Una risposta

  1. Quella foto, con QUELLO specchio, è la più significativa per ricordarcelo..
    Hineni: mai testo di una canzone ha rappresentato la sintesi di un credo come You want it darker. Per tutti quelli che “Dio con noi”..
    Moltissimo, sì!

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    • Sulla questione poesia non sono molto d’accordo: la poesia, se è davvero tale, è per definizione autosufficiente, e non vuole “completamenti”. Se viene musicata, smette di essere poesia e diventa un’altra cosa.
      L’articolo lo leggerò, grazie.

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      • Torno ora da Torino (riunione di lavoro). Leonard Cohen a palla sia all’andata che al ritorno.
        Ma guarda che lui si considerava un poeta, non un musicista: ha iniziato a scrivere canzoni per sbarcare il lunario, perché come scrittore faceva la fame. Ha scritto molte più poesie che canzoni, e almeno due romanzi, uno dei quali, “beautiful losers”, l’ho scaricato oggi stesso (se vuoi ti spedisco l’epub, puoi leggerlo anche sul PC).
        Per quello dico che il Nobel per la letteratura lo meritava lui (quanto alla musica, per me, nessuno è più bravo di Tom Waits).

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        • Ah, ok, se ti riferisci solo alle poesie vere, non musicate, allora siamo d’accordo.
          Un libro intero in inglese non credo di farcela a leggerlo: non ho grossi problemi di comprensione, ma lo leggo parecchio più lentamente dell’italiano.

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  2. Nonostante l’odio antiebraico (e contro le religioni in generale che non siano islam o ateismo radicale – nel secondo specifico radicale) la canzone ‘halleluja’ era apprezzata da tutti.

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  3. Barbara, mi scuserai, ma non posso fare a meno di copiarti qui un pezzo su Leonard Cohen di Francesco Lotoro.
    Potresti averlo già letto, ma io vorrei essere certa che tu e gli amici del blog non ve lo perdiate. Ho ragione?

    Come raggi infrarossi. Tributo a Leonard Cohen zl
    Succede sempre così; cresciamo in età e idee, foraggiamo il nostro immaginario personale e collettivo con canzoni che il tempo trasforma in autentica colonna sonora della nostra vita, ebraica e non.
    Dal fischiettare le loro Songs sotto la doccia a lottare per ideali in cui crediamo sino a commuoverci perché le nostre corde nel profondo dell’animo stanno vibrando come quelle di un ancestrale liuto; da Blowin’ in the wind del recente premio Nobel Robert Allen Zimmerman alias Bob Dylan allo struggente Avinu Malkeinu di Max Janowski interpretato da Barbra Streisand sino a Suzanne del poeta, compositore e cantautore ebreo canadese Leonard Norman Cohen che oggi ci ha lasciati.
    Figlio di ebrei polacchi e lituani immigrati a Montreal, Cohen ci ha consegnato non soltanto alcune tra le più belle canzoni del secolo scorso (dalla mitica So Long Marianne a Sisters of Mercy) ma altresì un vasto immaginario fatto di quell’America molto “europea” figlia dell’immigrazione ebraica a cavallo tra Ottocento e Novecento, di quell’inestinguibile odore di Varsavia e Vilnius ebraica mescolato a birra irlandese e challà dei forni di Brooklyn al venerdì mattina, di quella voce baritonale roca, antica, da vecchio leone della savana che nei nostri pensieri musicali più remoti si mescola a quella di Barry White e Paolo Conte.
    Come raggi infrarossi (non luminosi ma calorifici), l’effetto timbrico della sua voce era fuoco rassicurante di un camino, un morbido impasto di poeta che declama se stesso e più esattamente non canta ma, novello trovatore, sussurra le sue Songs perché altri possano cantarle.
    Alzi la mano chi non ha sorriso divertito quando ha ascoltato la sua popolarissima canzone Hallelujah nel cartoon Shreck quando l’orco torna nella capanna mentre la sua amata Fiona sta andando in sposa al cinico Farquaad.
    Anche per Cohen che negli anni ’70 abbracciò pienamente il buddismo facendosi persino monaco buddista, accadde che la turbolenza creativa facesse talora a pugni con le radici ebraiche (se è per questo, nel 1978 Dylan si convertì al cristianesimo); ma il background ebraico è inalterabile, inattaccabile e in cuor suo Cohen non si è mai realmente allontanato dall’ebraismo (osservava lo Shabbath, cantò nel 1973 per le truppe israeliane impegnate nella Guerra del Kippur).
    Semplicemente, da grande cantante e poeta, reinterpretò in chiave mistico–buddista il suo essere ebreo.
    Ci mancherà quel sorriso smaliziato, quel suo Borsalino sottomisura che indossava in quasi tutti i suoi concerti e che all’italiano ricordava il giovane Francesco De Gregori mentre cantava Titanic.
    Come Barbra Streisand, Paul Simon e Bob Dylan, Leonard Cohen ha disegnato la mappa ebraica della canzone impegnata del Novecento; a prescindere da gusti e idee personali, avvertiremo ben presto nel firmamento della poetica musicale contemporanea il vuoto che ci lascia uno come lui.
    Francesco Lotoro

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  4. Ragazze! Voi…avete scritto diverse cose di Leonard Coehn…Alcune sue cose..brani li ho
    conosciuti cantati da altri. Ha affrontato temi non facili.Ci lascia un vuoto non facile da colmare…
    Credo che sia stato molto lontano..da certe immagini che sanno molto di esteriorità..da divo.
    La sua Hallelujah viene cantata anche in concerti nelle chiese.
    E..se vogliamo possiamo andare sù youtube..PC dove possiamo trovare diverse sue cose..
    Nei normali negozi non facili da reperire.

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