fossero esseri umani, massacreranno esseri umani come se fossero animali”.

barbara

E SE N’È ANDATA ANCHE LEI

Adriana Bani Bartali (1919-2014)
G.A.Bartali
“Il neo professionista Gino Bartali con le donne era un po’ impacciato ma non quando vide una ragazza, carina, educata, molto schiva, spesso accompagnata al lavoro dal fratello. Pensò che quanto prima si sarebbe dichiarato, ma non sapeva come. Aspettava, come in corsa, il momento giusto per sferrare l’attacco intuendo che lo sport ha delle regole e il cuore altre”. È il passaggio in cui Andrea Bartali racconta, in Gino Bartali, mio papà (ed. Lìmina), l’innamoramento dei suoi genitori. Gino e Adriana, Adriana e Gino: un legame indissolubile, un legame d’altri tempi. Ieri, all’età di 94 anni, Adriana ha nuovamente raggiunto Gino. Era la prima custode delle memorie del marito anche se del suo impegno come staffetta clandestina e come nasconditore di ebrei nei mesi della persecuzione venne a sapere soltanto a guerra finita. Tenerla all’oscuro fu una scelta ponderata di Ginettaccio, che temeva per il suo carattere apprensivo. A sposarli, nel 1940, era stato il cardinale Elia Dalla Costa. Proprio quest’ultimo, ai vertici della rete di assistenza clandestina che agiva al fianco della Delasem, lo avrebbe chiamato nel momento di massima difficoltà ottenendo dall’amico ciclista un immediato sostegno. Il nome di entrambi si trova adesso nell’elenco dei Giusti tra le Nazioni onorati dallo Yad Vashem per il loro coraggio. Un doppio riconoscimento accolto con particolare emozione da Adriana, che anche dopo la scomparsa del marito – avvenuta nel 2000 – ha continuato a vivere nell’appartamento in cui ha condiviso 60 anni di matrimonio. L’appartamento, forse per un segno del destino, si trova in quella che è adesso piazza Elia Dalla Costa. Adriana lascia tre figli: Andrea, Luigi, Biancamaria. Che il suo ricordo sia di benedizione.
Adam Smulevich
adriana-bani-bartali
È di qualche conforto constatare che ogni tanto anche l’erba buona dura abbastanza a lungo.

barbara