AGGRESSIONI: QUELLE FASULLE STROMBAZZATE E QUELLE VERE IGNORATE

La svastica a Berkeley

“Vorrei con tutto me stesso essermi sbagliato. Spero e prego perché l’ondata di antisemitismo che avverto sia una profezia sbagliata”. Purtroppo per Lawrence Summers, allora presidente di Harvard (2001-2006), la sua profezia si è rivelata corretta. Alla University of California di Irvine, la confraternita ebraica ha trovato svastiche sugli edifici del campus, e lo stesso nei giorni scorsi è accaduto alla Vanderbilt University, alla University of Oregon e alla Emory University. Incidenti sempre legati alle attività antisraeliane. Newsweek lo chiama “il problema della svastica a Berkeley”. L’antisemitismo attecchisce come una pianta malefica nella Ivy League, la lega dell’edera, i laboratori delle “equal opportunities” e della counter culture inebriata di benessere, del “Black is beautiful” e del continuo ricatto delle minoranze etniche o sessuali, dove il ragazzo nero del profondo sud siede nello stesso banco dell’erede Rockefeller, le oasi verdi fatte di sole, ginnastica, jogging, piazze animate da concerti, manifestazioni di studenti, in un reticolo di strade costellate di librerie, caffetterie, ristorantini, pizzerie. E in mezzo, i premi Nobel e i templi della conoscenza. E’ possibile che i college più liberal del mondo stiano adesso incubando l’antisemitismo assieme al cinismo sull’occidente, al sospetto sul capitalismo e al politicamente corretto? I primi segni di quest’odio nuovo si ebbero proprio a Berkeley nel 2002, quando sulla scalinata della Sproul Hall nell’Università di Berkeley, dove nacque il Free Speech Movement, alzò la voce una nuova generazione di studenti. Stavolta contro Israele e il popolo ebraico. Il 54 per cento degli studenti ebrei del college oggi dice di aver subito aggressioni antisemite o di esserne stato testimone, secondo la ricerca pubblicata dal “Center for Human Rights Under Law” del Trinity College. E quando gli studenti hanno denunciato i disagi alle relative amministrazioni delle facoltà, le università non l’hanno quasi mai presa seriamente. Jessica Felber, una studentessa ebrea, ha denunciato Berkeley dopo essere stata aggredita da un altro studente, Husam Zakharia, mentre partecipava a una dimostrazione in favore di Israele. L’università era a conoscenza che Zakharia era un capo del gruppo “Studenti per la giustizia in Palestina”, e che si era reso responsabile di altre aggressioni nel campus. Nelle facoltà dove professori e studenti cercano maggiormente di proteggere i diritti etnici e delle minoranze razziali, i discorsi dell’odio contro la comunità ebraica sono diventati un problema dilagante. Dopo l’ultimo conflitto a Gaza, la scorsa estate, sono apparse sui muri del campus di Berkeley le scritte “Morte a Israele” e “Uccidiamo tutti gli ebrei”. Nei giorni scorsi è stata poi la volta dello slogan: “I sionisti dovrebbero essere mandati nelle camere a gas”. A Berkeley la madrina delle campagne contro Israele è la professoressa Judith Butler, che ha inventato gli “studi di genere” così popolari oggi anche in Europa. La Butler finì sotto accusa per una intervista in cui denunciava i memoriali per le vittime dell’11 settembre: “Dopo l’11/9, sono rimasta scioccata dal fatto che c’era un lutto pubblico per molte delle persone che sono morte negli attacchi al World Trade Center e nessun lutto pubblico per i lavoratori illegali del WTC”. Gary Tobin nel suo libro “Uncivil University” scrive che “antisemitismo e antisraelismo sono sistematici nel campo dell’istruzione superiore e possono essere rilevati nei campus di tutti gli Stati Uniti”. Ovunque nelle aule i professori dipingono i palestinesi come vittime degli “occupanti israeliani” e lo stato ebraico è ritratto come “razzista”, “stato di apartheid”, “genocida”. Negli edifici dei campus, i gruppi antisraeliani organizzano picchetti, conferenze per il boicottaggio, e i sostenitori di Gerusalemme sono quotidianamente interrotti, è loro impedito di parlare e studenti ebrei