(avevo questo pezzo in archivio da alcuni mesi. Oggi lo pubblico. Voi leggetelo, anche se è lungo, e poi vi spiego perché)
Se famo du spaghi
Si sente sempre più spesso parlare di “alimenti bio”, dove per agricoltura biologica si intende un tipo di agricoltura che sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, che vuole promuovere la biodiversità delle specie domestiche e che esclude l’utilizzo di prodotti di sintesi e degli organismi geneticamente modificati.
Ma siamo sicuri che sia così? E che cos’è il biologico? Una moda, un lusso per pochi, una fissazione di alcuni o una certificazione di qualità che tutti dovremmo ricercare nei nostri acquisti?
Ho parlato recentemente di alimentazione in “La verità, vi spiego, sulla pasta“, spiegando come la qualità del grano incida notevolmente sul prodotto finale e come in altri luoghi del mondo l’utilizzo di pesticidi possa causare problemi alla salute.
In questo articolo proverò a capire se il cibo biologico è quello che dice di essere o se ci sia qualcosa “dietro”.
Intanto, cosa mettiamo realmente nel piatto quando mangiamo cibo considerato più naturale? E, soprattutto, perché il biologico ha prezzi ancora molto elevati rispetto al cibo “tradizionale”?
Intanto vediamo la produzione: un ettaro coltivato a grano con metodo biologico rende la metà rispetto a un ettaro di grano in agricoltura integrata. Questo significa che per produrre la stessa quantità di grano bio dovremmo occupare più terra e mettere in conto un aumento di emissioni nocive (derivanti dall’uso di macchine agricole su una superficie più estesa e dal dissodamento di una quantità maggiore di suolo), la distruzione della biodiversità e la sottrazione di nuove terre a foreste e praterie.
L’ideologia del bio (-logico o -dinamico) si riferisce all’attività che è biologica per eccellenza e cioè l’agricoltura, pretendendo di riportarla ad una purezza primigenia che poi sarebbero le tecniche in uso prima della rivoluzione scientifica dell’ottocento (per il biologico) o una congerie di procedure a base magica (il biodinamico).
Il danno è soprattutto culturale ed è enorme in quanto chi fa bio non si accontenta di sfruttare le nicchie di mercato che sarebbero il loro naturale punto d’approdo ma al contrario propone una vera e propria dittatura che imponga all’intera agricoltura mondiale il proprio punto di vista, rifiutando quel bagaglio di innovazioni che è stato alla base della rivoluzione che oggi ci consente di nutrire il mondo più e meglio di quanto si sia mai fatto in passato (la percentuale della popolazione mondiale al di sotto della soglia di sicurezza alimentare è scesa dal 50% del 1945 al 10% odierno).
Peraltro quello del bio è un “tormentone” che ci viene continuamente propinato da tutti i grandi media, dai quali il bio ci arriva condito da slogan di salvataggio del pianeta, lotta ai cambiamenti climatici, cibo puro, sostenibilità, cibo più gustoso, ecc. ecc.
Ma è vero? Vediamolo.
- Il biologico non usa pesticidi: falso, nel senso che usa pesticidi di vecchia generazione (es: solfato di rame che persiste nel terreno per tempi indefiniti, insetticidi dannosi per la flora acquatica e la microflora del terreno).
- Il biologico vuol bene alla natura: vediamo cosa c’è scritto sull’etichetta di alcuni pesticidi usati nell’agricoltura biologica: nei formulati insetticidi a base di Spinosad e Azaridactina si legge “Altamente tossici per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.” (il secondo poi è un perturbatore endocrino). La “poltiglia bordolese”, fungicida a base di rame, poi è: “nociva se inalata, provoca gravi lesioni oculari, molto tossica per lunga durata per gli organismi acquatici”.
