AGGIORNAMENTO FRONTE DOMESTICO

Che sarebbe questo qui (con ulteriori informazioni nei commenti).
Alle cose dette lì va aggiunto il letto, che dopo essere stato rifatto da lei deve essere interamente rifatto, perché il lenzuolo da una parte tocca terra e dall’altra arriva a malapena al bordo del letto, mentre la coperta dalla testa è ripiegata di 40-50 centimetri e dai piedi non arriva neppure a poter essere girata sotto il materasso. E il tappeto di fianco al letto: ovviamente, dato che serve per metterci sopra i piedi, dovrebbe stare FUORI dal letto. Ebbene, lei lo trova fuori e lo spinge sotto almeno per metà; io lo tiro fuori e lei la volta dopo lo rispinge sotto e io lo ritiro fuori e lei lo… Così.
E le piante: me le ha annegate. Fin dall’inizio, di sua iniziativa, le ha sempre bagnate lei. Un giorno volevo spostarne una e ho fatto una ricca doccia ai piedi: il portavaso era pieno d’acqua fino all’orlo, e così tutti gli altri. L’ho svuotato, e il giorno dopo era di nuovo pieno per parecchi centimetri, dell’acqua che la pianta aveva nel frattempo pisciato giù. Una bellissima che avevo in sala, di tipo arborescente col fusto legnoso, ad un certo punto ha cominciato ad afflosciarsi. Lei sosteneva che bisognava cambiare il vaso mentre il vaso andava benissimo perché era sempre stata lì. Quando si è afflosciata del tutto, morta defunta, ho tagliato a pezzi i rami per buttarli nell’umido, e mi si è riempita la mano di acqua: era morta annegata.
E il fornello: quando sono arrivata qui aveva circa un anno di vita ed era perfetto; quasi subito ha cominciato a riempirsi di chiazze opache, che adesso finalmente ho capito essere dovute a forte sfregamento con spugne abrasive, e l’altra settimana mi sono accorta che è tutto graffiato.
E il tavolo del computer. Siccome non bevo niente né bollente né ghiacciato, una sera mi sono portata qui la tazzina del caffè appena fatto. Quando l’ho presa per riportarla in cucina ho visto che era rimasta una macchia di caffè, ma siccome lei doveva venire il giorno dopo non mi sono preoccupata di pulire. Il giorno dopo, quando lei è andata via, la macchia era ancora qui, e così mi è venuta la curiosità di vedere quanto ci avrebbe messo prima di pulirla. Da quella sera sono passati tre mesi e mezzo: la macchia di caffè è sempre qui.
E il tappeto della sala. Un giorno mi cade qualcosa per terra, metto giù la mano per raccoglierla e sento granellini di ogni sorta, terra, di tutto: in otto mesi, mi sono resa conto, non era mai stato passato con l’aspirapolvere. E quando la volta dopo le ho detto di passarlo che era tanto sporco, ha detto va bene, senza la minima sorpresa per il fatto che fosse molto sporco: evidentemente era vero che, come avevo pensato, non lo aveva mai pulito perché non le era neanche passato per la testa che fosse una cosa da fare.
E i quadri, che a guardarli con la luce giusta si vedono pieni delle strisce lasciate dalle frettolose passate con lo straccio bagnato.
E poi gli orari. Avevamo stabilito che avrebbe fatto dalle tre alle sei. Ad un certo punto ha cominciato ad andarsene cinque minuti prima. Poi dieci. Poi quindici. Poi venti. Poi c’è stata la volta che sono uscita e sono rientrata alle cinque e quaranta, e lei era già andata via. E poi mezz’ora. La settimana scorsa quando, per la terza volta, alle cinque e mezza ha detto ci vediamo la settimana prossima, ho ostentatamente guardato l’orologio e poi ho detto: sì, ma se lei mi fa due ore e mezza non posso mica pagargliene tre. Ah no no, certo, ha detto lei. Ieri sera mi ha telefonato, con voce incerta e tono imbarazzato. Mio marito ha detto che non devo più lavorare mattina e pomeriggio, dice. Ha detto che è troppo, non sono mai a casa, adesso devo lavorare solo la mattina. Domani mattina sono dalla signora di sotto e a mezzogiorno quando finisco le porto le chiavi e anche il numero di una mia amica che può venire al posto mio. Evidentemente si è sentita offesa nel suo onore; e io che non ne potevo più di avere per casa un simile impiastro che solo a vederla navigare per il corridoio con la sua stazza da portaerei a una media di sei sette metri all’ora mi veniva mal di stomaco ma non sapevo che scusa inventarmi per mandarla via, ho tirato un tale respiro di sollievo, ma un tale respiro di sollievo, che neanche ve lo immaginate (mi ha portato anche il numero di telefono della sua amica da far venire al posto suo: e me lo immagino cosa deve essere una raccomandata da lei. Io comunque dodici ore dopo la sua telefonata ne avevo già trovata un’altra, che è sicuramente molto migliore, e finalmente i mal di stomaco sono finiti).

barbara