sono aggrediti, anche fisicamente. Nel giugno 2009, Tammi Rossman-Benjamin, che insegna all’Università di Santa Cruz, ha presentato una denuncia al dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti contro i campus universitari di Santa Cruz che sponsorizzavano conferenze e film “violentemente anti-Israele”, usando i soldi del campus, per diffondere antisemitismo in contrasto con il “Civil Rights Act” del 1964. Nell’ottobre 2010 il Dipartimento dell’Educazione ha stabilito che le università finanziate a livello federale sono obbligate a eliminare ogni pregiudiziale antisemita. Non va dimenticato che il simbolo del pacifismo antisraeliano nel mondo è Rachel Corrie, una studentessa universitaria americana, rimasta uccisa a Gaza sotto un bulldozer israeliano, nel tentativo di bloccare la demolizione di una casa di terroristi. Il mito di Corrie ha ispirato opere letterarie, boicottaggi, e articoli in tutto il mondo. La sua storia ha contribuito a diffamare Israele in un modo persino peggiore della storia di Mohammed al Dura. Dopo la morte di Corrie, la Caterpillar è stata bersaglio di molte campagne e persino la Church of England ha venduto le azioni di quella società. Hamas ha adottato il suo viso come mascotte e l’Iran le ha dedicato una strada. Una delle navi della flottiglia per Gaza portava il suo nome, come se fosse stata un’inerme ragazza occidentale. Corrie, invece, era nella Striscia di Gaza per fare da scudo umano ai terroristi. Alla Evergreen State University, gli ex professori di Corrie alle cerimonie di laurea indossano pantaloni cachi e kefiah, in omaggio alla loro ex studentessa. Nei giorni scorsi il David Horowitz Freedom Center, un think tank conservatore in California, ha diffuso la lista nera dei peggiori campus d’America. Svetta in testa alla classifica la Columbia University. I primi a denunciarla sono stati alcuni studenti con un documentario, “Columbia Unbecoming”, prodotto da un gruppo di Boston chiamato The David Project, il cui obiettivo dichiarato è “contrastare l’atteggiamento ingiusto e sleale delle nostre università, dei mezzi di informazione e delle comunità”. Il film mostra una serie di studenti che accusano i docenti della Columbia di allontanarli, intimidirli e offenderli quando fanno sfoggio di opinioni filoisraeliane. “Quanti palestinesi hai ucciso?”, chiede il professor Joseph Massad a uno studente che ha fatto la leva in Israele. Nel documentario, uno dei più illustri islamisti del paese, George Saliba, a una ragazza ebrea dice che non può vantare diritti sulla Palestina perché non aveva “occhi abbastanza semitici”. La Columbia è l’ateneo di Rashid Khalidi, direttore del Middle East Institute di quella Università, che ha definito “legittima resistenza” il terrorismo suicida contro Israele e l’esercito israeliano “un’arma di distruzione di massa”. La Columbia è un centro strategico perché è l’Università dove ha insegnato Edward Said, l’accademico palestinese più illustre del XX secolo. Said era la quintessenza dell’intellettuale occidentale, coccolato dai liberal e bestseller di lungo corso nelle librerie europee. E, al tempo stesso, l’esponente culturale più prestigioso del fronte del rifiuto palestinese. Celebre la foto in cui Said si fece ritrarre, al confine del Libano meridionale, mentre tirava sassi contro i soldati israeliani. Fu lui a inventarsi una patria palestinese, molto prima che Yasser Arafat piazzasse bombe negli aeroporti europei per rivendicarla. Fu Said a scrivere lo storico discorso con cui il rais si presentò nel 1974 all’Onu, con il ramoscello d’ulivo in una mano e nell’altra la pistola. La sua definizione dei palestinesi come “vittime delle vittime”, “profughi dei profughi”, ha avuto una risonanza straordinaria in occidente. E’ l’attrazione fatale per la vittima che diventa carnefice. In una intervista del 1989 Said disse, senza equivoci: “Quello che fanno i palestinesi per mezzo della violenza e del terrorismo è comprensibile”. Questa condiscendenza ha seminato nel profondo i