UN SALTO LUNGO 103 ANNI

Gretel Bergmann (1914-2017)
gretel bergmann
Berlino 1936. I Giochi dell’odio e della propaganda nazista ai suoi massimi. C’era bisogno di purezza, per dar vita a una celebrazione del Terzo Reich che fosse perfetta in ogni meccanismo. E così Margaret (detta “Gretel”) Bergmann fu esclusa dalla squadra tedesca, per volere della federazione, a un mese dalle Olimpiadi. Poco conta che fosse la più grande saltatrice in alto dell’epoca e che con ogni probabilità avrebbe trionfato nella sua disciplina. La sua macchia, purtroppo, indelebile: era ebrea.
Aveva 22 anni allora e quella, per Gretel, fu una ferita destinata a restare insanabile. Tanto che dal 1937, l’anno della sua fuga dalla Germania, non tornò per oltre 60 anni nel paese in cui era nata, cresciuta e si era affermata a certi livelli. Troppo forti il dolore e la rabbia per quell’occasione perduta.
Gretel se ne è andata nele scorse ore, l’ultima protagonista in vita (suo malgrado) di quei Giochi che tanto hanno fatto parlare per le imprese di Jesse Owens, l’atleta nero capace di demolire l’impalcatura ariana sotto gli occhi imbarazzati di Hitler. Partita dalla Germania con quattro dollari in tasca, si è rifatta una vita negli Stati Uniti. Una strada in salita la sua, ma che non le ha impedito di ottenere delle soddisfazioni agonistiche importanti. In particolare con la vittoria dei campionati nazionali di salto in alto e di getto del peso, ultimi trionfi prima dell’addio alla carriera di sportiva annunciato alla vigilia del secondo conflitto mondiale.
Cittadina americana dal 1942, Bergmann rifiuta per lungo tempo gli inviti che gli arrivano dalla Germania dagli anni Ottanta in poi. Il paese, che inizia davvero a fare i conti con il proprio passato, vuole renderle un omaggio postumo intitolandole impianti e coinvolgendola in un percorso di testimonianza. Lei rifiuta.
Gentilmente, ma rifiuta. E così, nel 1995, quando con grande emozione si inaugura a Berlino la Gretel Bergmann Sports Arena lei non c’è. Gli omaggi però si susseguono, come le richieste di coinvolgimento. A un certo punto l’ex atleta cede, scegliendo di allentare la guardia che finora l’aveva protetta dagli incubi della sua giovinezza. Nel 1999 è in Germania, per l’inaugurazione di due nuovi impianti a suo nome (uno dei quali a a Laupheim, la sua città natale).
Una decisione così motivata: “Quando mi fu detto di queste intitolazioni pensai che i giovani, vedendo il mio nome, si sarebbero chiesti ‘Chi è stata Gretel Bergmann? E così avrebbero appreso la mia storia e cosa accadde allora. Credo all’importanza del ricordo, per questo ho deciso di tornare in un paese dove avevo promesso non sarei più tornata”.
A chiusura ideale del cerchio nel 2009 la federazione tedesca ha reinserito il primato nazionale da lei conseguito nel 1936, subito cancellato dal nazismo, nel libro dei record.

Adam Smulevich, moked, 26 luglio 2017

Poiché sembrava che gli americani fossero intenzionati a boicottare le olimpiadi se gli atleti ebrei fossero stati esclusi, Gretel fu richiamata dall’Inghilterra, dove era riparata. Poi, il 16 luglio, dopo la partenza della squadra olimpica americana per l’Europa, le fu inviato il seguente telegramma: «Cara signorina Bergmann, ci dispiace comunicarle la sua esclusione dall’Olimpiade. Lei non è stata abbastanza brava e non può dunque garantire risultati. Heil Hitler!» Al suo posto gareggiò “Dora” Ratjen, fervente nazista, che deluse le aspettative piazzandosi solo al quarto posto. Quello che riesce difficile da capire, è che nessuno si sia reso conto che questa persona
Hermann-Dora Ratjen
non poteva essere una donna. E infatti si chiamava Hermann.
La nostra Gretel, ad ogni buon conto, è sopravvissuta più o meno a tutti i suoi persecutori. E ora riposi in pace, che lo ha davvero meritato.

barbara

Una risposta

  1. Anche questa…una pagina di un capitolo di un volume di tutto quello che ha dovuto
    subire il popolo ebraico…il singolo..e il desiderio di ripeterlo mai spento, anzi..l’ inciviltà
    ci soffia sopra per farlo crescere…L’ era barbarica…non è mai finita..la civiltà è ancora lontana da raggiungere..

