LETTERA APERTA A UN AMICO FRANCESE

Sono venuto a dirti che me ne vado…
la mia valigia è chiusa,
sistemati gli affari
e parto senza voltarmi indietro
come dice così bene Verlaine al vento cattivo
sono venuto a dirti che me ne vado.
Quando ti ricorderai dei tempi andati
del tempo in cui io e te si era amici
forse verserai una lacrima
e ti dispiacerà che io non ci sia più.
Per quanto non sia neppure certo
che tu ne abbia provato dispiacere.
Non ti domandavo, peraltro, grandi cose
non mi aspettavo che scendessi in strada
sarebbe stato pericoloso, non me lo sarei perdonato
ma una parola, un segno, una condanna, una protesta,
un grido venuto dal cuore sarebbe bastato a rendermi felice
e non per quello che accade laggiù,
ma proprio qua, sotto casa tua.
Dimmi, non ti ricorda nulla?
Vetri rotti e croci uncinate,
orde che sfilano urlando?
Mi sarebbe piaciuto che tu ti alzassi,
che si levassero all’unisono le nostre voci
per gridare «Mai più».
Di non amarmi potrei perdonarti
ma non di aver lasciato col tuo silenzio
che tutto questo ricominciasse,
e di aver loro permesso di urlare
che io da qui me ne devo andare
ma è troppo, troppo tardi, amico mio,
i lupi sono ormai dentro Parigi!
Volti velati e kefiah,
accompagnati dalla falce
da République a Bastille
contratti i volti e pieni di odio
Sono venuti a cento e a mille
per battere le strade della Francia
del bel paese della vostra infanzia
che poi era anche il mio
ma questo era tanto tempo fa.
Sono venuto a dirti che me ne vado.
Sì, è vero che ti ho amato,
ho rifatto la valigia per l’ennesima volta
e sul serio, questa volta
perché ora è giunto il momento
di separarci per sempre.
Quale che sia la mia destinazione
Canada, America
o la terra di Sion
vi sarò più sicuro
che nel paese in cui sono nato.
Sono venuto a dirti che me ne vado
ti lascio il paese più bello
e quando, minacciato a tua volta,
un giorno dovrai lasciarlo
non dimenticare di spegnere la luce:
quella di Diderot e d’Alembert,
quella de Montaigne e Zola
quella di Hugo e Badinter
che brillava di mille fuochi
per la sua cultura, la sua tolleranza,
la sua Libertà, la sua Fraternità e soprattutto la sua Laicità.

Consapevole che la mia pur volenterosa traduzione non può minimamente rendere la struggente poesia del testo originale, ve lo posto qui di seguito, con la speranza che siano in molti a poterlo apprezzare.

Lettre ouverte à un ami français

Je suis venue te dire que je m’en vais…
Ma valise est bouclée,
Mes affaires sont réglées
Et je pars sans me retourner
Comme dit si bien Verlaine au vent mauvais
Je suis venue te dire que je m’en vais.
Quand tu te souviendras des jours anciens
Du temps où toi et moi étions copains
Peut-être verseras-tu une larme
Et regretteras que je ne sois plus là.
Quoiqu’il ne soit même pas certain
Que tu en conçoives du chagrin
Je n’te demandais pas grand-chose pourtant
Je n’attendais pas de toi que tu descendes dans la rue
C’eut été dangereux, je m’en serais voulu
Mais un mot, un signe, une condamnation, une protestation,
Une clameur venant du cœur aurait suffi à mon bonheur
Et pas pour ce qui se passe là-bas
Mais là, juste en bas de chez toi.
Ça n’te rappelle rien, dis-moi ?
Vitres brisées et croix gammées
Hordes hurlantes et défilés ?
J’aurais aimé que tu te lèves,
Qu’en un seul cri nos voix s’élèvent
Pour scander « Plus jamais ça »
Je t’aurais pardonné de ne pas m’aimer
Mais pas d’avoir par ton silence
Permis que tout ça recommence,
Et les avoir laissé crier
Que je dois d’ici me barrer
Mais il est bien trop tard, l’ami
Les loups sont entrés dans Paris !
Visages voilés et Keffieh,
Accompagnés de la faucille
De la République à la Bastille
Visage haineux et grimaçant
Ils sont v’nus des mille et des cents
Pour battre le pavé de France
Du beau pays de votre enfance
Qui fut aussi le mien pourtant
Mais cela c’était il y a longtemps.
Je suis venue te dire que je m’en vais
Oui il est vrai que je t’aimais,
J’ai refait ma valise une énième fois
Et c’est pour de bon cette fois
Car à présent l’heure a sonné
De nous séparer à jamais
Quelle que soit ma destination
Le Canada, les USA
Ou le pays de Sion
J’y serai plus en sécurité
Que dans l’pays où je suis née.
Je suis venue te dire que je m’en vais
Je te laisse le plus beau des pays
Et quand à ton tour menacé
Un jour tu devras le quitter
N’oublie pas d’éteindre la lumière
Celle de Diderot et d’Alembert
Celle de Montaigne et de Zola
Celle d’Hugo et de Badinter
Qui brillait de mille feux
Par sa culture, sa tolérance,
Sa Liberté, sa Fraternité et surtout sa Laïcité.

Perché prima tocca agli ebrei; poi, uno alla volta toccherà a tutti gli altri: lo insegna la Storia, e lo insegna tutto ciò che stiamo vedendo intorno a noi.

barbara

Una risposta

  1. Bravissima, Barbara!
    A mio modesto parere, hai fatto molto bene scegliendo di pubblicare la tua ottima traduzione con, accanto, lo straordinario originale.
    Niente da aggiungere: così non si perde niente, né del pieno significato né della commozione profonda.
    Ma.. aprite gli occhi, una buona volta!

