DUE SPLENDIDI DESTINI

Che a me, a dire la verità, piace molto di più il titolo originale: La perla che ha rotto il suo guscio, sicuramente molto più realistico, perché parlare di destino splendido per una donna in Afghanistan, mi sembra davvero un po’ azzardato. È comunque un destino singolare quello di Rahima: è consuetudine, in Afghanistan, che se in una famiglia non ci sono figli maschi, la figlia più piccola si vesta da maschio e faccia tutto quello che fanno i maschi, ossia godere di una libertà che le femmine non possono neppure intravvedere. Ed è questo appunto il caso di Rahima, che ha il privilegio di poter godere di questa meravigliosa libertà… fino al momento della pubertà: poi, naturalmente, deve tornare a fare la femmina, coperta, silenziosa, chiusa in casa, obbediente. Soprattutto obbediente. Anche quando, ancora quasi bambina, le viene imposto il matrimonio – perché l’oppio costa, e suo padre non può farne a meno, e quindi non gli resta che vendere la figlia a un marito ricco (e mi ritorna in mente il tema di Leyla).
Il guscio delle perle è duro, come ben sa chiunque abbia provato a rompere con la forza un guscio chiuso, ma l’avere assaporato per qualche anno il divino gusto della libertà (compresa quella, fondamentale, di studiare), e l’esempio di una bisnonna molto speciale, le daranno la determinazione e l’energia necessarie a tentare l’impresa di infrangere le catene di quella schiavitù che sembra destino ineluttabile di ogni donna in quella infelice parte del mondo.
L’autrice è stata paragonata a Khaled Hosseini, autore di Il cacciatore di aquiloni, Mille splendidi soli e E l’eco rispose: direi che il paragone ci sta tutto, per l’ambientazione, per la forza narrativa, per il coinvolgimento che riesce a creare. Da leggere tutto d’un fiato.

Nadia Hashimi, Due splendidi destini, Piemme
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barbara