LA VOS THALASSA, I POVERI MIGRANTI, E IL PERFIDO INFAME MALVAGIO SALVINI CHE NON VUOLE FARLI SBARCARE

Fausto Biloslavo – Mer, 11/07/2018

E adesso i migranti, in gran parte illegali, si ribellano e minacciano di morte i marittimi italiani del rimorchiatore che li ha soccorsi, se non vengono portati verso le nostre coste

A tal punto che deve intervenire la Diciotti della Guardia costiera con un elicottero della Marina militare in appoggio. Nonostante fosse arrivata anche la motovedetta libica Ras Jadir, che voleva riportare indietro tutti i migranti. Il risultato è che 67 persone (58 uomini, 3 donne e 6 minori) verranno sbarcati in Italia dopo aver scatenato una giornata di scontro politico nel governo fra il Viminale e il ministero dei Trasporti, che ha la competenza per la Guardia costiera. Solo uno dei migranti, di nazionalità yemenita, scappa dalla guerra, che travolge il suo Paese. Gli altri arrivati da Bangladesh, Nepal, Ghana, Pakistan, Palestina, Algeria, Marocco, Egitto, Ciad, la stessa Libia e Sudan difficilmente potranno ottenere asilo nel nostro Paese.
L’ennesimo episodio ambiguo sul fronte dell’immigrazione via barconi dalla Libia, che fa il gioco dei trafficanti. Vos Thalassa è un rimorchiatore d’altura battente bandiera italiana con 12 connazionali di equipaggio compreso il capitano. La nave ha un contratto per le piattaforme petrolifere Total a una cinquantina di miglia dalla Libia. Domenica i marittimi italiani prestano soccorso a un barcone in legno che rischia di affondare. E si caricano a bordo i 67 migranti avvisando la Guardia costiera libica e quella italiana.
Da Tripoli fanno salpare la motovedetta Ras Jadir per andare a prendere i migranti e riportarli indietro. Il rimorchiatore italiano fa rotta verso le coste libiche. Il comandante scrive: «Buonasera, alle 22 it la nave è partita per il punto d’incontro con la motovedetta libica». Però «alle 23 qualcuno dei migranti in possesso di telefoni e Gps ha accertato che la nave dirigeva verso Sud» e non a Nord in direzione dell’Italia. Sembra che un «naufrago» avesse anche una bussola. «È iniziato così uno stato di agitazione – si legge nell’allarmante messaggio – I migranti in gran numero dirigevano verso il marinaio di guardia chiedendo spiegazioni in modo molto agitato e chiedendo di poter parlare con qualche ufficiale o comandate». Il marittimo italiano «impaurito e accerchiato contattava il ponte via Vhf». Dalla plancia interviene il vice del comandante, ma «i migranti hanno accerchiato il primo ufficiale chiedendo spiegazioni e manifestando un forte disappunto, spintonando lo stesso e minacciandolo…». Nel sobillare l’ammutinamento si distinguono un ghanese e un sudanese, che aizzano gli altri. Alla fine gli italiani cedono: «Per tranquillizzare la situazione abbiamo dovuto affermare che verrà una motovedetta italiana» si legge nei messaggi.
I libici raggiungono il rimorchiatore a notte fonda. L’ammiraglio Ayoub Qassem, portavoce della Guardia costiera conferma: «Volevamo accompagnarli verso la costa, ma non c’è stato nulla da fare: le persone a bordo hanno continuato a protestare e a minacciare l’equipaggio, costringendo il rimorchiatore a dirigersi verso Nord».
Lunedì la società armatrice protesta per «non aver ricevuto ancora assistenza» 24 ore dopo il soccorso. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, chiarisce subito che i porti sono chiusi: «Nelle acque di ricerca e soccorso libiche intervengono i libici. Le navi delle Ong sono finalmente lontane dagli scafisti. Ora sto lavorando perché anche le altre navi, private o militari, non aiutino i trafficanti a guadagnare altri soldi». Però di fronte alla «situazione di grave pericolo per la sicurezza della nave e del suo equipaggio» italiano la Guardia costiera è costretta a intervenire con la nave Diciotti che trasborda i migranti. Per tutto il giorno si alza la tensione politica fra Salvini e Toninelli. Alla fine la Diciotti attraccherà oggi in Italia, i migranti verranno sbarcati, ma il ministro dei Trasporti garantisce che «i responsabili delle minacce di morte all’equipaggio della Vos Thalassa saranno fermati e arrestati». (qui)