campus americani. A Berkeley è stato tenuto un corso sulla “Politica e Poetica della Resistenza palestinese”. Nemmeno a Georgetown, l’ateneo dei gesuiti lautamente finanziato dai mercanti arabo-islamici, si lesina moderazione. Yvonne Haddad, docente di storia dell’islam e di Relazioni cristiano-musulmane, ha detto che Intifada, quella dei kamikaze, significa “non mi rompere le palle”. Hamid Dabashi, docente di Studi iraniani alla Columbia, ha fatto proiettare pellicole dove s’inneggia alla fine di Israele. A Yale è durato appena quattro anni l’Initiative for Interdisciplinary Study of Anti-Semitism, il primo centro accademico al mondo completamente dedicato allo studio dell’antisemitismo. Quattro anni dopo è stato chiuso, essendo stato accusato di “servilismo verso Israele”, a causa della pressione dei diplomatici palestinesi negli Stati Uniti, del politicamente corretto e delle laute donazioni dei paesi arabi. Come ha scritto sul Washington Post il professor Walter Reich, che insegna alla George Washington University, “Yale ha ucciso il miglior istituto americano per lo studio dell’antisemitismo” perché “critico dell’antisemitismo arabo e iraniano”. Nessuna polemica invece venne sollevata quando gli studenti del Jackson Center for Global Affairs di Yale vennero portati dai loro docenti a incontrare il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in visita all’Onu (in quell’occasione il leader iraniano negò nuovamente la Shoah). Ci sono diciassette centri di studi mediorientali negli Stati Uniti e quasi tutti ospitano ricercatori antioccidentali e antisraeliani. Lo scorso ottobre centinaia di antropologi in tutto il mondo hanno firmato un appello per il boicottaggio di Israele. C’erano anche tredici professori dalla Columbia University, nove da Harvard e otto da Yale. Tra loro nomi importantissimi del mondo dell’antropologia, come i professori Jean e John Comaroff di Harvard, decani degli studi post coloniali e africani, e Michael Taussig della Columbia, lo studioso della mimesi e dell’America latina. L’American Studies Association ha recentemente aderito alla campagna internazionale di boicottaggio contro le università israeliane. E viene da Harvard il professore che ha scritto “Israel Lobby” (si tratta di Stephen Walt), la versione dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion” aggiornata a Israele. E’ anche un problema di fondi che arrivano dai paesi islamici. Basta scorrere l’elenco delle donazioni dai potentati arabi del Golfo dal 1995 a oggi: Boston University (1,5 milioni), Columbia University (500 mila dollari), George Washington University (12 milioni), Georgetown University (16 milioni), Harvard (12 milioni), Mit (10 milioni), University of Arkansas (18 milioni). L’intolleranza intanto dilaga ovunque. Dall’Hampshire College, dove uno studente pro Israele è stato aggredito da parte di individui dai volti coperti al grido di “Baby Killer”, alla Rutgers University, dove in un evento i palestinesi sono stati paragonati alle vittime dell’Olocausto. Intanto, dalla mensa della Università di Harvard, è scomparsa la Sodastream, azienda israeliana leader nella gassificazione dell’acqua. Il pensiero corre al 1934. L’anno in cui Harvard accolse Ernst Hanfstängl, sodale di Hitler nonché finanziatore del “Mein Kampf”. Quando un rabbino gli chiese delle violenze antisemite a Berlino, Hanfstängl rispose: “Sono in vacanza fra vecchi amici”. E si avviò a prendere un tè con il presidente di Harvard, James Conant. Questa ondata di irrazionalità antisemita e di isteria antisraeliana nei campus d’America è l’inveramento della profezia non soltanto di Lawrence Summers, ma anche di Allan Bloom, il docente di Filosofia all’Università di Chicago che deprecò la caduta di questi santuari della conoscenza con un libro che destò scalpore, “La chiusura della mente americana”. Dove tutto ormai deve essere istantaneamente gratificante. Compreso l’odio per Israele. Quest’oppio delle élite. L’ultima buona causa liberal e umanitaria.
Giulio Meotti

