WILDERS, HAI SBAGLIATO TUTTO!

Geert Wilders dovrebbe rassegnarsi. La sua unica speranza di venir preso sul serio anziché venir liquidato come un nazista, xenofobo e islamofobo, non è vincere le elezioni, ma farsi ammazzare.
Invece niente. Ieri, all’uscita dalle urne, ripeteva «di sperare d’essere uno dei vincitori di questo voto». Ormai s’è convinto. «Maggiore sarà l’affluenza dice – maggiore sarà la possibilità di diventare primo ministro». È addirittura persuaso d’avere un seguito. «Abbiamo lasciato il nostro segno ripete – alle elezioni tutti parlano dei nostri temi». Non sa di star sprecando le sue chances. La migliore l’ha buttata alle ortiche il 10 novembre 2004. Quel giorno tre amichetti di Mohammed Bouyeri, il buontempone che una settimana prima aveva sgozzato nel centro di Amsterdam Theo Van Gogh, regista di «Submission», erano pronti a liquidare a colpi di granate lui e Ayaan Hirsi Ali, protagonista del filmaccio.
Era un’occasione d’oro. Geert Wilders poteva diventare un martire e venir finalmente preso sul serio. Invece no, preferì sopravvivere e dribblare altre irripetibili occasioni. Nel 2010, ad esempio il predicatore islamista Feiz Mohammed, animatore di una rispettabilissima chat islamista, invita dall’Australia a «mozzargli la testa» per «aver denigrato l’Islam». Subito dopo le occasioni si moltiplicano. Inspire, raffinata rivista di Al Qaida, inserisce Wilders in una lista nera con la solita Ayaan Hirsi Ali, Salman Rushdie, il vignettista danese Kurt Westergaard e Stéphane Charbonnier, il vignettista di Charlie Hebdo. Ma lui niente. Invece di offrire il collo continua a professarsi liberale ripetendo di avercela «non con i musulmani, ma con l’Islam» perché «Islam e libertà sono incompatibili». Certo farsi decapitare è seccante, ma per il quieto vivere qualche sacrificio bisogna pur farlo. Wilders, invece, s’incaponisce a vivere sotto scorta, a cambiar letto tutte le sere e ad indossare il giubbotto antiproiettile ogni volta che esce. E nonostante queste comodità continua le sue litanie. «È in gioco il nostro futuro perché – ha detto nell’ultimo dibattito Tv – l’Islam è una minaccia per l’Olanda». Ma che sarà mai? Han sgozzato l’insopportabile Theo Van Gogh e tentato di far fuori lui e la sua amichetta Hirsi Ali, ma in fondo non ci son neppure riusciti. Quindi perché prenderla sul personale? Perché biasimare Maometto definendolo «un signore della guerra e un pedofilo uno che al giorno d’oggi sarebbe ricercato come terrorista». Che scarsa sensibilità. Che mancanza di sportività.
E poi perché mai intignare anche contro la provvidenziale Unione Europea? «Se vinco ripeteva ieri – farò un referendum (contro l’Ue) perché abbiamo dato il nostro denaro a Paesi stranieri. Dobbiamo restituire l’Olanda agli olandesi». Quanto personalismo, quanto disdicevole risentimento personale. Si sarà mica offeso perché nel febbraio 2009 Jacqui Smith, allora segretario agli Interni inglese, usò l’articolo 19 della legge europea sull’immigrazione per dichiararlo persona non grata, bloccarlo all’aeroporto di Londra e rispedirlo in Olanda? Il provvedimento, in fondo, non faceva una piega. Wilders – a differenza del milione di profughi entrato in Europa a fine 2015 – rappresentava indubbiamente, come recita la legge europea, una «minaccia al pubblico, alla salute e alla sicurezza».
Ma l’ostinato Wilders da quell’orecchio non ci sente. Del resto se ci sentisse non continuerebbe a ripetere di «ammirare Israele» di «considerarlo la prima linea di difesa contro l’Islam». Se capisse quelle e altre cose non continuerebbe a definirsi un liberale di destra. Non si lagnerebbe quando lo definiscono un inguaribile xenofobo, un intoccabile populista e uno spregevole nazista. Se lo capisse farebbe come il vignettista Stéphane Charbonnier finito assieme a lui nella lista nera di Al Qaida. A Charbonnier è andata di lusso. Il 7 gennaio 2015 s’è lasciato massacrare assieme ad altri 11 fortunati. E da allora tutto il mondo che conta e piace si vanta d’essere come lui e gli altri di Charlie Hebdo. Ma lui no. Geert, quell’infame, pretende di vincere le elezioni. E «Je suis Wilders» non vuole sentirselo dire.

