ISRAELE NOVE (11)

Il relax

Trattandosi, come già ho avuto occasione di dire, di un viaggio intenso e piuttosto impegnativo dal punto di vista fisico, ci siamo concessi anche alcuni momenti di relax, tutti meritevoli di essere documentati.

Arugot, un wadi nell’oasi di En Gedi. Di foto mie qui non ne ho: il percorso per arrivarci, come vedrete fra un momento, è piuttosto faticoso e in alcuni tratti impervio, io avevo quel famigerato crampo al polpaccio e in quell’occasione ero anche rimasta senza angelo custode nonché badante (badanto?), per cui tutta la mia energia, tutto il mio impegno, tutta la mia concentrazione erano impegnati nell’impresa di andare avanti, di conseguenza userò ancora una volta quelle di Carla più due prese dalla rete per illustrare il percorso, e una presa dalla rete per la piscina naturale con cascata che abbiamo trovato all’arrivo. Il fatto è che siamo arrivati tutti talmente sfiniti e accaldati che abbiamo pensato solo a spogliarci e buttarci in acqua il più presto possibile, e di foto ne sono state fatte pochissime (io a dire il vero me ne ero fatte fare tre, fra cui una stesa sul ghiaino nell’acqua bassissima vicino alla cascata – così, tanto per intenderci – che doveva essere bellissima, dall’unica persona che aveva ancora le mani asciutte, ma non sono venute). C’è stata un’unica persona che ha scattato alcune foto di quello spettacolo, e me le aveva mandate, ma in seguito alla nota polemica con tanto di minaccia di querele e frignamenti e alti lai e falli vari misti per via di una persona meravigliosa il cui operato avevo un tantino preso per il sedere, mi è stato intimato di togliere quelle già postate in precedenza e quindi suppongo che il divieto valga anche per tutte le situazioni future e quindi niente, vi accontenterete della rete, e amen.
Arugot 1-c1
Arugot 2
Arugot 3-c2
Arugot 4-c3
Arugot 5-c4
Arugot 6-c5
Arugot 7-c6
Arugot 8
Arugot 9

Anche nei pressi del Kinneret, o Mare di Galilea o lago di Tiberiade si trova una piscina naturale di acqua limpidissima e fresca formata da una cascata (qui parzialmente coperta da uno strano ectoplasma che non si sa come sia finito lì).
piscina 1
Dietro la cascata c’è una piccola grotta
piscina 2
in cui è possibile sedersi e godere della frescura portata dall’acqua, in perfetto isolamento. Peccato solo che a pochi metri da lì si fosse accampata una banda di arabi con stereo a tutto volume e resti di cibo e spazzatura di ogni genere sparsa tutto intorno (“Preparatevi – ha detto la guida – che presto sarà così anche da voi”).

Sachne sarebbe questa cosa qui,
Sache 1
che non era in programma, è stata un’idea della guida di aggiungerla all’ultimo momento, dato che aveva il biglietto per tre ingressi ai parchi nazionali e ne avevamo utilizzati solo due, ma non è qui che siamo andati: la guida aveva trovato in internet che chiudeva alle cinque del pomeriggio e l’ingresso era consentito fino alle quattro, ma quando siamo arrivati, alle tre e dieci, gli hanno detto che era troppo tardi e l’ingresso non era più consentito, che uno si aspetterebbe che queste cose succedano solo in Italia e invece no, succedono anche in Israele, pensa un po’. Lui si è piantato lì come un mastino, ha fatto il diavolo a quattro ma niente da fare, non ci hanno fatti entrare. Così ci ha portati un po’ più in là, in una zona più o meno come questa,

Sachne 3
dove ci siamo cambiati più o meno all’aria aperta e ci siamo immediatamente buttati in acqua. Qui foto niente, da nessuno, perché buttarsi in acqua era proprio un’urgenza improrogabile.

E naturalmente non poteva mancare il mar Morto. Di foto non ne ho fatte avendone già pubblicate in abbondanza in occasione del secondo viaggio qui. Quindi vi metto solo questa,
2 mar Morto (c)
in cui sono vicino al nostro capogruppo in procinto di schiattare per tenere dentro la pancia, perché la pancia al naturale è roba da eclissi quasi totale, come si può ammirare qui.
pancia (c)
In acqua (spettacolarmente calda, praticamente pronta da buttare la pasta, proprio come piace a me) in realtà sono riuscita a restare pochissimo perché l’acqua salata mi provocava un tremendo dolore alle emorroidi (sì, lo so, non fa fine, ma i fatti sono fatti, abbiate pazienza): non bruciore per via del sale, proprio un dolore insopportabile, che nelle occasioni precedenti non mi era mai capitato di provare. Boh. A una compagna di viaggio invece – che naturalmente non nomino, e speriamo che non ci sia qualcuno che anche senza nominarla la riconosca lo stesso e mi mandi qualcun altro a minacciare querele e inondarmi di frignamenti e alti lai e falli vari misti – bruciava la jolanda, ma a quanto pare non proprio tanto tanto, visto che è riuscita a restarci più di me.

Poi l’ultimo giorno, a Tel Aviv, si è fatto anche un tuffo nel Mediterraneo, ed è stato bellissimo, ma dopo le perle precedentemente descritte appare fin quasi banale, tanto da non meritare una trattazione a parte.

barbara