- Il biologico vuol bene alle piante: è falso perché usando prodotti fitosanitari antiquati non le si difende adeguatamente dai nemici (sarebbe come se contro malattie umane terribili – polmonite, peste, vaiolo, colera, sifilide, ecc. – si rinunciasse all’uso degli antibiotici rinnegando le regole più elementari della nutrizione vegetale si affamano le piante negando loro il necessario apporto di nutrienti.
- Il biologico fa bene al consumatore: sul piano della salubrità non si dovrebbero mai scordare i 54 morti e i 10 mila ricoveri in ospedale avvenuti i Germania e Francia nel 2011 a seguito di consumo di germogli di fieno greco prodotti da una azienda biologica tedesca e che contenevano tossine prodotte dal ceppo O104 di E. coli (Frank etal, 2011). Sempre sul piano della salubrità si ricorda l’articolo “Non crediamo in bio – La frutta e la verdura in commercio non sono più ricche di nutrienti né più salutari di quelle tradizionali. Ecco le prove.” uscito tempo fa su Altroconsumo (Freshplaza, 2015). In tale lavoro si ponevano a confronto alimenti bio con alimenti convenzionali mostrando la sostanziale equivalenza in termini di salubrità (salvo che per contenuto in nitrati per il quale i prodotti bio erano peggio rispetto ai convenzionali). Sul piano economico si rimanda invece al punto successivo.
- Il biologico è sostenibile sul piano economico: per l’imprenditore agricolo può esserlo a patto di trovare “amatori” in grado di spendere il doppio o il triplo per lo stesso identico prodotto, visto che la produttività del bio è molto più bassa e i costi di produzione più elevati (basti pensare che il diserbo a mano di 1 ettaro di risaia comporta 450 ore di lavoro l‘anno contro meno di 10 ore l’anno richieste dal diserbo chimico).
- Il biologico è sostenibile sul piano ambientale: è falso poiché se con una decisione sciagurata si decidesse di elevare tali agricolture a uniche agricolture a livello mondiale il risultato sarebbe che si dovrebbero raddoppiare le terre coltivate con effetti ambientali catastrofici (addio boschi e praterie). Siamo infatti parlando di una tecnologia che produce se va bene il 50% in meno di quella convenzionale, per cui i conti sulle necessità di suolo sono presto fatti.
- Il biologico combatte i cambiamenti climatici: è falso. Se si fosse tradotto in legge il sogno di tutti i seguaci del bio e cioè quello di fermare le tecnologie in agricoltura a quelle in uso negli anni ‘60, per soddisfare l’aumento di domanda indotto dal passaggio dai 3 miliardi di abitanti del pianeta del 1960 agli oltre 7 miliardi odierni gli arativi sarebbero dovuti passare dagli 1,5 miliardi di ettari attuali a 3,2 miliardi di ettari e le emissioni annue del settore agricolo sarebbero salite dagli 1,4 miliardi di tonnellate di carbonio attuali a ben 6 miliardi, secondo stime effettuate da Burney et al. (2010).
- Il biologico è naturale perché valorizza le varietà antiche: le varietà antiche sono le uniche in grado di essere gestite con le tecnologie antidiluviane adottate in ambito Bio. Se tali tecnologie fossero applicate a varietà moderne (più esigenti in termini di nutrizione, irrigazione e difesa) il risultato sarebbe il fallimento completo delle colture.
L’agricoltura è l’attività biologica per eccellenza in quanto sfrutta la fotosintesi per produrre cibo e altri beni di consumo; in agricoltura non importa come produci ma importa che alla fine il tuo prodotto risponda ai requisiti qualitativi previsti dalle normative vigenti. Da questo punto di vista è eticamente scorretto indicare i prodotti biologici come prodotti più sicuri in quanto la sicurezza è una cosa seria.
Il biologico parrebbe un cibo sano, pulito, salutare, sul quale tutti sono d’accordo. Eppure, proprio nel momento in cui si dovrebbe arrivare a una definizione più precisa e alla messa a punto di regole e tecniche, c’è chi si oppone e sostiene che i prodotti “organici” siano pericolosi.
