LORENZO FUÀ

Non ero più riuscita a comunicare con lui da quando mi aveva inviato il referto della biopsia, lo scorso autunno: non rispondeva alle mail, né agli sms. La risposta l’ho avuta oggi, su Shalom, nella rubrica “Ci hanno lasciato”. In realtà il sospetto mi era venuto, ma lo avevo scacciato, mi rifiutavo di prenderlo in considerazione. Aveva un anno più di me. Avevo proposto di vederci quando sono stata a Roma, ma si era rifiutato: era troppo depresso, mi ha spiegato, e non voleva affliggere il prossimo con la sua sconfinata tristezza. In passato aveva subito un attentato antisemita, sotto forma di incendio al locale che conteneva migliaia di libri, testi antichi, pergamene, manoscritti e altro, e ciò che era stato risparmiato dal fuoco, è stato distrutto dall’acqua dei pompieri.
Aveva più volte manifestato il proposito di mandarmi il suo talled katan (scialle di preghiera piccolo) come ricordo e perché lo conservassi, insieme a un CD con tutti i suoi scritti, se si fosse messa male: evidentemente si è messa talmente male e talmente in fretta, che non ne ha avuto il tempo.
Di lui mi sono rimasti due libri preziosi, miracolosamente scampati sia al fuoco che all’acqua, e la gioia di avergli interamente fotocopiato un libro diventato introvabile, dandogli finalmente la possibilità di leggerlo.
Voglio ricordarlo con gli stupendi video a cui abbiamo lavorato insieme, che ha magistralmente montato (la parte tecnica è interamente sua), nei quali, tanta era la sua modestia, il suo vero nome non compare mai, preferendo usare il secondo nome, il cognome materno o altri alias:

Un capretto

La deportazione degli ebrei da Gush Katif

Pinocchio nel Paese dei tarocchi

E le avventure di Ariel Bonaventura, uno

due

e tre

barbara