ISRAELE NOVE (7)

Il vino

[NOTA: questo post è stato scritto con l’aiuto di Carla e di qualche notizia reperita in internet perché quel giorno stavo malissimo, e di tutte le spiegazioni che sono state date, la prima metà praticamente non le ho capite e la seconda metà non le ho sentite. Anche le foto sono di Carla]
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La cantina Galil Mountain Winery, presso il kibbutz Yiron in Alta Galilea, vicino al confine libanese, è stata fondata nel 2000 e produce circa un milione di bottiglie all’anno. Le caratteristiche topografiche e le condizioni climatiche di questo habitat permettono di far crescere 13 diversi vitigni.
La Galil Mountain Winery utilizza tecniche all’avanguardia, ma secondo procedimenti tradizionali per ottenere un prodotto in grado di concorrere con i migliori vini europei.
Nel corso della visita, guidata da una bellissima ragazza (no, di lei non ci sono foto, mettetevi l’anima in pace) dall’inglese fluente e chiaro, ci sono state mostrate le grandi cisterne in acciaio
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che contengono l’uva in fermentazione (la vendemmia viene effettuata dalle macchine, di notte, per evitare che il calore del giorno ne acceleri la fermentazione, influendo negativamente sul risultato finale). Siamo entrati poi in un ambiente refrigerato dove erano collocate le botti di rovere con il vino in maturazione.
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Alla visita è seguita la degustazione.
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Sono stati offerti un vino bianco e due rossi con una gradazione alta (uno dei rossi aveva circa 15 gradi). La ragazza sommelier, dopo aver stappato la prima bottiglia e versato il vino nei calici, ha suggerito di prendere il bicchiere per il gambo per non riscaldare il vino contenuto, e di muovere con vigore il calice, roteandolo, in modo da far sprigionare profumo e sapore del vino. Sul banco d’assaggio erano presenti dei cestini con dei crostini da mangiare fra un vino e l’altro, in modo da non mischiare i sapori (è stato a questo punto, al secondo assaggio, che sono stata costretta ad allontanarmi per andarmi a stendere su una poltrona fuori dalla sala, perché non ero più in grado di reggermi in piedi, e quindi, dopo un assaggio del bianco e mezzo assaggio del primo rosso, mi sono persa forzatamente il terzo, che sarà stato sicuramente il migliore e di maggiore soddisfazione). I vini israeliani, da qualche tempo – la produzione di vini di qualità non fa parte delle tradizioni storiche di Israele, ed è una novità piuttosto recente – partecipano ad importanti esposizioni anche all’estero e ottengono riconoscimenti importanti. Le bottiglie sono chiuse con il tappo in sughero come nella migliore tradizione.
Accanto alla sala di degustazione c’è il negozio
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nel quale, chi se lo poteva permettere (sono vini piuttosto cari), ha potuto fare acquisti.
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barbara