Quando in cattedra ci sta la signora Lavinia Flavia Cassaro, antifascista e pacifista.
barbara
Quando in cattedra ci sta la signora Lavinia Flavia Cassaro, antifascista e pacifista.
barbara
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L’affitto di casa
di Luciano Assin
Clamorosa protesta di tutte le confessioni cristiane oggi a Gerusalemme. Con un atto senza precedenti i vari rappresentanti del cristianesimo hanno chiuso, fino a nuovo ordine, i battenti del Santo Sepolcro, uno dei maggiori simboli di una religione che abbraccia oltre un miliardo di fedeli nel mondo.
Nonostante la protesta venga rappresentata come un “attentato alla libertà di culto dei luoghi cristiani” ed “un tentativo di indebolire la Chiesa riportandoci così a periodi bui attraversati dagli ebrei in Europa neanche molto tempo fa”, le motivazioni sono molto più banali e profane.
Anche se con enorme ritardo l’attuale sindaco di Gerusalemme si è improvvisamente ricordato che tutte le confessioni religiose cristiane della città godono di una doppia esenzione immobiliare. La prima riguarda chiese, monasteri e tutti i luoghi di culto presenti nella città santa, e fin qui niente da eccepire. La seconda, molto consistente dal punto di vista economico, riguarda tutte le attività commerciali e immobiliari in mano alle diverse confessioni. Stiamo parlando di alberghi più o meno di lusso, ostelli, ristoranti ed altro ancora per un totale di oltre 887 proprietà in mano non solo alle chiese ma anche all’ONU.
Il mancato pagamento dell’IMU israeliana viene calcolato in qualcosa come più di 160 mln di euro annui, una cifra che nessun amministratore comunale vorrebbe farsi scappare. Nonostante esistano delle regolamentazioni fra Israele e le diverse chiese cristiane, lo stato ebraico ha chiuso fino ad oggi occhi e orecchie per motivazioni prettamente diplomatiche, così che la decisione di Nir Barkat, l’attuale sindaco di Gerusalemme, può essere paragonata all’entrata di un elefante in un negozio di cristalli.
Barkat minaccia le chiese cristiane ma in realtà mira alle casse del tesoro. Il sindaco Gerosolomitano non è uno sciocco ed è perfettamente conscio delle ripercussioni diplomatiche che una decisione del genere possa provocare. Ma essendo la capitale di Israele una città relativamente povera, ogni mezzo è lecito per ingrossare le casse comunali.
La situazione fra chiese cristiane e governo israeliano si fa ancora più tesa se si tiene conto che la deputata Rahel Azaria ha recentemente presentato una proposta di legge tesa a poter confiscare terreni di proprietà delle varie confessioni ecclesiastiche qualora fossero vendute a privati per scopi di lucro.
Ed è proprio questo il caso che più preoccupa Gerusalemme. Il Patriarca greco della città, Teofilo terzo, è infatti sospettato di aver venduto centinaia di appartamenti di proprietà della Chiesa greco ortodossa ad ancora sconosciuti investitori privati. Il Patriarca è accusato dai suoi stessi fedeli di aver effettuato la transazione per scopi di lucro, mentre il governo israeliano non è affatto tranquillo, ignorando chi possano essere i futuri proprietari di oltre 1500 appartamenti che sorgono su appezzamenti di terreno dati in affitto dai greci al governo israeliano negli anni ’50. Un affitto lungo 99 anni, e trent’anni possono essere pochi o tanti per porre rimedio ad una situazione per il momento ingarbugliata.
Vai a vedere che alla fine la lotta per Gerusalemme è solo una questione di affitti? (qui)
Poi, se volete qualcosa di più sanguigno, potete trovare qui il pezzo di Deborah Fait.
PS: Ma se, come ha detto San Basilio, il denaro è lo sterco del diavolo, possiamo dire che il clero gerosolimitano è fatto di mosche stercorarie?
barbara
(quelli peggio dei nazisti eccetera eccetera, che opprimono i poveri palestinesi eccetera eccetera…)
Rivoltosi palestinesi hanno lanciato un copertone in fiamme verso dei soldati israeliani.
Il copertone ha cambiato direzione ed è entrato in una fabbrica di plastica palestinese [intervento divino? copertone intelligente?]
La fabbrica è andata a fuoco.
Pompieri israeliani hanno aiutato a spegnere il fuoco.
Prendetevi una notte di riposo, agenti.
#AlcuneCoseSonoMeglioDellaSatira (qui)
E una volta sparano i missili troppo corti e gli cascano in casa, e una volta sbagliano i tempi della bomba e gli esplode addosso, e una volta ci si mette il vento o chissà che altro e si bruciano le fabbriche da soli, e una volta vogliono approfittare di un attacco israeliano a un deposito di armi inscenando la solita Pallywood, e si autoproducono un’autentica strage… Insomma, tante volte micidiali, sì, però gran ciofeche anche come terroristi.
barbara
barbara
C’è un messaggio dietro a questa sfilata in una passerella che riproduce una sala operatoria con la propria testa sottobraccio, dice il signor Gucci. E saremo sicuramente tardi noi, che non la sappiamo capire e apprezzare.
barbara
Provate a immaginare che una fabbrica si metta a produrre magliette da uomo con la scritta “Io parlo maschilista”. Immaginate uomini che sempre più numerosi se ne vadano in giro proclamando, con le loro magliette, che loro parlano maschilista. Immaginate un uomo politico di spicco che, con addosso la maglietta fallofona, si faccia fotografare con strafottente aria di sfida accanto al simbolo del suo partito. Ecco… No: non ho bisogno di formulare la domanda, vero? E meno che mai la risposta.
