E quando nella casa (casetta. Casettina. In effetti il mio appartamento è più grande) di Ben Gurion in mezzo al deserto (oggi non più, ma a quel tempo lo era) Franco ha proposto di cantare tutti insieme HaTikvah. Ho chiesto espressamente l’autorizzazione a cantare anch’io (per metà della mia vita ho pensato di essere la persona più stonata del pianeta. Poi è salito alla ribalta Jovanotti e mi sono dovuta autorelegare al secondo posto. Che è comunque una posizione non da poco). HaTikvah è una cosa talmente emozionante che mi emoziono perfino quando, stonatissima, la canto io. E quelle cinquanta persone strette in una stanza, alcune intonate e alcune no, appassionate, emozionate, unite in quel coro spontaneo, mi hanno fatto pensare – spero che a qualcuno l’accostamento non appaia irrispettoso – a quest’altro coro,
soprattutto per le parole finali del rabbino: “Am Israel chai, the children of Israel still live”: loro erano vivi, e dopo settantadue anni noi eravamo lì, in Terra d’Israele, in mezzo al deserto fatto fiorire anche da loro e dagli altri sopravvissuti, vivi, a testimoniare la realizzazione di quella speranza.
E quando presso la tomba di Ben Gurion mi sono fatta un mezzo pianto insieme a Simonetta, perché certe emozioni sono troppo forti per riuscire a restare dentro, soprattutto quando si è vicini a qualcuno che le condivide, e in qualche modo devono uscire. Poi naturalmente abbiamo smesso, ed eccoci qui, belle e sorridenti.
E quando ho chiesto ad Avi,
il nostro addetto alla sicurezza e paramedico, mitra in spalla e zaino di pronto soccorso al seguito, di misurarmi la pressione perché in questo periodo è molto ballerina e devo tenerla controllata per potere, in caso di necessità, aggiustare il dosaggio delle pastiglie, e lui ha risposto “Se vuoi vengo a misurartela in camera tutte le sere” (ohibò, è vero che mi sono sempre piaciuti giovani e che il mio ex più giovane potrebbe essere mio figlio, ma di questo potrei tranquillamente essere la nonna) (che comunque se ci fosse stato il minimissimo sospetto che lui parlasse sul serio, se ci fosse stato il minimissimo sospetto che io potessi prendere in considerazione l’idea, ad entrambi sarebbero stati cavati gli occhi seduta stante) (e avrei anche dovuto darle ragione).
E quando Emanuela ha incominciato a raccontare. È stato a Timna, durante la cena, che abbiamo consumato nel ristorante presso questo laghetto (foto di Martina),
arrivandoci per questo sentiero costeggiato da grandi candele di citronella.
Ha incominciato a raccontare, dicevo, e ho pensato eccone un’altra che vuole far sapere quanto è brava. E ha continuato a raccontare e ho pensato ah beh, però. Ed è andata avanti a raccontare e più andava avanti più mi diventava difficile contenere l’emozione. E sempre più diventava chiaro che non stava facendo la bella statuina, ma trasmettendo – con modestia, con umiltà – una conoscenza che nessuno di noi aveva. Quando ha finito di raccontare le ho chiesto di scrivere quello che aveva raccontato, per metterlo nel blog. Metterò anche le foto, e un video, e i link ai documenti, ma il racconto voglio che sia quello suo, palpitante, emozionato ed emozionante, come lo abbiamo sentito noi, in quella notte in mezzo al deserto, perché le azioni che danno un senso alla parola “umanità” non vanno mai nelle prime pagine dei giornali, ed è quindi giusto trovare per loro altri spazi.
E quando alla cena di Shabbat abbiamo cantato Shalom Aleichem e mi è tornata alla mente la volta che è stata cantata nel mikveh di Siracusa,
con voce bassa e profonda che riecheggiava tra le volte, io appoggiata a una di quelle colonne, e improvvisamente dal petto mi è scoppiato fuori un grosso singhiozzo.
E quando Shariel Gun, direttore generale del KKL Italia, appena saliti sull’autobus che dal Ben Gurion ci avrebbe portati al mar Morto, ha provveduto a informarci che “sull’autobus c’è uaifai, che immagino che in Italia si dirà vafa”, e io non solo non ho capito la battuta, ma non ho neanche capito che era una battuta, fino a quando un compagno di viaggio non mi ha detto che “ci ho messo un po’ prima di capire la battuta del vaf(f)a che si dice in Italia”.
E quando mi sono messa a raccontare a una compagna di viaggio un certo episodio, e per chiarire le circostanze ho spiegato che fino a non molto tempo fa vivevo in mezzo alle Alpi e lei mi interrompe dicendo: “Tu hai tenuto una conferenza a Udine!”
E quando la signora P., ultraottantenne (un bel po’ ultra, credo) si è incazzata con me e con Marisa e si è messa a strepitare “io mi sono rotta i coglioni, cazzo!” (Poi Pierre, un po’ per l’impegno che ci ha messo, un po’ per talento naturale, non solo l’ha rabbonita, ma alla fine è riuscito anche a farla ridere, anche se cercava testardamente di continuare a fare il muso)
E questi siamo tutti noi, alle spalle il deserto e davanti le tombe di Ben Gurion e di sua moglie Paula (purtroppo il sistema che mi aveva insegnato Giovanni per rendere le immagini cliccabili per ingrandire non funziona più. Se lui o chiunque altro mi può insegnare un sistema alternativo gliene sarò grata)
barbara
Che quel bel tomo con bandana e mitra nei pressi stia in campana:
che non si può stare TROPPO giovani vicino ad una che è costantemente stalkerata a distanza (ma parecchia eh? Mica che poi mia moglie legge…) da un gatto nero volante…
…
…Crocchino? Anche a prescindere, intendo…
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Se ti azzardi a chiamarlo un’altra volta quel bel tomo, di crocchini non ne vedi più fin che campi. e lo vado anche a dire a tua moglie.
