Arriva l’ortopedico, dice “Italia?”, diciamo di sì e lui fa un cenno a un altro medico che si trova nei paraggi, che si avvicina e si mette a fare da interprete con un inconfondibile, anche se non eccessivamente marcato, accento siciliano; per la precisione siciliano della costa orientale. Terminata la visita, e quindi anche il suo compito di interprete, Manuel gli chiede: “Di dove sei?” “Di qui.” “ Ma i tuoi genitori?” “Di qui.” “Ma questo italiano e questo accento siciliano?” “Ho studiato a Messina.” Dubito che, se non lo avesse detto lui, sarei arrivata ad accorgermi che non era di madrelingua italiana.
Manuel. Era il nostro capogruppo, nonché presidente del gruppo sionistico piemontese. Non era con noi nel momento in cui sono caduta; informato dalla guida, ha preso un taxi e mi ha raggiunta all’ospedale, ed è rimasto con me tutto il tempo, occupandosi delle formalità, chiamando quando avevo qualche necessità, sopportando stoicamente il freddo polare dei condizionatori a palla di cui c’è la mania in Israele esattamente come in America (quando sono entrata nella mia stanza a Tiberiade, ho trovato il termostato addirittura a 6°!); io ad un certo punto ho chiesto una coperta perché tremavo, un po’ certamente anche per lo shock, ma un po’ tanto per il freddo, e lui con una polo a maniche corte, saltando entrambi pranzo e cena. È sempre lui che ha provveduto a fotografarmi, alle tre, stravolta dal dolore atroce,
e alle otto, col dolore attenuato dall’iniezione di Voltaren ma sfinita dalla lunga permanenza.
Claudia, che si è preoccupata di recuperare il mio zaino sull’autobus, lo ha aperto per vedere se ci fosse qualcosa che le desse l’impressione di essere particolarmente importante, ha individuato la borsina delle medicine e me l’ha fatta recapitare, e poi in albergo a Tel Aviv si è occupata della mia valigia facendomela portare in camera, e la mattina dopo è venuta a prenderla per farla caricare sull’autobus.
Sharon, che da Tel Aviv si è occupata di chiamare il taxi per portarci da Nahariya a Tel Aviv, contrattando lei il prezzo della corsa per non rischiare di farci fregare (col tassista, ovviamente arabo dato che era sabato, con lo smartphone attaccato al vetro della macchina, che ad ogni avviso di messaggio su FB cliccava, leggeva, rispondeva, guardava video…), mi ha richiesto il volo assistito, ci ha aspettati in albergo facendoci anche trovare qualcosa da mangiare.
I raggi. Me ne sono stati fatti molti, credo una decina o giù di lì. Il tecnico non mi ha fatta spogliare (mi sarebbe stato in ogni caso impossibile perché il dolore mi paralizzava, non ero in grado di muovere il busto neanche di un millimetro), ma per gli ultimi ha avuto bisogno di abbassarmi la gonna. Solo che, essendo la gonna un po’ stretta, tirando giù quella venivano giù anche le mutande, sicché si è assistito alla scena del povero tecnico che con una mano, un colpo a destra e uno a sinistra, tirava giù la gonna e con l’altra teneva ben salde le mutande. E ogni volta che lo racconto mi viene da ridere.
Il ristoro. Ad un certo punto, verso sera, è passata un’infermiera con un carrello con tè, caffè e piccole fette di dolce. Io ho chiesto se c’era del latte: sul carrello non c’era ma è andata a prenderlo; Manuel ha chiesto se fosse possibile avere un sandwich, e lei è andata a farglielo. In nessun ospedale italiano ho mai visto il servizio ristoro al pronto soccorso.
Percorrendo i corridoi del pronto soccorso steso sulla barella, i tuoi occhi si godono questo spettacolo:
Solo in un secondo momento, ricordandomi che eravamo al piano terra, mi sono resa conto che non poteva essere il cielo, tanto le immagini sono realistiche. E alle pareti si vedono invece queste “finestre”:
I costi. Lì dentro ho ricevuto una decina di radiografie, visita dell’ortopedico, iniezione di Voltaren, TAC, visita del neurologo e dischetto con le immagini dei raggi: il tutto mi è costato poco più di 300 euro. In Italia non mi sarebbero bastati per le radiografie.