Come dicevano i latini, ubi maior minor cessat: di fronte a un’aggressione verbale all’ebrea buona Noa, che saranno mai le aggressioni fisiche ad ebrei che non si sa mica se siano buoni o no, capaci magari di essere addirittura sionisti?

barbara

Una risposta

  1. I fondi dai potentati arabi del golfo sono arrivati a fiumi anche al Johns Hopkins Hospital (il primo ospedale degli USA fino al 2013) di Baltimore, MD, sede di prestigiosi istituti universitari presso uno dei quali ho lavorato per breve periodo, fondi utilizzati per la costruzione di una torre nell’ala nuova, terminata nel 2012. Ricordi personali… tanto per completare il quadro.

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    • Sono nazisti anche più capaci di Hitler.
      E gli antisemiti dicono ‘se gli ebrei sono odiati, ci sarà un motivo’. Solo che il motivo non c’è, allora lo vanno a cercare nella propaganda di hamas.

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  2. Gli USA in vendita ! Comprati e corrotti. Si corrotti a discapito per quello
    che possono avere rappresentato.Democrazia e senso liberale, si è persa nel tempo.
    Si conosceva..si sapeva di un certo antisemitismo e boicotaggio nei confronti di Israele e il popolo ebraico che dilaga in tante università, tante rinomate per il loro prestigio creatosi nel tempo.
    Ma non credevo cosi marcato. Propio là dove dovrebbero uscire le nuove menti del futuro,persone che possono alcune arrivare a ricoprire ruoli importanti, sono spesso menti in via di crescita, sovente con idee reazionarie e spesso facilmente plasmabili. Rattrista che quelle che dovrebbero essere le loro guide anche verso gli ideali che appartengono
    storicamente al popolo americano abbiano un marcato senso di guida
    che li educa al falso,a nell’ idealizzare positivamente degli spregevoli dittatori e sostenendo le loro ideologie…giustificando il terrorismo arabo e forse non solo,creandone un’ aurea eroica.
    Però in tutto questo avvilente marciume educativo mi chiedo se e spero
    che sia cosi…che ci siano delle persone con una mente analitica capaci
    di fare una sua lettura seria per conto propio attraverso tante fonti usando la propi testa.
    Universitari sia docenti e studenti navigano nella loro ignoranza voluta,accettata trasmessa con idee lontane dalla democrazia, valori
    umani.Da provare vergogna per il loro antisemitismo.
    Non è servito a niente l’ esperienza dell’ 11/09!
    E qui, forse asseriranno che gli attentatori sono stati provocati ed hanno
    agito per difendersi..
    Gia comunicato..il mio coinquilino..prima al liceo…tutti esultavano a Mao
    ..inutili le sue rimostranze e probabilmente l’ unico in tutta la scuola..
    poi all’ università…tutti a festeggiare al rientro dell’ Aiatollah in Persia..
    dal suo esilio parigino con certi sostegni politici.
    Ma..vi rendete conto cosa succederà…il paese si consegna nelle mani
    dei loro preti con l’aiuto dei comunisti porteranno nella regressione altro
    che Scià!
    Per gli USA mi sento maggiormente allibito e rattristato…shoccante!
    I politici ne sono complici.Altrimenti usando dei toni appropiati non si
    arriverebbe a tanto.

    non solo.

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      • Cosa marginale! Abbiamo l’ ora sul PC..magari un’ orologio sulla
        libreria..A volte stò per spengere il PC..un’ occhiatina..2.15..
        oppure 5..Un nuovo articolo!. In tanti..a quelle ore dormono.
        Si avverte l’ importanza del Blog, per quello che ci vuoi trasmettere.

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  3. Ciao amore mio grande.
    Sono tornato e non mi è piaciuto Zanzibar. Dopo ti scrivo in segreto e ti dico perché.
    Mio cugino Giovanni mi ha ceduto il computer per due ore e ho letto un mare di cose tue (fortissime) e mi ha pregato di dirti che ti saluta e ti ringrazia (bò, non lo so perché).
    Siccome abbiamo smanettato di brutto, adesso ti diciamo una cosa che abbiamo letto a proposito di aggressioni (a parte il super bello articolo di sopra):
    ci si mettono anche i maledetti hacker di Anonymous, tristemente famoso in Israele per le sue posizioni antisemite, che ha dichiarato che il prossimo 7 aprile lancerà il suo “Olocausto elettronico”, per cancellare ebrei ed israeliani dalle reti web. Hanno promesso che attaccheranno i siti e i server israeliani, FB, caselle di posta sia in Israele sia dei sostenitori (ebrei e non) di Israele nel mondo.
    E NOI come facciamo? Non è che ti fanno scomparire anche a te nell’etere e non ti troviamo più, dopo? E no eh.
    Ovviamente, questa brutta notizia, i nostri tg, e i politici appollaiati negli scranni europei se ne sono ben guardati di darcela ( o magari, forse ci è scappata e non l’abbiamo sentita noi).
    Però, su Informazione Corretta c’è un articolo di Dario Sanchez e vale la pena di leggerlo.
    La zia è a un colloquio di lavoro così fino a che torna mi diverto. Speriamo che la prendono.

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    • Ciao yeled shelì matok. Sono contenta che tu sia tornato e sono contenta che a Zanzibar non ti sia piaciuto, così non ci dovrai tornare, spero.
      Delle minacce di Anonymous ho letto, sì, ma anche tempo fa avevano minacciato di bloccare l’intera Israele e non sono riusciti a fare niente, sono come i peti, puzzano, ma poi in definitiva non è che facciano granché.
      Attendo altre notizie.

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      • In effetti avevo sentito che sono un pò pasticcioni. Un anno, nella foga di attaccare Israele, hanno finito col distruggere (e qui c’è da ridere) un sito filopalestinese.

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    • Quei deficienti dovrebbero pensare all’isis, ma per loro è più importante Israele.
      Notare poi il fatto che non ce l’hanno su solo con gli ebrei, ma anche con i sionisti non ebrei. Se avessero delle armi in mano non sarebbero diversi da Breivik (cambierebbero solo le idee)

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