Anche nel mio ultimo viaggio in Israele, come sempre, era prevista la visita a Yad Vashem. Io avevo già deciso di non entrare: l’ho già fatto una volta, con enorme sofferenza, perché una volta è giusto farlo, ma non ritenevo opportuno ripetere l’esperienza. Per fortuna, dato che nessuno di noi era in Israele per la prima volta, parecchi altri erano nella mia stessa situazione, e così si è deciso, di comune accordo, che solo un piccolo gruppo – coloro che lo desideravano – sarebbe entrato a visitare il museo mentre il grosso del gruppo, insieme alla guida, avrebbe visitato altre cose all’esterno. Nel Giardino dei Giusti
Naama, la nostra guida, ha voluto proporci anche la sua storia personale. Questa è lei con la foto dei suoi “altri nonni”, cioè coloro che hanno salvato suo padre bambino
e qui ci sta mostrando una parte – solo una parte! – del risultato di quel salvataggio.
Perché “chi salva una vita salva il mondo intero” non è un modo di dire, un motto, un proverbio: è una realtà tangibile, documentabile e quotidianamente documentata.
barbara
Hai fatto bene a non ripetere l’esperienza se non ti sentivi. Io la rifarò solo per accompagnare chi non c’è mai stato.
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quando entri e cominci a scendere, e scendi, e scendi sempre più verso l’abisso, verso l’inferno… mi mancava il respiro
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E per fortuna che noi possiamo poi risalire. Chi non è stato però dovrebbe andare.
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Non so. Cioè non mi sentirei di dire a nessuno che dovrebbe andare perché l’impatto emotivo è qualcosa che ognuno deve decidere da sé, non è come dire devi leggere quel libro perché ci sono cose che devi sapere.
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