La cosa che ha in testa non è una bandana bensì un cilindro di tessuto elastico che copre tutta la testa per riparare dal sole. Lo vedi meglio qui
http://tinyurl.com/k56lrsk
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Il cilindro di microfjbra c’è l’ho persino io che rifugge la moda. È comodo…non mi sta bene come ad Avi, ma mi accontento
Tutto il resto fa piangere anche me. Vado a lavorare
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In Israele succede facilmente di vivere emozioni forti.
Il cilindro ha il vantaggio, rispetto al berretto e al cappello, che non devi stare attenta al vento che te li porta via.
Addosso ad Avi starebbe bene qualunque cosa, credo.
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Io quel cilindro lo uso per lavorare, molto più pratico dei copricapo da cuoco.
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Non male.per donna..con un pò di fantasia…applicando qualcosa tipo bigiotteria..oppure variando in colore, disegni.
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Bigiotteria? Guarda che quella roba sta appiccicata al cranio..
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Cilindri riparasole: e ho uno per colore, ma non avendo trovato un termine migliore, li ho sempre chiamati “bandane” anche se so che non lo sono – accetto suggerimenti, comunque.
E adesso vieni a dirmi che non è un “bel” qualcosa, il tipo – io ci metto “figuro”, se non ti piace “tomo”, perché sto gatto maschio e pure geloso….
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Guarda che ho capito chi sei

E lui è bello e basta.
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UEI, quella è la foto del MIO caro amico Gatto Della Morte! Come l’hai avuta?? Guarda che glielo dico, sai??!!
In campana, eh?!
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IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIhhhhh che paura! Sto tremando tutta, sto.
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Questi racconti dei tuoi viaggi sono sempre più belli.
Dal telefonino riesco a cliccare sulla foto però eh.
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La clicchi, ma non la vedi nella grandezza originale, che è quasi il doppio di questa e si vedono le facce.
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Invece che caricare l’immagine con il tasto si doveva copiare e incollare l’url della stessa. Ora non so, è un po’ che non pubblico immagini.
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Sì, mettere l’url invece di inserire è quello che avevo fatto fino a dieci giorni fa, adesso anche così non si clicca più, ho provato tutte le combinazioni possibili, ma non è cliccabile. Del resto ci sono parecchi “ammodernamenti” di WP che mi complicano la vita. Per esempio con nuovo sistema si possono linkare solo post del proprio blog e non articoli esterni, quindi per mettere un link devi andare nel vecchio sistema, solo che lì non c’è modo di giustificare per cui devi salvare in bozze e poi passare al nuovo. Poi mi preoccupa molto il fatto che da un mese e mezzo sul cannocchiale si trova la scritta “Si è verificato un errore durante l’elaborazione della pagina, si prega di riprovare più tardi.” e temo che stavolta sia definitivamente defunto, vale a dire che ho perso almeno un migliaio di documenti postati in sei anni e mezzo.
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E’ worpress che ti odia.
Tu fingi indifferenza, vedrai che prima o poi ritira la maledizione…
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Mi odia perché tu gli hai parlato male di me, ecco perché.
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Beh, sei tu che non credi nei poteri miei e dei soci che tengo…
https://vignette4.wikia.nocookie.net/nonciclopedia/images/3/32/Gatti_combattono_con_spade_laser.png/revision/latest?cb=20100430204141
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..E comunque noialtri gatti jedi ci si diverte così…
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Voi cosa?

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più andavo avanti nella lettura e più mi dicevo: ma quando arriva la parte in cui racconta di qualche episodio olistico, magari su qualche montagna energetica e cazzuta? Mezza delusione!
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Non ci sono episodi olistici in questo viaggio, ma in compenso c’è qualcosa di ancora peggiore, se possibile. Che prima o poi arriverà.
Per chi fosse nuovo da queste parti, l’episodio a cui si riferisce il nostro Jack è questo https://ilblogdibarbara.wordpress.com/2015/09/15/israele-nove-3/
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Ancora peggiore… mi hai incuriosito.
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Ma di tutt’altro genere (se immaginavi macumbe o roba del genere sei fuori strada)
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Veramente non immagino niente – sono solo curiosa!
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Sarà certamente un qualcosa con sfumature diverse…Credo che sia…normale, ho notato
che il gruppo era piu’ numeroso…e qualcosa di originale potrà essere accaduto. Anche se
contenuto…”…in fondo è così..in un pollaio c’ è sempre qualcuno che in modo o in un’ altro
..tende ad emergere..”
Poi..ci parlerai…così partirò anche io. Intanto mi ha incuriosito la foto…si..quelle delle colonne. Ripensandoci anche le altre..
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Quella foto non è mia, comunque, l’ho presa dalla rete.
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Dicono tutti così….
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(dicevo, in risposta a Marco, della foto del mikveh di Siracusa. Quanto al dicono tutti così, non è vero: ce n’è solo uno che quando le cose che scrive vengono criticate dice che il blog non è suo e non lo gestisce lui e non ne è responsabile lui)
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Ah, non il GattoVader? Perché anche quello è forte….
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Fra un po’ comincerò a strapparti i peli della coda.
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