Aggiungo, restando sostanzialmente in tema, quella cosa del cambiamento semantico di certi sostantivi passando dal maschile al femminile, che abbiamo sentito tutti mille volte: un passeggiatore è uno che pratica attività fisica, una passeggiatrice è una puttana; un uomo facile è uno alla mano, che non crea problemi, una donna facile è una puttana; un peripatetico è un filosofo, una peripatetica è una puttana. Eccetera. L’abbiamo sempre sentito e raccontato come una cosa buffa, quasi una barzelletta. Recentemente l’ho ritrovato in un video come denuncia del vergognoso maschilismo della lingua (in quel caso francese, che per questi termini combacia esattamente con l’italiano). Ok, diciamo che questo sviluppo linguistico denota maschilismo – magari, per dirla con il linguaggio femminista dei tempi di mia gioventù, becero veteromaschilismo fallocratico. Ma che dire allora di coglione? Di testa di cazzo? Di fancazzista? Di rompicoglioni? Di cacacazzi? Si è mai accorto qualcuno che tutti questi insulti, tra l’altro estremamente volgari, sono tutti declinati al maschile? Io credo che sia ora di dare vita a una insurrezione popolare in piena regola, perché io sono veramente stufa (= mi sono rotta i coglioni) di tutte queste stronzate linguistiche. Sono stufa di avere il mio linguaggio limitato e deformato da un branco di dementi (“passere fuori di senno”, le ha una volta genialmente definite il nostro Marco) che storpia in modo osceno la più bella lingua del mondo e pretende di imporre le proprie deliranti storpiature a tutti. Ci avete fatto caso? In tutti i giornali ormai non si legge altro che ministra avvocata sindaca. La prima donna sindaco in Italia è stata eletta nel 1946: durante i settant’anni successivi abbiamo avuto migliaia di donne sindaco, senza che nessuno sentisse la mancanza dell’orrendo sindaca. Le lingue si evolvono? Certo: si evolvono per necessità, per comodità, per naturale decadenza di un termine e naturale sviluppo di un altro, non per dittatoriale imposizione di una banda di deficienti. È arrivato il momento di dire basta.
barbara
E neanche, nonostante la veneranda età, ho bisogno di farmi fotografare vicino alla peggiore cozza in circolazione per sembrare più carina grazie al confronto (ma finché si perdono dietro a queste pagliacciate, a queste buffonate, a queste baracconate, come possiamo aspettarci che abbiano intenzione di occuparsi dei problemi veri dell’Italia?).
barbara
“e molte/i altre/i voci del mondo della cultura italiano”
Perché, come tutti sappiamo, c’è una voce femmina e un voce maschio (ma di un maschio signora mia, ma di un virile, ma di un maschione, ma una roba che guardi, non mi ci faccia neanche pensare che se no…), e giustamente ad entrambi i sessi vocesi, vocili, vociani, insomma quelli, viene data la giusta attenzione. Questo gioiello, talmente gioielloso che il Koh-i-Noor
se lo vede si va a nascondere dalla vergogna, si trova qui. Si tratta dell’appello del grande nonché geniale attore regista musicista pacifista intellettuale eccetera eccetera Moni Ovadia, grandissimo amico di Gino Strada, a sua volta grandissimo amico di un tot di terroristi, e chissà se varrà quella famosa proprietà transitiva che io non mi voglio sbilanciare per carità ma insomma vedete un po’ voi, l’appello, dicevo, per Potere al popolo, il nuovo partito di estrema sinistra più a sinistra dell’ultima estrema sinistra conosciuta che era molto più a sinistra dell’ultima estrema sinistra precedente, il cui modello ideale, come spiega la sua leader Viola Carofalo – e ditemi voi se potete immaginare una faccia più da sfigata di questa
è il Venezuela. Nell’articolo è possibile leggere anche le numerose firme fin qui giunte, che riportano fra parentesi le professioni dei firmatari: beh, ammazzatemi se fra tutti questi appassionati di potere al popolo trovate un operaio, un contadino, una commessa, una donna di servizio, un fabbro, un venditore ambulante, un postino, un pizzaiolo… In compenso, gioielli nel gioiello, troviamo, fra le varie professioni – giornalista, attore, ricercatore, regista, docente universitario, oncologo… – una strepitosa “Adriana Maestrelli (antifascista)” e una “Angela Sajeva (attrice, narratrice, femminista)”, che se poi qualcuno mi spiega che mestiere è la narratrice mi fa un favore, grazie. Da segnalare infine l’unico, almeno finora, commento sotto l’articolo dell’appello:
Tommaso Granata
09 febbraio 2018 – 16:22
compagni, l’emancipazione esige distruzione
che mi sembra la migliore illustrazione di questo nuovo che avanza, anzi, che è avanzato e nessuno ha ancora provveduto a spedirlo nella pattumiera.
barbara
Per quei due o tre umani che eventualmente non capissero il veneto: angolo delle bugie.
barbara