GRAZIE A DEI CHIRURGHI ISRAELIANI
Sedici bambini palestinesi affetti da sordità hanno potuto udire per la prima volta dopo un intervento chirurgico all’ospedale Hadassah Ein Kerem a Gerusalemme, hanno informato sabato degli organi di informazione israeliani.
Gli interventi, conosciuti come chirurgia dell’impianto cocleare, sono stati effettuati da alcuni medici nel corso degli ultimi mesi, riferisce il quotidiano israeliano Ynet.
La dottoressa Michal Kaufmann, che ha praticato gli interventi, ha dichiarato a Ynet che eseguire gli interventi è stato molto difficile a causa di “carenze logistiche”.
“Il ministero della Difesa ha richiesto molte autorizzazioni”, ha dichiarato, aggiungendo che “alcuni bambini sono arrivati senza cartella clinica e hanno dovuto essere sottoposti a vari esami sul posto”.
L’operazione consiste nell’introdurre un piccolo apparecchio elettronico inserito direttamente nel nervo uditivo cocleare nell’orecchio per stimolare il senso dell’udito, con l’aiuto di un microfono esterno in modo da trasferire poi i suoni nella parte interna dell’apparecchio permettendo al paziente di udire, spiega il dottor John Hopkins dell’ospedale Hadassah.
Benché il dispositivo non restituisca completamente la capacità uditiva, i pazienti sottoposti all’intervento sono finalmente in grado di recuperare la capacità di distinguere i suoni con l’aiuto di una terapia costante.
Le operazioni sono state condotte nel quadro di un programma del Centro della Pace Peres, fondato dal defunto presidente israeliano Shimon Peres, per i bambini palestinesi di Cisgiordania [Giudea e Samaria] e della striscia di Gaza.
Kaufmann ha definito il programma del Centro della Pace Peres “un progetto strepitoso” perché “offre a questi bambini l’occasione di uscire dal loro mondo di silenzio e di vivere normalmente e pienamente la loro vita.
“Questi bambini non potevano parlare prima dell’intervento, erano privi di qualunque sostegno. La chirurgia ha aperto il loro mondo, la capacità di comunicare e di prendere il volo… Noi siamo orgogliosi di avere potuto contribuire a un tale cambiamento nelle loro vite” ha concluso. (qui, traduzione mia)
Come lo vogliamo chiamare? Razzismo ebraico? Apartheid israeliana? Scene da un genocidio? Fate un po’ voi: non c’è che l’imbarazzo della scelta.
barbara