L’apartheid. Durante la mia permanenza al pronto soccorso sono stata trattata da medici israeliani e medici arabi, infermieri e infermiere israeliani e infermieri e infermiere arabi. Che, per inciso, percepiscono lo stesso stipendio.
barbara
MICA foto del tecnico ico di radiologia, quel pornostar a sua insaputa
Faccio schifo, grazie lo so
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Non avevo la macchina fotografica, non sarei stata in grado di fare niente, non so se il tipo valesse la pena perché l’unica cosa che ero in grado di “vedere” era il mio dolore tremendo.
Qualcosa che vale MOLTO la pena la vedrai, prima o poi.
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Ma ragazze!
In simili momenti di “dolore” andate a fare di questi pensieri???
E viva la vita! Brave, brave!
Vabbe’ che sono vecchia e ampiamente disinteressata*, ma..
** Bacchettona no, che sia chiaro!
( Per inciso, ho letto tutto un’ora fa e più, ma il cell. bastardo – come giustamente definito da te, Barbara – mi ha mandato il commento a carte quarantotto, e mi chiedeva nuovamente la password: ma che vada a.. )
Là lo avevo detto meglio.
Guarisci in fretta e bene. Aggiornaci!
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Anch’io sono vecchia, ma a disinteressarmi non ci penso proprio!
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Con appren…attendiamo notizie..
Spero che il dolore sia molto meno intenso e che…possa riposare..
Un’ abbraccio.
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..E così…sei arrivata a mostrarci ..con forzata esperienza la validità della sanità..Made in
Israel. Anche se a riguardo non ne avevamo dubbi…avendocene anche parlato in articoli.
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oh non ti si può lasciare sola un secondo…
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Eccheccazzo, ogni volta che ti si chiama sei lì a correre!
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Lungi dal criticare il Pronto soccorso israeliano (anzi!), vorrei però far notare che in Italia non avresti pagato Nulla, poiché, dai codici verdi in su, tutte le prestazioni sono gratuite (e non sempre noi medici ci troviamo d’accordo), e che nel nostro DEA (Chivasso), tutti i pszienti (per quanto possibile) ricevono colazione, pranzo e cena (visti anche i lunghi tempi di stazionamento prima di un ricovero, a volte).
Comunque, contento di sapere (ma non ne dubitavo nemmeno prima) della professionalità e cortesia in DEA…ecco, a noi mancano i traduttori!
Un abbraccio e buonissima e pronta guarigione.
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A Brunico il pronto soccorso era gratuito solo se ne seguiva il ricovero, altrimenti la tariffa era di 15 euro se il medico di turno riteneva che il ricorso al PS fosse motivato, altrimenti si saliva a 35. Tenendo presente che per la sanità lascio giù un bordello di tasse. Se vi fa ricorso uno straniero non credo che sia gratuito. Comunque pronto soccorso, ambulanza e i due taxi in Israele mi verranno sicuramente rimborsati dall’assicurazione di viaggio; quello che mi resta in dubbio sono i 900 euro del taxi da Malpensa a casa, che da soli fanno più di tutte le altre quattro cose insieme. Speriamo bene.
(però l’albo dell’ordine dei medici dice che sei iscritto all’ordine di Roma…)
Grazie per gli auguri.
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Massima solidarietà ovviamente, magari un poco in ritardo.
Leggendo dei compagni di viaggio volenterosi, degli eventi curiosi o buffi, delle decorazioni e del personale efficiente sembra un racconto tranquillo ed edificante, poi rileggi alcune frasi, guardi meglio le immagini e ti ricordi che in quel momento stava soffrendo come un cane! Beh, trattandosi di Lei credo sarebbe più preciso dire “soffrendo come un pitbull”.
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Hahaha! Tanto lo so che mi amate lo stesso.

PS: in ritardo mica tanto, visto che ancora non ne sono fuori.
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