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  2. Una struggente e disperata malinconia. Questa Europa mi intristisce, mi fa compassione. E rabbia. Vorrei avere l’onore di essere ebreo e soprattutto israeliano, ma non l’accetterei anche se fosse possibile offrirmelo su un piatto d’argento. Sono nato fra i bastardi e il mio destino è vivere e morire con i bastardi. E difenderli, all’occasione. L’Europa è la mia Patria e, come si dice, la Patria è come la mamma e la mamma è sempre la mamma anche se è una puttana. Grazie per la pubblicazione della bella poesia.

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  3. Arrivata…..sul mio tavolo un pacchetto di fazzoletti, sono sempre utili…
    Brava, la traduzione è ottima.
    Lettere, poesie spesso sono un concentrato di sensazioni che nel leggerle spesso le
    facciamo nostre penetrando nei meandri che è dato a pochi conoscere.
    Qui ci comunica il dolore di un momento esistenziale molto duro che si somma alla delusione verso chi aveva creduto,condiviso tante cose.La persona alla quale è indirizzata per il mio sentire si è mostrata povera interiormente nel momento in cui doveva esserci.

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  4. Nella penisola non siamo messi bene…ho letto certe asserzioni sui terroristi..ISIS da
    parte del deputato Di Battista Movimento 5 Stelle. ….Rivoltanti!
    Siamo in fondo al barile raschiando in cerca di un pò di dignità.

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  5. Eheee didon, didon, manca solo da interpellare Freud, che ci capita ragazzi ? Bisogna lottare su coraggio e poi la mamma degli stupidi si sgrava pure lei, buon fine settimana a tutti, forse da qualche parte ci sarà il sole.

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    • Si sgrava così è pronta a ri-concepire di nuovo. A parte questo, si stava parlando dell’Europa che sta condannando a morte tutti noi svendendosi all’islam.
      PS: Freud no, per favore: quel povero psicopatico dal cervello spappolato dalla cocaina, che ha distrutto la vita alla figlia asservendosela fino alla morte per poi inventarsi che sarebbero le figlie a innamorarsi dei padri, cerchiamo di lasciarlo perdere.

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  6. Sul fatto di svendersi all’islam le do ragione, successa a me ieri;
    ieri 15 agosto 2014 ore 19,30 circa in un ristorante di Sauris (Udine); la nostra tavolata composta da 4 persone conosciutesi nel viaggio in ISRAELE di inizio primavera e diventati amici, si chiacchera del più e del meno;
    entra coppia giovane lei italiana (ordinerà le tagliatelle) lui carnagione scura ma non troppo decreto etnia araba; sono seduti a poca distanza ma non vicini da poter sentirli, lui ordina una zuppa, ne mangia qualche cucchiaio poi chiama la cameriera gli indica qualcosa; intuisco ma sto zitto, poco dopo gli portano un altro piatto, si ripete la scena su descritta, a quel punto passandomi vicino la cameriera la blocco e le chiedo cosa sta succedendo. risposta “…è mussulmano e nel piatto ci sono dei pezzi di carne..”, all’ora con il tatto che mi contraddistingue con voce flebile ma udibile a duecento metri inizio a commentare, nella foga volutamente dico alla mia interlocutrice a fianco…va bene la religione, le regole ed il resto vale anche per noi ebrei, ma non si viene a mangiare a Sauris dove l’icona della produzione è il prosciutto, il culatello il salame, ecc. o prima bisogna decidere di affidarsi alla sola verdura, ad un risotto in bianco ecc. A quel punto il destinatario delle mie parole mi scocca un’occhiata inceneritrice, penso che abbia carpito la parola ebreo. Quello che mi ha dato fastidio è il modo arrogante con cui ha spedito indietro le minestre, Al fine si è deciso per un insalata. Certo il fatto è piccolo e marginale ma è dalle piccole cose che come una valanga diventa tale scendendo a valle. Spero (ma dubito) che il proprietario abbia messo in conto quelle due minestre. La giovane italiana era senza dubbio sua moglie portavano ambedue la fede al dito. A voi un commento grazie e buon fine settimana.
    p.s. io domani torno a Sauris……..si sono un rompi c……i (segue)

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    • Generalmente un ebreo osservante non mangia se non in un ristorante ebraico, e se fa un viaggio in posti dove non prevede di trovarne, si porta dietro una valigia di scatolette. Un ebreo “leggermente” osservante va anche in ristoranti non ebraici e non ci mangia carne. Di sicuro non ne ho mai visti ordinare una carbonara e poi lamentarsi che non la possono mangiare. D’altra parte penso a quello che dalla stanza d’ospedale della moglie ha scaraventato fuori dalla finestra il “cadaverino appeso”: ma quando mai un ebreo, un buddista, un induista si è permesso di fare una cosa del genere?! Certo che quando poi si vedono le maestre che non fanno festeggiare ai bambini il Natale perché se no i musulmani si offendono, ci credo che quelli si sentono autorizzati a fare i propri comodi in maniera sempre più spudorata. Quando ho raccontato a mia zia, terza elementare, che in Inghilterra hanno tolto l’olocausto dai libri di storia perché i musulmani dicono che non è mai successo, lei ha risposto: “E tuti chei muci de cadavari che i ghemo visti tuti quanti, da indove vienli fora?” Terza elementare: sufficiente per avere le idee ben chiare su come stanno le cose.

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  7. Siamo seri. Gli ebrei non mangiano carne, ma i cristiani non sono cannibali. Direi di affidare la cosa ai compari del Califfato. Fra noi monoteisti un favore ogni tanto ci si può scambiare.

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