Ricapitolando: decine di persone, bambini compresi, si imbarcano – o vengono imbarcati dai negrieri libici al modico prezzo di qualche migliaio di euro a testa – per attraversare il Mediterraneo su un barcone che a stento riuscirebbe ad attraversare il Po. Dopo pochi chilometri, casualmente, non si sa come mai, vedi un po’ le cose strane che succedono nella vita, il barcone sta rischiando di affondare. Di solito questo succede quando c’è una falla: evidentemente c’era da prima e loro, ahiahiahi ragazzacci distratti, non se n’erano accorti. O si è aperta da sola: si sa che le falle nelle barche sono famose nel mondo per la pessima abitudine di aprirsi da sole, come quando sei lì che non stai facendo niente e improvvisamente pafff, ti salta fuori un foruncolo sul naso, così, completamente da solo. Vabbè, stanno affondando; la nave più vicina prontamente li soccorre – come è giusto – e contemporaneamente avvisa l’autorità competente per quel tratto di mare, ossia la guardia costiera libica – come è altrettanto giusto – che va loro incontro per andarli a prendere e completare il salvataggio. Haha! Credevate voi di poterli fregare quei poveracci che non hanno niente di niente oltre agli stracci che hanno addosso, che fuggono dalla miseria, dalla disperazione,  dalla morte per fame, credevate, eh? E invece vi hanno fregato loro! Tirano fuori telefoni, bussole, GPS e si accorgono che non li state portando in Italia! Ma voi veramente credevate che avessero bucato la barca – ooops, pardon! Che si fossero disgraziatamente trovati su una barca che rischiava di affondare – per essere salvati dall’annegamento? O GRULLI! Ma quando mai! E niente, costringono con la violenza – riooops, ripardon, convincono con argomenti persuasivi – l’equipaggio a cambiare rotta e portarli in Italia. A questo punto salvinimmerda figlio di satana si rifiuta di cedere al ricatto e come da copione si levano gli alti lai dei soliti buoni contro il tentato genocidio dei poveri migranti che fuggono da guerra fame persecuzioni eccetera eccetera. Difficilmente potranno ottenere asilo nel nostro paese, dice. Infatti non lo otterranno. E se ne andranno in giro per l’Italia senza asilo, come tutti gli altri et nunc et semper et in saecula saeculorum, amen.

Aggiungo un paio di cose che ho trovato in giro, che mi sembrano adeguate.
razzista
risorse
maglietta x disabili
E poi c’è questo qui, che ha trovato il modo più giusto di esprimere il suo odio antisalviniano e il suo ecumenico amore, antifascista e antirazzista, per le vittime della salvinistica furia:
razzismo
barbara

QUEI RAGAZZI THAILANDESI INTRAPPOLATI E SALVATI

“Tutti i ragazzi della squadra dei Cinghiali per più di due settimane prigioniera nella grotta di Mae Sai e il loro allenatore sono liberi: lo hanno annunciato i Navy Seals thailandesi. Il gruppo ha passato più di due settimane nelle viscere della montagna ed è stato liberato grazie a un’operazione internazionale senza precedenti. “Non sappiamo se è stata scienza o un miracolo: ma sono tutti fuori!” hanno scritto i Navy Seals sulle loro pagine Facebook e Twitter” (Repubblica)

No? Davvero davvero non lo sapete grazie a che cosa li avete salvati? Vabbè, ve lo dico io, anzi, ve lo faccio dire da Fabiana Magrì, con questo articolo del 6 luglio.

Le operazioni di salvataggio dei dodici ragazzi thailandesi prigionieri con il loro allenatore nella grotta di Tham Luang tengono il mondo con il fiato sospeso. Le immagini del ritrovamento del gruppo, dieci giorni dopo la scomparsa nei meandri della grotta, e la trasmissione della conversazione tra i primi due soccorritori e l’allenatore, rimbalzate poi in tutto il mondo, sono state il primo di una serie di miracoli che – si spera – porterà ad archiviare la vicenda come un’orribile disavventura finita per il meglio grazie alla forza di volontà e alla tecnologia. Perché senza tecnologie all’avanguardia, le comunicazioni tra esterno e interno di quella grotta non sarebbero possibili.
Un’azienda israeliana, MaxTech Networks, ha sviluppato un sistema di apparecchi smart in grado di comunicare tra loro anche in situazioni estreme e in assenza di segnale. Dopo poche ore dalla notizia della scomparsa dei ragazzi, Moshe Askenazi, agente di base in Thailandia per conto dell’azienda, ha avvisato la casa madre in Israele che ha subito mandato una squadra di tecnici equipaggiati con le radio mobili Max mesh. «Si tratta di un dispositivo resiliente», ha spiegato ai media Uzi Hanuni, fondatore di MaxTech Networks «che all’apparenza sembra un normale walkie talkie. In realtà al suo interno c’è un sofisticato algoritmo, risultato di dieci anni di ricerca e sviluppo, frutto del lavoro di venti ingegneri».
Se la tecnologia è “smart”, ancora di più lo è, nella sua semplicità, l’idea alla base. Gli apparecchi funzionano tra loro come anelli di una catena. Ogni dispositivo crea un ponte con il successivo, fino a consentire una trasmissione continua di dati, immagini e voce tra il primo e l’ultimo elemento della staffetta. «In situazioni come quella in cui stiamo intervenendo in Thailandia e in generale in circostanze di catastrofi naturali», continua Hanuni, «le comunicazioni, per come le conosciamo oggi, collassano. Qualsiasi squadra di soccorso al mondo può beneficiare di uno strumento come Max mesh», il cui sistema si adatta automaticamente alle diverse condizioni di rete, ai gradi di mobilità e alle condizioni ambientali, creando un’infrastruttura virtuale. Intanto, nelle ultime ore, è arrivata la notizia che Saman Kunan, 38 anni, ex Navy Seal in congedo che si era unito volontariamente alla squadra dei soccorritori, è morto per la mancanza di ossigeno lungo il percorso. Le condizioni per il salvataggio sono davvero estreme.
Israel_Tech_Thailand_Cave_Boys 1
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Possiamo anche chiamarlo miracolo, se vogliamo, ma è un miracolo della tecnica, dell’inventiva e della generosità israeliana.

barbara