EVVIVA EVVIVA, HANNO VINTO I RIFORMISTI

I moderati. Quelli buoni insomma.

C’è “un’atmosfera nuova” in Iran, una brezza di novità che parte da Teheran e si espande, seppur con meno forza, nelle altre province. Il senso politico è chiaro: i moderati e i riformisti hanno vinto le elezioni in Iran (La Repubblica)
L’Iran premia la politica di apertura del presidente Hassan Rohani, autore dell’accordo sul nucleare che ha portato alla fine delle sanzioni. Alle elezioni legislative i conservatori arretrano ovunque, i riformisti avanzano in tutte le città, superano gli avversari (skyTG24)
Trionfo dei riformisti alle elezioni in Iran. (tgcom24)
Gioiscono i riformisti e i moderati d’Iran: i risultati parziali delle elezioni per rinnovare il Parlamento e l’Assemblea degli Esperti mostrano un crescente sostegno delle liste legate al presidente, il moderato Hassan Rohani, il che dovrebbe contribuire a promuovere una maggiore apertura dell’Iran verso l’Occidente. (Huffington post)
Elezioni in Iran, i riformisti stravincono a Teheran. Rohani: “Creata nuova atmosfera” (ansa)

Eccetera. E dunque dobbiamo fare tutti festa, giusto? Come quando ha vinto il moderato Khatami, ve lo ricordate?
Khatami
Con quel suo viso rassicurante da zio buono, forse a volte un po’ severo ma tanto tanto affettuoso.
torture Khatami
E così come quando, dopo gli anni bui del folle criminale invasato Ahmadinejad è arrivato il nuovo moderato Rouhani, anche lui così rassicurante con quel suo bel sorriso aperto…
Rouhani
Sì, lo so, lo so, adesso arriveranno i soliti guastafeste a tentare di smorzare il nostro entusiasmo raccontandoci che il presidente in realtà è una marionetta scelta e messa lì dalla guida spirituale ayatollah Khamenei. Ci racconteranno che a nessuno dei riformisti veri è stato consentito di presentarsi alle elezioni. Ci racconteranno che qualcuno è stato addirittura messo in isolamento. Che i blogger vengono incarcerati e lasciati senza cure mediche. Che gli attivisti per i diritti umani vengono frustati e sbattuti in galera. Che i giornalisti scompaiono. Che sotto il moderato Rouhani il numero delle esecuzioni capitali ha raggiunto vertici mai raggiunti nella storia recente dell’Iran. Di tutto ci racconteranno, ma noi non ci lasceremo mica spaventare, vero? No no, oggi è un grande giorno, la luce ha vinto contro le tenebre e noi faremo festa grande, ecco.

E io nel frattempo vorrei tanto sapere che cosa ne è stato di “Lilit”, di cui da anni non sappiamo più niente. Ti prego, Lilit, se sei viva, se sei libera, se hai modo di collegarti a internet, se passi di qui, dacci tue notizie!

barbara

AGGIORNAMENTO PERSONALE

Tappeto del bagno sopra le piastrelle lisce. Sgabello sopra il tappeto che sta sopra le piastrelle lisce. Io sopra lo sgabello che sta sopra il tappeto che sta sopra le piastrelle lisce. Poi ho fatto un movimento, lo sgabello, essendo posato sul tappeto che è posato sopra le piastrelle lisce, si è spostato spostando il tappeto che è scivolato sopra le piastrelle lisce e io ho perso l’equilibro e sono caduta all’indietro, incastrata tra water bidè vasca da bagno mobiletto altro mobiletto. Bilancio: tutte e due le spalle, una clavicola, un braccio, una mano, una chiappa, un piede, un ginocchio una caviglia più uno squarcio a una gamba dove uno spigolo dello sgabello mi è entrato nella carne. Ah, e poi ho disintegrato il meccanismo della bilancia, che adesso si ostina a raccontarmi che peso quarantaquattro chili e mezzo (tutti ordinatamente in fila per sei con resto di due e mezzo). Ma se becco quel maledetto gattaccio nero che mi ha fatto il malocchio, guarda…

