PRIMA DI ILAN

Il rapitore sa che Ilan è ebreo, perché ha intenzionalmente scelto un ebreo. Me ne convinco nel momento stesso in cui David e Mony mi riferiscono la loro giornata al Quai des Orfèvres. E ne sono convinta perché l’altro ragazzo, che avrebbe potuto essere al posto di Ilan, Marc K., è ebreo anche lui. Non è un venditore di telefoni che voleva rapire, a che scopo? Voleva un ebreo. Tutti i giovani ebrei, che lavorino o no in negozi di telefonia, erano potenziali obiettivi. Altrimenti, perché il rapitore ci suggerirebbe ora di sollecitare la comunità ebraica?
Il comandante di polizia, a cui comunico le mie conclusioni, ritiene che mi sbagli. Il rapitore recita il Corano, nomina la comunità ebraica, Marc K., scampato per un pelo all’agguato, è ebreo anche lui, e il comandante mi dice che sono sulla strada sbagliata?! Perché si rifiuta di guardare in faccia la realtà? Perché si ostina a questo modo, sapendo che Ilan non è il primo ebreo ad avere incrociato la strada con delinquenti di questo stampo? Prima c’è stata la storia dei medici, poi Michaël D.
All’inizio del 2005, infatti, molti medici ebrei hanno denunciato tentativi di estorsione. Falsi pazienti si presentavano nei loro ambulatori e si facevano prescrivere un congedo fasullo per malattia. Questi individui sostenevano tutti di abitare in Rue Serge-Prokofiev, a Bagneux. La via dove Ilan è stato tenuto prigioniero e torturato. Gli investigatori dunque conoscevano bene questo indirizzo, era scritto nero su bianco sulle cartelle dei medici, vi si sono almeno recati? Qualche giorno dopo i ricattatori richiamavano i medici minacciando di denunciarli all’Ordine se non avessero pagato un riscatto. Come con noi, i negoziati venivano condotti attraverso due caselle email appositamente create. Questo medesimo modo di operare, molto particolare, non è sfuggito agli investigatori. Fin dall’inizio delle indagini hanno sospettato che si trattasse dello stesso racket, ma questa volta passando a un livello superiore: la presa di ostaggi. E, riguardo a questo, hanno subito presunto che non erano al loro primo tentativo, perché un altro ebreo, Michaël D., era scampato per un pelo a un tentativo di rapimento il 6 gennaio ad Arcueil, ossia quindici giorni prima della scomparsa di Ilan.
La disavventura di Michaël D. comincia ai primi di dicembre quando, con il figlio Jimmy, riceve la visita a sorpresa a casa loro di una cantante di nome Melvina. Questa ragazza vorrebbe sfondare nel mondo della musica, sostiene di aver sentito dire che Jimmy era un produttore, e per questo si permette di bussare alla sua porta. Jimmy risponde che non lavora più in quell’ambiente e non può fare nulla per lei, ma lei insiste così pesantemente che alla fine le dà il suo numero di telefono. Da allora Melvina lo tempesta di telefonate. Il 5 gennaio finisce per ottenere un appuntamento. Jimmy glielo concede affinché lo lasci in pace, ma non ci va. Melvina comprende che il ragazzo le ha dato buca, ma non per questo lascia perdere, al contrario: alle ventidue di quel 5 gennaio 2006, si presenta un’altra volta a casa sua senza preavviso. La accoglie François A., un amico che Michaël D. ospita a quel tempo. Quest’ultimo informa subito Jimmy per telefono. L’ex produttore, esasperato, chiede a François di mandare via questa «rompiscatole» e di dirle che non rientrerà per la notte. François A. esegue, e riaccompagna gentilmente Melvina.
Ma un’ora dopo la «cantante» si ripresenta, ben decisa ad aspettare Jimmy tutto il tempo che servirà. Questa volta François A. si lascia commuovere e la invita ad aspettare nella sala. Verso mezzanotte rientra Michaël D., il padre di Jimmy, e trova il suo amico in piena discussione con una bella ragazza. A sua volta simpatizza con lei e, vista l’ora tarda, le propone di riaccompagnarla a casa. Seguendo le sue indicazioni, lascia Melvina di fronte a un edificio di Arcueil. È allora che la sedicente cantante gli chiede di accompagnarla fino all’ingresso, dicendo che non si sente sicura. Michaël non vede alcun problema, finché non si rende conto che vuole attirarlo sulla scala che conduce all’interrato.
– Abiti davvero qui? le domanda.
Melvina, delusa, improvvisa. Racconta che voleva portarlo in un locale dove lei è solita cantare per recuperare dei modelli perché lui li consegni a suo figlio. Poi dice che ha perso le chiavi, che deve passare da sua madre, che ritorna subito. Scompare e lascia Michaël nell’atrio per cinque minuti. Al suo ritorno lo prega di accompagnarla a Bagneux da un’amica. Michaël accetta senza fare domande.
La faccenda si sarebbe dovuta chiudere lì, ma il giorno dopo, nel tardo pomeriggio, Melvina richiama Michaël D. Gli ripete quanto sogni di fare carriera nella musica, lo supplica di organizzare un incontro con suo figlio. Michaël le risponde di nuovo che Jimmy ha cambiato tipo di lavoro e non è in grado di aiutarla. Ma Melvina si mostra così affranta che quando gli propone un incontro alla stazione RER15 ad Arcueil, non sa come rifiutare. E per tirarla su di morale, la porta a pranzo in un bistrot a St. Germain-des-Prés, e poi la riaccompagna, come il giorno prima, fino all’ingresso di quell’edificio di Arcueil. Questa volta, meno prudente, la segue sulla scala che porta al seminterrato. Mal gliene incoglie. Colpito alla testa da due uomini incappucciati, perde immediatamente conoscenza. Messi in allarme dalle sue urla, alcuni inquilini si precipitano al seminterrato. Trovano Michaël D. disteso sul pavimento, il viso coperto di sangue, caviglie e mani legate da manette.
Il 6 gennaio Michaël D. presenta la denuncia. L’inchiesta in flagranza di reato è chiusa il 20 gennaio – il giorno in cui viene rapito Ilan – e inviata il 25 alla procura del TGI16 di Créteil. Il 28 il giudice istruttore di questo tribunale invia una rogatoria al SDPJ 9417, poi, il 7 febbraio, passa la competenza del caso al giudice istruttore di Parigi incaricato del sequestro di Ilan. Il quale, a sua volta, invia una rogatoria alla polizia criminale in modo da poter indagare parallelamente sull’aggressione a Michaël D., nell’ipotesi che i suoi aggressori siano gli stessi di mio figlio.
La polizia dunque ha fatto presto a collegare modi operativi così simili: la presenza di un’esca, i negoziati con caselle di posta elettronica appositamente create a questo scopo e la vicinanza geografica delle aggressioni – Arcueil e Bagneux per Michaël D., Sceaux per Ilan. Ma sembra che sia sfuggito agli investigatori il più importante dei punti in comune di questi diversi casi: non si sono accorti che tutte le vittime erano ebree. I medici ricattati, Marc K., Michaël e Jimmy D., Ilan. No, non se ne sono resi conto, supporre una cosa simile era troppo insopportabile. Come supporre che in Francia, nel 2006, un ebreo poteva anche rischiare la vita solo perché ebreo?