Gian Micalessin – Gio, 16/03/2017 – 09:23

Secondo me questa cosa di pretendere di restare vivi invece di offrire il collo sacrificale alla nobile mannaia della giustizia islamica, dovrebbero classificarla come crimine contro l’umanità, ecco.

barbara

Una risposta

  1. Filo-israeliani ma antisemiti: il dilemma d’Israele di fronte alla nuova destra occidentale
    Anche se l’ondata di xenofobia non ha ancora preso di mira gli ebrei, la storia ci insegna che è solo questione di tempo

    Di Anshel Pfeffer

    Anshel Pfeffer, autore i questo articolo

    Una decina di anni fa il governo israeliano decideva di non avere nulla a che fare con Geert Wilders. Non un annuncio ufficiale, naturalmente, tanto più che all’epoca la cosa non ebbe un effetto molto visibile. Ma nel momento in cui il controverso politico olandese iniziava ad agitare le acque come leader del nuovo Partito per la Libertà, il Ministero degli esteri a Gerusalemme diramava la raccomandazione di non impegnarsi con lui pubblicamente o ad alto livello politico.

    Non fu una decisione semplice. Wilders è apertamente pro-Israele e, a differenza di altri politici dell’estrema destra in Occidente, non era tale da far pensare che la sua fosse una posizione di comodo o interessata. Il 53enne Wilders da giovane è stato volontario in un kibbutz e nel corso degli anni ha visitato Israele decine di volte. Inoltre, né Wilders né il suo partito hanno uno scomodo passato neo-fascista o neo-nazista da far dimenticare. All’epoca, tuttavia, si ritenne che le sue posizioni vigorosamente anti-musulmane, il suo vero marchio di fabbrica, ne facevano un alleato imbarazzante e potenzialmente controproducente per Israele, e l’allora ministra degli esteri Tzipi Livni accolse la raccomandazione del suo corpo diplomatico alla prudenza. Pur non essendo ufficialmente classificato “persona non grata”, per un po’ di tempo Wilders non venne formalmente ricevuto da ministri e alti funzionari di governo israeliani.

    Geert Wilders a Roma nel 2009

    Questa politica cambiò nel 2009, quando divenne ministro degli esteri Avigdor Lieberman che conosceva personalmente Wilders da anni. Improvvisamente il biondo agitatore, ostracizzato da tutti i politici tradizionali europei e nel 2009 persino temporaneamente bandito dalla Gran Bretagna (un divieto successivamente ribaltato dai giudici), venne ricevuto al Ministero degli esteri di Gerusalemme con lo status di un politico di primo piano. All’epoca Wilders fece da apripista: era il primo importante politico europeo che combinasse esplicitamente una propaganda violentemente anti-musulmana con muscolari posizioni politiche pro-Israele.

    Il cambiamento di posizione verso Wilders riflette quanto possa essere difficile, per Israele, calibrare i propri rapporti con i politici di estrema destra. Se Wilders, dopo le elezioni di mercoledì, si fosse ritrovato leader del maggiore partito nel parlamento olandese, la cosa avrebbe verosimilmente influenzato il modo in cui Israele si rapporta in generale con l’estrema destra europea. A maggior ragione, poi, se Wilders fosse emerso come il nuovo primo ministro d’Olanda.

