Prevedendo che a Milano farà sicuramente più freddo che qui, dove finora ho sempre portato scarpe aperte, mi metto un paio di scarponcini, che non mettevo da un anno. Esco di casa, mi avvio verso la stazione, e ho la sensazione di avere una camminata u po’ strana, ma non riesco a capire in che cosa consista la stranezza. Ad un certo momento sento una rotella del trolley che inciampa in qualcosa che non avevo visto prima davanti a me; mi giro e vedo di che cosa si tratta: un pezzo di suola. Di lì a poco parte un tacco. Dopo un po’ l’altro tacco. Poi un altro pezzo di suola… Tra l’altro i calcagni, protetti unicamente dal sottile feltro dell’imbottitura, si trovavano due centimetri buoni più in basso del resto del piede, per cui camminando avevo la sensazione di sprofondare, mentre la parte antero-laterale della suola destra garriva allegramente al vento.
Per fortuna un paio di settimane fa ho comprato un paio di pantofoline da casa con la suoletta di gomma, e siccome pesano un etto meno delle ciabatte, e io cerco sempre di viaggiare il più leggera possibile, quando mi muovo mi porto sempre via quelle e a Bologna sono andata in bagno, che quelli della nuova stazione sotterranea dove viaggiano le Frecce sono belli spaziosi quanto basta da poter stendere una valigia per terra e aprirla, e mi sono messa quelle (carine carine, di stoffa nera con tante stelline tutte luccicanti…). Gli scarponcini, prima di infilarli nel cestino, li ho guardati: i due pezzi di suola residui erano praticamente come hamburger, che a guardarli sono dischi compatti, ma se provi a metterci le mani ti si sbriciolano tra le dita.
E con le mie pantofoline da casa sono arrivata a Milano, ci ho girato tutto ieri, e oggi sono tornata a casa.
Fischia il vento, infuria la bufera,
scarpe rotte eppur bisogna andar.
barbara