Ruth Halimi – Émilie Frèche, 24 giorni La verità sulla morte di Ilan Halimi, Belforte, pp. 46-49 (traduzione di Barbara Mella, Elena Lattes, Marcello Hassan)
ilan
Il 13 febbraio di dodici anni fa si concludeva il martirio di Ilan Halimi, durato 24 giorni. Durante i quali la polizia francese ha continuato a negare pervicacemente la natura islamica e antisemita del crimine. E dopo dodici anni ancora non ha smesso di negare e occultare la matrice islamica, e spesso anche antisemita, di tutto ciò che sta continuando a succedere. Il loro negazionismo estremo di allora ha portato all’atroce morte di Ilan: a che cosa ci porterà quello di oggi?

barbara

  1. Il libro CI voleva e adesso dovro’ comprarlo e leggere il resto. La Vera questione e’ perche’ questa storia non era comparsa prima sui media; ovviamente e’ stata soppressa e chissa’ quante altre ce ne Sono che non sapremo forse Mai e di cio paghiamo un Caro prezzo.E ORA DI FARE ALIYAH, E DI…(autocensurato)

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    • Elena e io abbiamo combattuto, io su un fronte e lei su un altro, per nove mesi, un vero e proprio parto, prima di riuscire a trovare un editore che ce lo pubblicasse. Il primo a cui ci siamo rivolte ha risposto che è un episodio di cronaca locale, che non può interessare fuori di lì e quindi il libro non avrebbe mercato. Il libro è assolutamente da leggere. Preferibilmente con una discreta dose di pelo sullo stomaco, per riuscire a reggere certe pagine.

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  2. E’ cronaca locale! Ma potrebbe succedere in qualsiasi altro luogo..nazioni comprese.
    In particolare…parla nelle sue pagine di fatti importanti..e che non devono succedere
    assolutamente…
    Trovo che non è solo una tristissima trama ma anche una denuncia sù quanto continua
    a succedere come ..l’ ebreo da colpire, uccidere perchè..e’ ebreo! Non si deve assolutamente permettere che questo…continui a succedere.
    Le falle investigative! Indizi comuni…
    Il silenzio..l’ occultare le plateali matrici terroristiche islamiche e nonostante che tutto porti
    a questo indirizzo fermamente anche con il passare del tempo.
    Tutto questo ha l’ aspetto ipocrita che sà di protezione verso gli islamici ..forse temendo
    un certo risentimento della popolazione a largo raggio.
    La gente non è stupida…e dovrebbe, doveva far sentire il loro risentimento verso l’
    abominevole fattaccio…dove un giovane è stato torturato al pari..o forse di piu’ di certi rappresentanti ..dei quali i ricordi, cicatrici fanno e devono sempre fare male..non aveva fatto nulla, era solo ebreo.Tutto questo ..un vero martirio! Per poi arrivare all’ atto finale.
    La morte!
    Pensateci! A loro importa che sia ebreo..ma chissà..potranno andare bene tutti, anche gli
    atei..e potrebbe essere vostro figlio.
    Un pizzico di empatia..chi ne ha è doloroso. Non possiamo restarcene in silenzio.
    Questo libro..non credo che poi sia un copione di altri. Deve uscire è dovuto per Ilan e la sua famiglia.
    E..sugli scaffali delle librerie è possibile trovare pubblicazioni…che sono dalla parte di chi
    uccide.

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  3. Chi si interessa anche minimamente al problema sa bene che l’antisemitismo non è affatto scomparso ma anzi è presente persino tra alcuni politici mascherato in forme diverse. Inoltre, devastazioni di cimiteri ebraici e aggressioni non sono infrequenti, soprattutto in Francia dove l’Islam ha imposto “il suo dominio culturale” (Éric Zemmour). Il libro su Ilan Halimi, “24 giorni”, ricostruzione del rapimento e del barbaro assassinio di un ragazzo ebreo francese, dovrebbe essere studiato nelle scuole.

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