    Vi sono alcune regole non scritte, nell’atteggiamento d’Israele a questo riguardo. Una è che i partiti con un bagaglio storico inaccettabile devono fare completa ammenda del loro passato. Il primo esempio di un importante politico di estrema destra europeo che lo fece con successo è quello di Gianfranco Fini, l’ex ministro degli esteri italiano che iniziò la sua carriera politica come fiero erede degli ideali di Benito Mussolini. A metà degli anni ’90, tuttavia, Fini abbandonò il neo-fascismo e riformò il suo partito gettando a mare la maggior parte degli irriducibili di estrema destra. Una parte importante della riabilitazione politica di Fini fu la creazione di un nuovo rapporto con la comunità ebraica in Italia.

    Una manifestazione della English Defence League

    E questa è la seconda regola non scritta: Israele non scavalca la leadership ebraica locale e fin dove lo consente l’etichetta diplomatica non si impegna con i leader che le comunità ebraiche del posto considerano oltre i limiti dell’accettabile. Ad esempio, indipendentemente da quante volte la candidata presidenziale francese Marine Le Pen abbia ribadito che il suo partito non è il Fronte Nazionale del padre, l’antisemita Jean Marie, fino a quando il Consiglio rappresentativo degli ebrei francesi (CRIF) rifiuta di legittimare il suo partito, anche Israele eviterà di avere con esso rapporti ufficiali.

    In alcuni casi vengono esclusi anche movimenti che si presentano come pro-Israele. Il movimento di piazza anti-musulmano English Defence League, che ai suoi eventi sventola bandiere israeliane allo scopo evidente di irritare i musulmani, è stato classificato dal Community Security Trust della comunità ebraica britannica come un gruppo dedito all’odio a causa del suo incitamento contro i musulmani in quanto tali, per cui le organizzazioni ebraiche e i rappresentati israeliani se ne tengono alla lontana.

    Ma al crescere dell’ondata del nazionalismo di destra in Europa, le barriere sembrano destinate a spostarsi. Il governo israeliano intrattiene buoni rapporti con il partito Legge e Giustizia, al governo in Polonia, e con il governo del partito Fidesz di Viktor Orban in Ungheria, nonostante gli antisemiti presenti nei ranghi di queste formazioni e nonostante il modo in cui entrambe sistematicamente minimizzano la collaborazione delle popolazioni locali nello sterminio degli ebrei durante la Shoà. Israele giustifica questi rapporti non solo con il fatto che si tratta di forze al governo, ma anche con il fatto che Ungheria e Polonia appoggiano le ragioni di Israele all’interno dell’Unione Europea e che, ufficialmente, le autorità e le forze di sicurezza locali proteggono le comunità ebraiche da qualunque vera violenza antisemita. Ma in questo modo Israele gioca col fuoco. Anche se l’ondata di xenofobia in Europa non ha ancora preso di mira gli ebrei, la storia ci insegna che è solo questione di tempo.

    Durante un dibattito lo scorso febbraio alla tv France 2, la candidata alla presidenza di Francia Marine Le Pen ha detto che, se eletta, imporrebbe agli ebrei francesi con doppio passaporto di scegliere fra cittadinanza israeliana e cittadinanza francese

    Nel 2000, quando il Partito della Libertà di Georg Haider entrò nella coalizione di governo in Austria, Israele richiamò il proprio ambasciatore da Vienna per quasi cinque anni. Lo scorso dicembre, quando il candidato dello stesso partito, Norbert Hofer, sembrava sul punto di vincere le elezioni presidenziali austriache, i diplomatici israeliani si chiesero se l’attuale governo Netanyahu si sarebbe spinto a tanto. Negli ultimi anni il Partito della Libertà ha cercato per migliorare i propri rapporti con Israele nel tentativo di ripulire la propria immagine, ma quando lo scorso anno il leader del partito Heinz-Christian Strache ha visitato Israele non è stato ricevuto da nessun ministro. Se Hofer avesse vinto le elezioni presidenziali, sarebbe continuato il boicottaggio del Partito della Libertà? E che accadrà se a maggio, contro aspettative e sondaggi, Marine Le Pen dovesse diventare il nuovo presidente di Francia?

