75 ANNI FA L’INFAME TRADIMENTO DEL LIBRO BIANCO

“Sappiamo che stiamo per essere ingannati”, confidò a un amico un avvilito Stephen Wise, il principale leader ebreo americano dell’epoca, prima di imbarcarsi per l’Inghilterra all’inizio del 1939. I britannici avevano invitato Wise e altri leader sionisti dagli Stati Uniti e dalla Palestina per prendere parte a una “conferenza di pace” con i leader arabi.
Wise si aspettava il peggio, e aveva ragione. La conferenza nel maestoso St. James Palace di Londra avrebbe posto le premesse per l’imposizione – 75 anni fa in questo mese – del famigerato Libro Bianco, bloccando l’immigrazione ebraica in Palestina alla vigilia della seconda guerra mondiale e dell’Olocausto.
Nella terza settimana della conferenza, a causa di un errore di un segretario inglese, il Presidente dell’Organizzazione sionista mondiale Chaim Weizmann ricevette dal segretario delle colonie Malcolm MacDonald una lettera che era destinata a essere vista solo dai delegati arabi. Nella lettera, MacDonald prometteva severi limiti all’immigrazione e all’acquisto di terra da parte degli ebrei in Palestina e nessun focolare nazionale ebraico senza il consenso arabo.*
Confermati i suoi peggiori timori, il Dr. Wise e gli altri membri della delegazione americana tornarono negli Stati Uniti con un’ultima speranza nel cuore – che gli ebrei più vicini alla Casa Bianca riuscissero a convincere il Presidente Franklin D. Roosevelt a impedire ai britannici di imporre la nuova politica. Infatti Wise non molto tempo prima aveva fatto notare al Presidente che con la guerra incombente in Europa, “gli inglesi hanno bisogno di voi – il nostro governo – in ogni senso.” E FDR aveva risposto, “Ci puoi scommettere.” I britannici non potevano permettersi di ignorare eventuali pressioni della Casa Bianca sulla Palestina.
Il giudice della Corte suprema Felix Frankfurter, amico del Presidente e sostenitore del sionismo, aveva già telefonato al Presidente sollecitando l’intervento degli Stati Uniti contro il piano britannico. FDR al telefono aveva mostrato comprensione e gli aveva detto di redigere una nota da parte sua (Roosevelt) diretta al primo ministro inglese Chamberlain, chiedendogli di non chiudere le porte della Palestina. Frankfurter la scrisse. FDR non la inviò mai.
Poi fu la volta del giudice della Corte suprema Louis Brandeis, che FDR chiamava affettuosamente “il vecchio Isaia.” Ma il Presidente non mostrò molto affetto quando si trattò del sionismo. In una nota manoscritta, Brandeis supplicò Roosevelt di “indurre i britannici a rinviare l’annuncio minacciato”. Passarono due settimane: nessuna risposta. Un esasperato Brandeis chiese se il Presidente potesse almeno trovare “qualche minuto” per vedere un rappresentante sionista. L’aiutante della Casa Bianca Stephen Early affrontò la richiesta con il Presidente, quindi annotò la brusca risposta di FDR: “Non posso vederlo – il Segr. di Stato è il massimo possibile.”
Il 17 maggio 1939, fu pubblicato il Libro Bianco. Il leader sionista palestinese David Ben-Gurion disse che era “il più grande tradimento perpetrato dal governo di un popolo civilizzato nella nostra generazione.” Il dott. Weizmann lo chiamò “una condanna a morte per il popolo ebraico”. Egli fu particolarmente costernato per il fatto che “il Libro Bianco non ha provocato alcuna reazione da parte delle autorità americane”.
Gli storici tradizionali hanno sempre considerato la politica inglese del Libro Bianco come gravemente sfavorevole agli ebrei. Il professor Henry L. Feingold arrivò a sostenere che una politica che limita l’immigrazione e l’acquisto di terra solo per gli ebrei deve essere stata “almeno in parte motivata da antisemitismo.”
Negli ultimi anni, tuttavia, diversi autori pro-Roosevelt hanno presentato la politica palestinese degli alleati in una luce nuova. Robert Rosen, autore di “Salvare gli ebrei”, sostiene che il Libro Bianco ha “salvato [gli  ebrei del Medio Oriente] dall’Olocausto,” perché altrimenti il mondo arabo si sarebbe presumibilmente  rivoltato contro gli alleati, e i nazisti avrebbero conquistato la regione e ucciso tutti gli ebrei che vi abitavano. Richard Breitman e Alan Lichtman, autori di “FDR e gli ebrei,” sostengono che durante la conferenza di St. James, Roosevelt avrebbe fatto segretamente pressione sui britannici “a favore degli ebrei.” È tuttavia emerso che la loro fonte per tale affermazione era un delegato arabo paranoico che partecipava alla conferenza.
Ma questi resoconti revisionisti sono totalmente sbagliati, e aveva ragione il Prof. Feingold. Ora sappiamo da documenti britannici declassificati che alcuni funzionari governativi britannici nutrivano effettivamente sentimenti anti-semiti. E sappiamo anche che il presidente Roosevelt non ha mai preso seriamente in considerazione l’idea di fare pressioni sui britannici in merito alla Palestina.
FDR ha seguito la corrente. Ha incaricato il Dipartimento di Stato di informare Londra che gli Stati Uniti speravano che “nessun cambiamento drastico” fosse messo in atto. In un appunto privato al Segretario di Stato Cordell Hull il giorno in cui fu pubblicato il Libro Bianco, FDR chiamò la nuova politica “qualcosa che non possiamo approvare.”
Ma diede istruzione all’ambasciatore statunitense a Londra, Joseph Kennedy, di limitare la sua critica del Libro Bianco a conversazioni non ufficiali. Non ci fu nessuna protesta ufficiale degli Stati Uniti, nessuna dichiarazione della Casa Bianca di critica al Libro Bianco, non un singolo passo concreto che potesse influenzare Londra sulla questione. I britannici presero atto della risposta minimalista di Roosevelt e procedettero senza timore di eventuali conseguenze reali.
La storia della risposta di FDR alla persecuzione degli ebrei europei è disseminata di promesse vuote e opportunità perse. Settantacinque anni fa questo mese, una delle più importanti di quelle opportunità è stata sprecata – e di conseguenza, una delle ultime vie di fuga dai nazisti dell’ebraismo europeo fu quasi completamente bloccata.

