(Leggenda di Natale un po’ scema)
Nello sfogliare le migliaia di carte che non ho fatto in tempo a setacciare e selezionare di là e che ho quindi portato qui in blocco, mi è capitato in mano questo raccontino che non ricordavo di avere scritto, però adesso che l’ho trovato so quando l’ho scritto: esattamente trentaquattro anni fa, quando c’era qualcuno che mi amava e che mi chiamava pelle d’angelo.
Era primavera, la prima primavera del creato. Il vento soffiava lieve, sui prati del Paradiso e sui prati dell’Inferno, portando fermenti sconosciuti. Lucifero se ne andava a zonzo, irritato, irrequieto, senza saper che fare. Si fermò presso un ciliegio e ne colse un frutto rosso, ma poi si accorse di non averne voglia, e lo gettò. Si fermò presso un ruscello e ne colse l’acqua con le due mani, ma poi si accorse di non avere sete, e la lasciò cadere. Camminò e camminò finché si lasciò cadere, spossato, ai piedi di un albero. Fu allora che vide, lontana fra le nubi, la regina degli Angeli. Anche lei era presa da una strana irrequietezza, quel giorno, e dall’alba volava e volava, senza trovare dove posarsi. Lucifero era bello, e la regina degli Angeli era bella: si videro e si innamorarono. Era un amore proibito, contrario a tutte le leggi del creato, lo sapevano bene, ma sapevano anche che l’amore non conosce leggi, e decisero di amarsi ugualmente. Si amavano di nascosto, fra le siepi, dietro i cespugli, al riparo dagli occhi di Angeli e Diavoli. Il loro amore fu scoperto, tuttavia, quando la regina degli Angeli fu in attesa di un figlio. Furono messi al bando, e venne assegnato loro un piccolo angolo del creato dove vissero in attesa del figlio che doveva venire. Era venuto troppo in fretta, questo figlio, e non avevano avuto tempo di mettere all’opera i loro poteri per costruirlo con cura. Nacque una bimba bella ma fragile, dall’animo angelico e demoniaco nello stesso tempo. La chiamarono Pelle d’Angelo. Non era destinata ad avere fortuna, Pelle d’Angelo, perché Angeli e Diavoli scaricarono ogni maledizione su di lei, frutto mostruoso di un amore mostruoso. Il tempo passava, Pelle d’Angelo cresceva e i suoi genitori non si amavano più: rimpiangevano di aver dovuto lasciare i loro regni e se ne incolpavano a vicenda; ogni giorno la casa risuonava delle loro grida, delle loro accuse. Pelle d’Angelo non sapeva che fare: sapeva che non c’era posto per lei in Paradiso, né all’Inferno, ma non resisteva più a vivere coi genitori che ormai si odiavano. Alla fine decise di provare a vivere fra gli uomini, e scese sulla terra. Gli uomini l’accolsero bene, perché era bella e gentile, ma dopo un po’ presero a guardarla con sospetto: gli uomini buoni si accorgevano che c’era in lei qualcosa di molto cattivo; gli uomini cattivi si accorgevano che c’era in lei qualcosa di molto buono. E gli uni e gli altri sentivano che era di un’altra natura, che non era una di loro. A volte gli uomini la cercavano, volevano accarezzare la sua pelle d’angelo, ma lei fuggiva, non voleva legarsi a un uomo, non voleva soffrire ancora. Poi, un giorno, incontrò un uomo dolce, che sapeva parlarle. Anche lui sembrava mezzo angelo e mezzo diavolo, e sembrava capirla. Si lasciò accarezzare da lui, e si legò a lui, ed era molto felice: le sembrava di appartenere ormai alla specie degli uomini. Ma venne un brutto giorno. Il suo uomo la stava accarezzando, e lei era felice, e guardandolo negli occhi gli disse: “Ti amo”. L’uomo la guardò negli occhi e con voce dura disse: “No, non dobbiamo amarci, non è bene per noi”. Pelle d’Angelo fuggì, corse per giorni e giorni, con la disperazione che le esplodeva nella testa. Corse e corse, finché un giorno avvertì qualcosa di strano nell’aria: le campane suonavano, l’aria era satura di profumi insoliti, gli uomini sembravano più contenti. Si avvicinò di nascosto a una casa e spiò dalla finestra: tutti si abbracciavano, con le braccia piene di doni, e gridavano: “Buon Natale! Buon Natale!” Pelle d’Angelo non sapeva cosa fosse il Natale, ma capiva che doveva essere una cosa che faceva tutti contenti. E lei era lì, al freddo, al buio, così sola, così infelice perché gli angeli non la volevano e i diavoli non la volevano, e gli uomini non la volevano e non aveva nessuno che le dicesse “Buon Natale”. Riprese a correre. Corse e corse finché giunse al mare. Quando lo vide provò una gran pace: “Ecco – disse – finalmente sono arrivata: ora non dovrò soffrire più”. Si sporse oltre la roccia e spiccò un salto. E il mare, finalmente, ebbe pietà di lei, la accolse e le diede la pace. Dal suo corpo, posato sul fondo, nacquero dei coralli, chiari e delicati come la sua pelle, e i pescatori che li trovarono li chiamarono “pelle d’angelo”. Si trovano ancora oggi: gli uomini li donano alle loro donne come pegno d’amore, in memoria di Pelle d’Angelo, che l’amore non lo conobbe mai.
(noi ci vediamo fra un paio di giorni)
barbara