La legge dichiara invece che la produzione biologica è attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale in quanto settore economico basato prioritariamente sulla qualità dei prodotti, sulla sicurezza alimentare, sul benessere degli animali, sullo sviluppo rurale, sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e sulla salvaguardia della biodiversità, che concorre alla tutela della salute e al raggiungimento degli obiettivi di riduzione dell’intensità delle emissioni di gas a effetto serra.
Non tutti sono d’accordo.
“E’ un disegno di legge che promuove un metodo a discapito di un altro, scoraggia la ricerca scientifica, finanzia corsi che andrebbero a promuovere un marchio sostanzialmente privato come quello biodinamico che fa uso anche di pratiche esoteriche. In compenso l’Italia rimane un Paese dove è vietato non solo all’imprenditore agricolo di coltivare piante Ogm, ma perfino ai ricercatori pubblici di sperimentare in campo aperto piante geneticamente migliorate”, dice Deborah Piovan, imprenditrice agricola, una dei 400 firmatari di un documento che è stato inviato al Senato in vista della ripresa della discussione del disegno di legge in Commissione.
Di parere critico rispetto alla legge è anche Elena Cattaneo, farmacologa, biologa e senatrice, che ha condotto numerose campagne contro il biologico. In numerosi articoli ha sostenuto che i campi coltivati a biologico possono inquinare il terreno con un metallo pesante, il rame, più tossico del glifosato, il diserbante prodotto dalla Monsanto e ora da Bayer. Non solo è l’erbicida più usato in tutto il mondo, ma è noto alle cronache per numerosi articoli e istituzioni scientifiche, per esempio lo “Iarc”, acronimo di “International Agency for Research on Cancer”, ossia l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che lo hanno accusato di essere cancerogeno, di interferire a livello ormonale, di creare problemi ai reni, di abbassare il testosterone nell’uomo, di danneggiare le informazioni genetiche a livello cellulare, e anche di provocare la moria delle api. In Europa, ne è stata concessa l’autorizzazione per i prossimi 5 anni. La Francia ne ha vietato la vendita ai privati, l’Olanda prevede di bandirlo entro il 2025.
“Le campagne di criminalizzazione dell’agricoltura chimica sono pericolose. Non si può pensare a una agricoltura senza pesticidi. E le molecole che vengono usate sono tutte entro i limiti di legge. Il glifosato per esempio è un prodotto con un profilo tossicologico bassissimo. Mentre il rame, usato nel biologico, è più tossico”, sottolinea Donatello Sandroni, giornalista del settore agricoltura con un dottorato in eco tossicologia, un altro firmatario del documento.
Che dobbiamo fare? A chi credere? Ma il biologico è buono o no?
Io sinceramente non so più a chi credere, spero solo che chi legifera, lo faccia con una mano sul cuore e non sul portafogli, e che pensi più al futuro dei nostri figli e nipoti che non al proprio. (qui)
Letto tutto? Bene, allora adesso vi spiego perché oggi sono andata a ripescarlo:
Leggo in giro, da parte dei sostenitori, che non è giusto criticarla per la scarsa scolarità, in quanto, da ex bracciante, per il ministero delle politiche agricole è più competente di chiunque altro. Ebbene no, titoli di studio a parte, quando si passa dalle parole ai fatti la signora ministro dimostra inequivocabilmente di non sapere niente e non capire niente. Ossia di essere tanto ignorante quanto stupida. Non perché non è andata a scuola, non perché, da sindacalista, non ha mai sentito il bisogno/desiderio/opportunità di integrare i suoi studi con una scuola serale (per quanto…), ma perché oggi, da ministro di uno specifico ministero, non si prende neppure la briga di informarsi sulle cose di cui intende parlare, prima di parlare.
Quanto a me, posso vantarmi di non avere mai, in tutta la mia vita, acquistato un prodotto bio, tranne le volte, peraltro rare, in cui era l’unico disponibile dell’articolo che mi serviva.
barbara