Il dottor Rafael Medoff è direttore del David S. Wyman Institute for Holocaust Studies, www.WymanInstitute.org (qui, traduzione mia)

* La proposta di stato di Palestina contenuta nel Libro Bianco, con totale cancellazione di ogni precedente ipotesi di stato ebraico (il 78% della Palestina mandataria era già stato scorporato dalla Gran Bretagna per regalarlo all’Emiro Abdallah, col nome di Emirato di Transgiordania), è questa
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La proposta fu rifiutata dal Gran Muftì e dal «Consiglio Palestinese» – Carlo Panella, Il libro nero dei regimi islamici, pag. 109 (questo per chi continua a blaterare che l’unica cosa che vogliono quei poveri poveri poveri palestinesi è di avere finalmente il loro stato)

barbara

AMBÈ, MENO MALE

Ma se l’apostasia è vietata ovunque in terra d’Islam, sono pochi gli stati in cui è prevista la pena di morte: oltre al Sudan e all’Arabia Saudita, il Qatar, l’Iran, l’Afghanistan, lo Yemen e la Mauritania.
Cecilia Zecchinelli, Corriere della Sera, 16/05/14

E anche noi, insieme alla signora Zecchinelli, ci sentiamo tanto ma tanto confortati al pensiero che sono solo poco più di 200 milioni le persone che, se avessero l’insana idea di lasciare l’Islam, andrebbero incontro a una condanna capitale, mentre l’altro miliardo e rotti rischia solo galera, frustate e altre analoghe trascurabili bazzecole.
(Che tra l’altro nel caso in questione, ossia della sudanese Meriam Yehia Ibrahim, secondo ogni logica normale l’apostasia non dovrebbe esserci proprio, dal momento che è sempre stata cristiana, cresciuta dalla madre cristiana mentre il padre musulmano non si è mai occupato di lei. Ma secondo la logica islamica invece c’è, perché la religione dei figli, qualunque sia la situazione “sul terreno”, è quella del padre (e questo è il motivo per cui un uomo musulmano può sposare una donna cristiana o ebrea – non di altre religioni – ma una donna musulmana non può sposare un non musulmano), e quindi Meriam, le piaccia o no, è musulmana, e in quanto praticante la religione cristiana diventa automaticamente apostata e meritevole di morte. Non solo: in quanto musulmana honoris causa, il suo matrimonio con un cristiano non è valido, e di conseguenza il figlio di cui è incinta è un bastardo, e lei una meretrice, il che la rende doppiamente meritevole di morte. Ma mi raccomando, non azzardatevi a mettere in dubbio che tutte le religioni e tutte le culture siano uguali e ugualmente degne di rispetto. Altrimenti dimostrate di essere islamofobi. E pertanto meritevoli di morte)
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barbara