(Consapevole, tuttavia, che fra le persone che leggono questo blog ce ne sono almeno un paio che di incidenti come questo metterebbero la firma per poterne avere uno al giorno, non mi ritengo in diritto di lamentarmi più di tanto)

 barbara

QUELLA FACCENDA DELLA FEDELTÀ

No, sul serio, voi l’avete capita? Cioè, dice che il nuovo tipo di unioni che sta per essere messo in vendita è discriminatorio perché non prevede l’obbligo della fedeltà. Ora, cominciamo: quante coppie regolarmente sposate in chiesa o in comune conoscete, in cui sareste pronti a mettere la mano sul fuoco per la fedeltà di entrambi? E quante persone sposate conoscete che, dopo avere promesso la fedeltà perché fa parte del rituale, se ne sono sentite esenti fin dal primo giorno? Io ne conosco che si sono sposati con gli appuntamenti con le amanti già fissati per il ritorno dal viaggio di nozze, per dire. E quelli che sono fedeli, lo sono perché sono convinti che non ci sia altra condotta di vita possibile, perché quando amano una persona non provano desideri e tentazioni nei confronti di altre, o perché sta scritto su un pezzo di carta che lo devono fare? Qualcuno ha scritto che non si tratta della mera fedeltà sessuale, bensì del dovere della reciproca assistenza, e qui cadiamo dalla padella alla brace: se io mi ammalo, o resto invalida, temporaneamente o stabilmente, e mi rendo conto che mio marito mi assiste solo perché è obbligato a farlo, sai che depressione. Ma questi sono tutti dettagli secondari; il punto basilare è: se io sono infedele a mio marito, se mio marito è infedele a me, il matrimonio viene forse meno? Cessa di esistere? Si annulla come i matrimoni non consumati? La risposta è no, naturalmente. Può essere una legittima causa di divorzio per colpa se io lo chiedo e se sono in grado di dimostrare che l’infedeltà c’è stata e che è quella a rendermi inaccettabile la convivenza con quella persona, ma non rende invalido il matrimonio. Quindi, riepilogando in due parole: il matrimonio spurio non prevede l’obbligo della fedeltà; il matrimonio normale prevede l’obbligo della fedeltà ma se quella non c’è il matrimonio resta valido lo stesso. E dunque? Capirei se nel matrimonio spurio ci fosse, al contrario, l’obbligo dell’infedeltà e dei poveri disgraziati vecchi sciancati incartapecoriti tremolanti come gelatine che si fanno schifo da soli a guardarsi allo specchio a dover pagare qualche morto di fame perché li faccia uscire d’obbligo, ma così? Dove sta il problema? Gente che passa la vita a strepitare di diritti e diritti e ancora diritti e adesso strepitano perché gli appioppano un dovere in meno? Viene da chiedersi se aspirino al Guinness della cialtroneria, questi qua.
Che poi – piccola nota a margine – capisco che le coppie omosessuali sentano il bisogno di una qualche forma di riconoscimento (anche se per quasi tutto sarebbe più che sufficiente un notaio), ma le cosiddette coppie di fatto? Si rendono conto che “riconoscimento delle coppie di fatto” è un mastodontico ossimoro? Si rendono conto che una cosa – qualsiasi cosa – formalmente e burocraticamente riconosciuta non è più “di fatto” bensì “di diritto”? Cioè, non si vogliono sposare ma vogliono, non solo dal punto di vista sociale ma anche formale e legale e burocratico, essere considerati come se fossero sposati. Che gran teste mentulose.

barbara

IL GIUSTO CHE NON CONOSCEVAMO

Proprio allora, quando l’inferno si approssimava. Proprio allora quando tutte le porte, una dopo l’altra, si chiudevano in faccia alla speranza di scampare alla tragedia ormai imminente. Proprio allora, quando la Svizzera chiedeva al governo tedesco di stampigliare una J per Jude sui passaporti degli ebrei in modo da poter riconoscere subito chi doveva essere respinto e gli Stati Uniti rifiutavano di aderire persino a quella minima opera umanitaria messa in atto dalla Gran Bretagna, ossia l’accoglienza di un certo numero di bambini da strappare alle fauci naziste (con la strepitosa argomentazione che… sarebbe stato crudele separare dei bambini dai genitori). Proprio allora accadde che una porta, inaspettatamente, si aprì: quella delle Filippine, per mano del loro presidente Manuel Quezon.

Poiché a quest’uomo generoso non poteva essere decretato il titolo di “Giusto fra le nazioni”, spettante unicamente a chi, per salvare ebrei, ha messo a repentaglio la proprio vita, e d’altra parte Israele non poteva ignorare il debito di riconoscenza che aveva verso quest’uomo e verso la sua nazione, è stata infine decisa la creazione di un monumento a Rishon LeZion, chiamato Open doors:
Israel-Open-Doors-Monument
tre porte spalancate, come ci spiega Giorgio Bernardelli, di dimensioni tra loro diverse. Tre porte che in un gioco di forme geometriche intrecciate, vanno a comporre tanto il triangolo della bandiera filippina quanto la stella di Davide della bandiera israeliana.

barbara

POSSO DIRE FACCE COME IL CULO?