    In realtà il problema si è già posto con i rapporti fra rappresentanti del governo israeliano e alcuni membri della cerchia ristretta del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump: come il suo capo stratega Steve Bannon, di cui il mimino che si possa dire è che ha apertamente flirtato con l’antisemitismo. Rispetto a loro, Wilders non sembra nemmeno così estremista.

    (Da: Ha’aretz, 16.3.17)

    "Mi piace"

    • Grazie, non lo avevo letto. Interessante, anche se mi disturba parecchio quel puntiglioso ribadire di “estrema destra” con cui etichetta partiti e movimenti che non fanno altro che tentare di difendere la propria cultura e civiltà dalla violenta aggressione islamica.

      "Mi piace"

  2. Nei gruppi delle destre ‘xenofobe’ ci sono persone di tutte le etnie e di tutte le razze. Ci sono anche quelli che erano musulmani. Solo che lo erano, oggi non lo sono più.

    Comunque secondo me si abusa troppo con il termine ‘estrema destra’. D’accordo per quanto riguarda Alba Dorata (nazisti), Casa Pound (fascisti), e si, mettiamoci anche il, Movimento Cinque Mezzelune (nazisti, khomehinisti e con un pizzico di comunismo). Ma a me pare che nazismo e fascismo hanno caratteristiche ben precise che li accomunano più all’islam che alle cosidette ‘estreme’ destre attuali.

    Tanto per mostrare un pò di mentalità islamica:
    Frasi di due musulmani ‘moderati’ scovati online. La prima è onesta, ma d’altro canto vive in Indonesia. Non ha bisogno di nascondersi:

    – Regarding “In Indonesia, Sharia police in Aceh caned a homeless “punk” couple nine times on Friday after they were caught having premarital sex in public and for dressing like punks.”, that’s a right thing to do for punishing the one who did zina (having sex outside of marriage). That type of punishment is called Hudud, it’s based on Quran and the God Allah also allowed this if they’re too much disobeying the God’s command. Hudud punishment for a married person who did zina with another person (affair) is they should be stoned to death. While for unmarried person, they’re whipped 80 times. Hudud is very common in Acheh, and Malaysia started to implementing it last year. Non-muslims in Malaysia have to follow some of Sharia Law because Islam is Malaysia major religion and they have to respect the Muslims, and also to avoid racism.

    I HARDLY NOT AGREED WHEN YOU SAID SHARIA LAW IS BULLSHIT, BECAUSE IM A MUSLIM. I HATE PEOPLE WHO INSULTING MY RELIGION. –

    L’altro vive in Inghilterra, perciò va di taqiyya:

    – “Sharia law is that it puts forth the idea that everyone is Muslim”
    Sharia/Islam is an Ideology so it would protect it’s values just like any ideology whether that be capitalism etc etc. So when France and other secular countries ban certain Islamic values such as dress codes etc, it is too making sure that it protects its values by the systems that it has in place.

    “Caliphs are the heads of state, and can hold office by force”
    No they cannot, they must be appointed by the people, Islam gave women the right to vote 1400 hundred years ago.

    “They are also exempt from being charged with serious crimes. Crimes like murder, theft, and even potentially rape.”
    Can you please provide proof of this? There is a state mechanism that allows the people to hold accountable the caliph for his corrupt actions incidentally there is a special court just for executive members of the state.

    Islam sets out values to maintain a harmonious society for all without deviating from it ever, muslims believe in a creator who knows the instincts and organic needs of humans and has regulated in a way that is suited for humans to interract in society without suppressing or liberalising natural human needs which ultimately leads to corrupt thoughts and concepts in societies. –

    Questi due non sono due jihadisti o membri dell’isis, ma sono due ‘civili’, due comuni cittadini. Tanto per mostrare a più gente la mentalità media musulmana.

    "Mi piace"

    • D’altra parte i cosiddetti antisionisti bollano regolarmente come “di estrema destra” anche tutti i governi israeliani. Di estrema destra è sostanzialmente tutto ciò che non gode del proprio gradimento; mi sa che dev’essere di estrema destra anche l’olio di palma. Quanto a quei due, sono due perfetti rappresentanti dell’islam moderato che le anime belle tanto decantano.

      "Mi piace"

Lascia un commento