E poi ho visto Sderot,
dove nei quindici secondi tra la sirena d’allarme e la caduta del razzo per una madre di tre o quattro bambini è materialmente impossibile portarli in salvo tutti, e deve quindi decidere chi salvare e chi condannare al rischio di essere ucciso – e lo deve decidere all’istante, perché se perde anche solo un paio di secondi non ne salva neppure uno.
E poi ho visto Sarona. Che avevo visto anche la volta prima, a dire la verità, ma proprio solo vista, dato che il signor S. C. non ci ha detto mezza parola di spiegazione, e adesso invece lo so che cos’è. Questa sorta di oasi nel cuore della supermoderna Tel Aviv,
che deriva il suo nome dalla Valle dello Sharon – anche se in realtà si tratta di una pianura – era originariamente un insediamento di Templari tedeschi,
che nel 1871 avevano acquistato da un monastero greco 60 ettari di terreno e ne avevano fatto un insediamento agricolo modello, dotato di attrezzature e metodi di coltivazione all’avanguardia. All’avvento del nazismo, una discreta percentuale di loro aderì al partito, e allo scoppio della guerra, insieme a italiani e ungheresi, furono internati dalle autorità britanniche. Nel 1962 lo stato di Israele ha nazionalizzato l’area, pagando 54 milioni di marchi agli antichi proprietari, e nel 2003 è iniziato il restauro di Sarona,
in alcuni casi spostando gli edifici
per permettere la costruzione di più ampie strade di passaggio. E lì dentro c’è anche il prato della musica: tu ti siedi su una panchina, e la panchina comincia a suonare, ogni panchina una musica diversa.
E poi ho visto Giv’ot Bar, insediamento nel cuore del deserto del Negev,
costruito da coraggiosi pionieri
nell’ambito di un progetto che tenta almeno di limitare, se non di fermare, il progressivo furto di terra da parte di gruppi di beduini che, insediandosi ovunque nel deserto (e inquinandolo pesantemente, dato che i loro insediamenti non vengono dotati di fognature, né di altre strutture indispensabili alla difesa dell’ambiente), mettono il governo israeliano di fronte al fatto compiuto (con ricca presenza dei mass media e alti lai da parte delle anime belle se il governo tenta poi di sfrattarli dalle aree illegalmente occupate).
E poi ho visto da vicino quello strafigo bestiale che è Benny Gantz.
barbara
Passi per “lo strafigo”, ma le panchine musicali, quelle vorrei vederle. Chapeau ai coraggiosi.
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Lo strafigo è strafigo (e parla un inglese eccellente e chiarissimo). Le panchine non hai altro da fare che organizzare un viaggio in Israele con me e sarai soddisfatto. Da sentire, comunque, perché a vederle sono panchine come tutte le altre. I coraggiosi direi che tutto sommato siamo noi a vederli come coraggiosi ad affrontare una vita che probabilmente non sceglieremmo mai: loro non si sentono eroi che si sacrificano per una buona causa, nel senso che non hanno affatto la sensazione di sacrificarsi: quella, per loro, è una vita perfetta, e che oltretutto dà anche grandi soddisfazioni, nel momento in cui riescono a far fiorire il deserto, un po’ come il medico che rimette in piedi il paziente moribondo, o un restauratore che riporta alla luce la bellezza nascosta, e il peso della fatica non lo sentono proprio.
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Sì, perché quando si fa con amore, la fatica è una carezza di incoraggiamento… Per forza che sono strafighi!
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Credo che tu ci abbia dato un’ idea molto chiara e semplice di come si sentono..
nella loro Israele..
E per me restano e confermano la loro grandezza superiore a molti altri popoli.
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Tutta invidia.
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Dico a te, CimPy.
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Io fischietto fingendo indifferenza.
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Abastanza. Ma tu non dirlo a Barbara, che poi se ne approfitta. …
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A proposito, andando a fare la spesa ho incrociato un bellissimo gatto nero come il carbone che ti assomigliava tantissimo, che mi ha guardata negli occhi e ho avuto come l’impressione che volesse dirmi qualcosa: non è che tu per caso…?
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“un bellissimo gatto nero come il carbone che ti assomigliava tantissimo, che mi ha guardata negli occhi e ho avuto come l’impressione che volesse dirmi qualcosa”
“…palla al centro!…”
😀
O forse anche solo “miao, c’hai mica un croccantino?”
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Croccantini no, ma ho altre cose in casa, forse possiamo metterci d’accordo.
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Allacciandomi alla prima parte del tuo post, mi sembra di vedre il film “la scelta di Sophie”…quanto e quante volte una moltitudine di Sophie dovranno fare queste scelte?
Per il resto del tuo post, le panchine musicali, sono una vera bellezza! Qui sicuramente, in Italia, non durerebbero un giorno…altra testa abbiamo.
L’unità e’ la coesione di essere un popolo con le palle!
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E pensa quando saltavano in aria un paio di autobus per settimana e le madri mandavano i figli a scuola su autobus diversi con la speranza che almeno uno arrivasse intero.
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Evvai! Approcci semi-pubblici sul blog!
Ma Ba.. e la privacy? 😀
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Croccantini (o altre cose) , e alle ortiche la privacy
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Non è questo, il mio aveva gli occhi verdissimi (sì, di altre cose ne ho tantissime: biscotti, latte, un po’ di scarti della carne, sardine, pane…)
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“verdissimi”
Ab, quello è mio cugino. Lo chiamano “Sciupapollastre“…
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Caspita! Uno strafigo. Ma non penserai mica di conquistare una tigre? Ce ne vuole… Intanto torna serio… magari seduto su una panchina di quelle con la musica…
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Tranquilla: la moglie di CimPy non legge il mio blog.
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E allora vogliamo anche il menu!
Mica solo asciutto, eh! 😉
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Vuoi anche la minestrina? Sappi che io faccio il brodo più buono del mondo, con tredici ingredienti e due segreti.
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Sì.. la minestrina dell’ospedale.. quando mai?
Anch’io la faccio buona, ma non di questa stagione!
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Vabbe’, ma riastbeef ad un povero gatto, niente?
– Poi non date la colpa a me se si è divagato: io ero partito serio anche se un po’ panchinaro.
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(Roast beef )
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Ah ecco. Ok, quando divento ricca ne riparliamo (e adesso torniamo seri)
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