    Con senso di rabbia, trasporto…ho letto l’ articolo…arrivato al finale..Dora..alias Hermann
    ho ricordato di averlo già letto. Quel suo quarto posto…non valido….un uomo ha gareggiato nel settore femminile.
    Lo sport…dovrebbe essere gioia..avvicinamento di popoli, invece tristemente è stato piu’
    volte usato, sporcato nel nome della violenza, del terrorismo.

    IL lato positivo per Gretel…in questa amarezza…è riuscita a salvarsi..
    La civiltà avanza, tante scoperte…ma in questo ossessivo mantenere in vita l’ assurdo odio
    razziale…specialmente nei confronti dell’ ebreo è la dimostrazione che in tutto questo…
    siamo fermi all’ era barbarica. E..la Vera CIVILTA’…è ancora lontana nell’ orizzonte.
    E’ Vomitevole dovere continuare ad assistere a questo assurdo accanimento di questi
    insetti di razza umana.
    Rabbia e sgomento ci accompagnano..posso fare poco ma mai come in questi ultimi
    anni…riusciranno a togliermi la voce, parola ogni volta ve ne è l’ occasione , nel sentire tante idiozie intrise di odio..

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    • Marco, non ti fa invece sorridere il fatto che Dora Ratjen, al secolo Hermann, di pura razza ariana non sia riuscito a vincere neppure misurandosi con le donne? io mi ci sto rotolando

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      • Conoscevo già questa storia, e da quello che avevo letto Dora Ratjen fu un caso di ambiguità sessuale, come ce ne sono stati parecchi nell’atletica femminile(uno dei più recenti, Caster Semenya). Cioè da bambino aveva dei caratteri sessuali ambigui, e quindi era stata classificato come femmina, Dora era il suo vero nome di battesimo(ha cambiato nome solo dopo), è cresciuta convinta di essere femmina e solo alla pubertà si è reso conto di non essere davvero femmina. Ma non era neanche 100% maschio, visto che aveva sia il pene che la vagina ed aveva una statura tipicamente femminile(155cm)!

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        • Scusa, ma un sistema come quello nazista che sapeva anche quanti peli hai nel culo, non sapeva che l’atleta che avevano assunto aveva una sessualità dubbia? La totale mancanza di seno, come si vede chiaramente in quella foto, non aveva fatto nascere sospetti?

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        • Anche la Bergmann, pur essendo stata compagna di stanza di Ratjen, si è meravigliata quando è venuta a sapere che non era una donna, e ha detto di non aver mai sospettato niente del genere, e che pensava che si trattasse solo di una ragazza un po’ strana e straordinariamente timida(perché Ratjen non voleva fare la doccia con le altre compagne di squadra).
          Forse si sono fidati un po’ tutti dei documenti anagrafici senza farsi troppe domande, visto che nell’atletica femminile ci sono sempre state molte atlete dall’aspetto decisamente mascolino, e se non si va ad approfondire con visite mediche, test ormonali e test genetici, può non essere facile distinguere i maschi(ben depilati e travestiti), da intersessuali affetti da disordini ormonali o genetici( come Ewa Kłobukowska, squalificata quando hanno scoperto che ha sia cromosomi femminili che maschili) , e femmine dall’aspetto spiccatamente virile(Helen Stephens, che nonostante sembrasse maschio tanto quanto Ratjien, è risultata donna ai controlli del 1936…ma forse non avrebbe superato i test genetici odierni)

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        • Sì, ho letto che non se n’era accorta, ma ho letto anche che l’avevano messo in stanza con lei perché con le altre ragazze, essendo uomo, sarebbero potuti venire fuori casini mentre lei, essendo ebrea, avrebbe dovuto fargli sicuramente schifo, il che significa che lo dovevano per forza sapere. Senza contare che per fare sport a livello agonistico devi passare severi controlli medici, e non credo che te li facciano con addosso una tuta da sci, e in una visita del genere un medico non si accorge che hai l’uccello?

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    • Ah ecco, avevo cercato ma non avevo trovato la statura. Mi sembrava impossibile che fosse 1,55: con una statura simile tutto si può fare, ma il salto in alto proprio no! Forse Andrea ha confuso con l’altezza che saltava. E anche la statura avrebbe dovuto suscitare qualche perplessità, perché 175 per una donna ottant’anni fa era davvero fuori dalle norme.

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    • Ah ecco: le autorità sportive lo sapevano perfettamente. In effetti ho visto donne con disfunzioni ormonali con braccia pelose quando un uomo, ho visto donne coi baffi, ho visto donne con una peluria ai lati del viso particolarmente intensa, ma donne coi peli sulle mani mai.

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