LA CONTROEROINA

Fra le varie cose che ho qui “in attesa” di un momento opportuno per essere pubblicate, stasera mi è caduto l’occhio su questa, e direi che è proprio la cosa giusta da pubblicare, dopo i post precedenti. Magari, chissà, non è neanche del tutto un caso che mi ci sia caduto l’occhio sopra proprio in questo momento.

Nella mia ultima nota ho parlato, prendendo spunto dalla leggenda di Skotzel e dalla storia di Karima di Fustat, delle antieroine, ossia di quelle donne che, pur non essendo passate alla storia per i loro meriti e le loro virtù, ed essendo anzi state, talvolta, oggetto di biasimo e riprovazione, meriterebbero comunque, forse, di essere ricordate e, nel caso, riabilitate. E ho fatto un paragone tra la virtuosa Susanna e la peccatrice Karima, ipotizzando per quest’ultima (che fu cacciata dalla sua comunità, come sarebbe accaduto in seguito, per esempio, a Spinoza) una possibile “riabilitazione”.
Credo che un’altra donna della Bibbia – quantunque non ebrea – possa suggerire considerazioni analoghe, trattandosi di una figura che è sempre rimasta nell’ombra, in quanto la sua funzione, sul piano letterario, pare esclusivamente quella di aprire la strada a colei che sarebbe invece diventata, meritatamente, una delle più celebri e venerate figlie di Israele, la grande Ester, che, come sposa del re Assuero, salvò l’intero popolo ebraico di Persia – con l’aiuto del saggio Mordechai – dallo sterminio ordito dal perfido Haman. (In quel bellissimo Paese, com’è noto, ci sono sempre stati dei grotteschi personaggi da circo equestre, anzi, da galleria degli orrori, truccati con barbe caprine, corna di montone e dentoni aguzzi, che un po’ fanno paura e un po’ fanno ridere: senza di loro, probabilmente, lo spettacolo sarebbe noioso). Tutti conoscono e ammirano l’intrepida Ester, ma pochi ricordano cosa è scritto all’inizio del libro biblico. Durante un banchetto, dopo avere mangiato e bevuto più del solito, il sovrano, allegro e avvinazzato, ordina ai suoi eunuchi di corte di portare al suo cospetto la regina Vasti, ornata di uno splendido diadema, in modo da potere esibire davanti a tutti i convitati la sua incantevole bellezza. Vasti, però, rifiuta di fare questa improvvisata “passerella”, mandando il re su tutte le furie. Interrogati i consiglieri del monarca, tutti si dicono d’accordo nel condannare l’inconcepibile rifiuto della regina, il cui operato ribelle avrebbe rappresentato un pessimo esempio per tutte le donne del regno, che, d’ora in poi, avrebbero potuto tutte avere l’impudenza di disobbedire ai loro mariti. Vasti viene così cacciata, e la sua sorte viene ufficialmente comunicata, come monito, fino ai più estremi confini del regno. Liberatosi della moglie indisponente, il re deve però trovare una nuova sposa, e manda emissari in tutto il regno, per cercare giovani vergini adatte al ruolo; colei che più piacerà al re, sarà la nuova regina. A prevalere sarà Ester, e il resto è storia nota.
Non oserei mai ridimensionare, in nessun modo, gli immensi meriti della regina Ester, alla cui storia, tra l’altro, si lega una delle più belle feste ebraiche, quella di Purim. Ma, mi chiedo, non sarebbe anche il caso di cominciare a onorare la memoria di Vasti? Non è forse stata una femminista “ante litteram”, una donna fiera, indipendente e orgogliosa, che rifiuta di sottostare ai capricci di uno stupido e vanesio ubriacone? Ha mancato, con un solo gesto – che, fra l’altro, non le sarebbe costato, apparentemente, un gran sacrificio -, a due autorità, disubbidendo a chi si riteneva suo padrone a doppio titolo, come marito e come re. È verissimo, e ha fatto benissimo, perché lo ha fatto per difendere la sua dignità di donna e, direi, la dignità di tutte le donne del mondo. Propongo di intitolare a suo nome un “contro-concorso di bellezza”, nel quale siano premiate tutte quelle donne che rifiutino di salire sulla passerella, riducendo la loro persona a un oggetto di libidinosa concupiscenza per gli occhi, avidi e lubrichi, dei maschi. Primo premio, a colei che saprà indirizzare agli organizzatori, e al pubblico, la più sonora pernacchia.

Francesco Lucrezi, storico (Moked, 30 agosto 2017)

Onore dunque, senza fanfare e senza riflettori, alle donne che hanno saputo dire no a un potente, preferendo la propria dignità alla gloria effimera delle passerelle. (Senza, beninteso, togliere onore a chi ha fatto scelte diverse e se ne è assunta la responsabilità, senza poi frignare e recitare – male, oltretutto – la parte della vittima – agnella innocente fra i lupi famelici)

barbara

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