L’anno scorso – ero qui da poco – un giorno sento suonare alla porta dell’appartamento. Chiedo chi è, non capisco la risposta ma la voce mi sembra rassicurante, così apro. È il prete, “Sono qui per la benedizione – dice – se vuole”. Mi soffermo a riflettere che prima, quando in Italia c’erano solo – tutti con rappresentanze modeste e modestissime, per carità – ebrei anglicani luterani avventisti del settimo giorno testimoni di Geova mormoni arancioni hare krishna scientology scintoisti induisti buddisti e forse qualcos’altro che al momento mi sfugge, a nessuno veniva in mente se lo si voleva; adesso c’è una religione in più e si chiede. Vabbè. Il tipo comunque è educato e garbato; educatamente gli dico che no, non voglio, educatamente alza le mani come per scusarsi di avermi disturbata inutilmente e si gira per suonare il campanello della porta di fronte.
Oggi sto parlando in cuffia su skype quando mi sembra di sentire il campanello di giù. Vado al citofono, chiedo tre volte chi è, non risponde nessuno e torno qui a riprendere la conversazione. Dopo un paio di minuti, scampanellata da qui. Capisco allora che la persona, per non rischiare di dover perdere dieci o magari anche quindici secondi suonando un campanello alla volta e rischiando che nell’appartamento scelto non ci fosse nessuno in casa, li aveva suonati tutti insieme; al primo arrivato ha risposto, tutti gli altri sono stati lì a chiedere chi è a vuoto come tanti imbecilli. Vabbè, vado alla porta e prima di aprire chiedo chi è. “Il prete!” strepita. “Aspetta!” ? Aspetta?! No, fammi capire, mi vieni a rompere le palle in casa mia, mi fai alzare due volte, e hai anche la faccia come il culo di venirmi a intimare di aspettare?!?! Apro la porta e lo vedo che sta infatti entrando nell’appartamento di fronte: anche nei pianerottoli evidentemente usa lo stesso sistema: suona tutti i campanelli, entra dal primo che apre e gli altri si fottano (posso dire che era vistosamente africano o passo per razzista? Posso dire che tra preti crucchi in Alto Adige e preti italiani dalle altre parti, cioè in entrambi i casi europei, non mi era mai capitato di incontrare una simile sfacciataggine, una simile cafoneria?).

barbara

UNA VITA SPEZZATA, UNA STORIA DA RACCONTARE

Tuvia Weissman
Mi trovavo in un supermercato, non di quelli grandi che ci sono ora. Diciamo un piccolo market con tutto il necessario. Soprattutto il necessario per lo Shabbat: riso, bamie, fagioli per fare del buon hummus fresco. Da oltre lo scaffale una voce di donna mi chiama e mi chiede se ho già preso il lievito. È una voce bella, bellissima, ma anche un po’ accusatoria. È la voce di mia moglie, che da quando abbiamo avuto nostro figlio ha riposto gran parte del suo amore su di lui, mentre le critiche le lascia a me.
A proposito, mio figlio è in braccio a lei.
Il lievito in realtà l’ho preso, ma fingo di non averlo ancora fatto così che mi possa rimproverare. A lei piace. E a me piace ciò che piace a lei.
Così ci incamminiamo, paralleli, su due corsie differenti, divisi solo da latte a lunga conservazione, biscotti e tè dai profumi più impensabili io – e saponi, detergenti per la casa, lamette lei.
E quando finisce lo scaffale, ci re-incontriamo, noi tre.
Io con gran parte della spesa, lei con in braccio nostro figlio. Che come al solito mi guarda sorpreso (abbiamo fatto questo gioco ormai decine di volte e mi viene il dubbio che faccia finta di divertirsi solo per far felice me). Poi però stavolta alza subito lo sguardo: ho capito che dietro di me c’è qualcosa che lo ha attirato tantissimo, ma non mi volto perché mentre lui guarda incantato, la mia magia è guardare nei suoi occhi.
E così, forse, diventa tutto più semplice.
Così non mi accorgo che da dietro e dal fianco mi stanno pugnalando, una, due, tre volte… ne conteranno diverse alla fine, all’obitorio.
Sui pochi giornali che ne parleranno, racconteranno che avevano solo 14 anni. Io non lo so, non li ho visti in faccia. Stavo guardando mia moglie e mio figlio: la mia vita.
E così sono morto ieri, a 21 anni.
Tuvia colpito
Grazie a J. Blanga
(ispirato liberamente e dedicato alla memoria di Tuvia Weissman Z”L, accoltellato a morte ieri in Cisgiordania*)

19 feb 2016, 15:53 (qui)

*il cui vero nome è Giudea-Samaria [nota di barbara]

barbara