Laassùùù nellee montaagneeee… (2)
Il monastero di Nabi (o Nebi) Musa, ossia Profeta Mosè, che non si trova esattamente su un’altura in senso stretto, dato che è al di sotto del livello del mare; tuttavia il paesaggio è di tipo montagnoso, e quindi lo metto qui.
Secondo la tradizione musulmana, qui si troverebbe la tomba di Mosè (il cui luogo di sepoltura è invece, secondo la tradizione ebraica, sconosciuto; la mancata menzione, nella Bibbia, di tale luogo, è intenzionale, allo scopo di evitare che, data l’importanza del personaggio, diventasse oggetto di culto, poiché l’ebraismo non ammette che si presti culto a una persona). Tra le cose trovate in internet nel corso di alcune ricerche che ho fatto per completare le informazioni avute durante la visita, ho trovato questa chicca strepitosa che devo assolutamente farvi leggere: “According to local tradition, the Maqam (tomb) of Nabi Musa is considered to be a holy site for Muslims because it houses the grave of Prophet Moses (pbuh), one of the great prophets of Islam” (per la serie “Dio ci ha dato l’intero universo e guai a chi ce lo tocca). E ora un po’ di storia, che non fa mai male.
Il monastero di Nabi Musa è legato ai disordini dell’aprile 1920 (da domenica 4 a mercoledì 7), che coincisero con la festa di Nabi Musa, che si celebrava ogni anno la domenica di Pasqua, e in cui si radunavano molti musulmani – quell’anno furono circa 60-70.000 – per la processione religiosa
(le autorità ottomane, in tale occasione, usavano schierare migliaia di soldati, compresa l’artiglieria, allo scopo di evitare disordini nelle stradine di Gerusalemme; le autorità britanniche, nonostante le crescenti tensioni, si accontentarono di schierare 188 poliziotti). Benché Chaim Weizmann avesse avvertito che era in preparazione un pogrom, le autorità britanniche rifiutarono agli ebrei l’autorizzazione ad armarsi per potersi difendere; non solo: fecero anche ritirare le truppe da Gerusalemme. Gli assalti, a Gerusalemme ma anche in tutto il resto della regione, vennero condotti al grido di “morte agli ebrei” e “gli ebrei sono cani” (queste non le avevate ancora sentite, vero?).
A incitare gli arabi, l’immancabile Haji Amin al-Husseyni, fraterno amico di Hitler e creatore delle SS musulmane, e suo zio Musa al-Husayni (evidentemente è una caratteristica di famiglia quella di essere delinquenti di zio in nipote).
I selvaggi assalti alle persone e alle proprietà degli ebrei (con la connivenza, se non vera e propria complicità, degli inglesi) si conclusero con cinque ebrei e quattro arabi morti, e 211 ebrei e 21 arabi feriti (per chi ama confrontare i numeri e accusare gli ebrei di morire troppo poco).
(Dite che è per via dell’occupazione? Dei profughi? Dell’apartheid?)
A pogrom concluso – per la serie “oltre al danno la beffa” – su richiesta dei dirigenti arabi, le autorità britanniche effettuarono una serie di perquisizioni nelle case degli ebrei alla ricerca di armi, compresi gli appartamenti e gli uffici di Chaim Weizmann e di Vladimir Jabotinsky. Diciannove uomini furono arrestati, e Jabotinsky fu condannato per il possesso, tra l’altro, di una pistola che gli era stata confiscata il primo giorno dei disordini.
E queste sono alcune immagini del monastero, in cui si aggirano guardinghi miliardi di gatti spelacchiati e affamati, che qui non si vedono ma vi garantisco che ci sono.
barbara