RAGAZZI

Una signora anziana cammina in acqua. Qualche decina di metri più in là dei ragazzi si divertono a tirarsi manate di fango. Improvvisamente uno di loro, il più grasso per la precisione, cioè quello con la maggiore massa e forza d’urto, comincia a correre a tutta velocità verso la riva pestando forte e sollevando schizzi altissimi, ma non va diritto: a un certo punto devia puntando dritto verso la signora anziana in modo da passare vicinissimo a lei e schizzarla fin sopra i capelli. La signora decide di ignorare il dispettino, di per sé sgradevole ma che, dal momento che è già bagnata perché ha già fatto il bagno, non comporta particolari fastidi. Errore: visto che l’attacco soft non ha provocato reazioni, si passa alla fase due, più consistente: cominciano ad arrivare sulla schiena e sui capelli schizzi di fango. Poiché non si soffre di manie di persecuzione, c’è il dubbio se siano mirati o se siano effetti collaterali di una battaglia fra di loro. Ogni dubbio svanisce quando, dopo qualche momento di interruzione, arriva una vera e propria bordata di palle di fango grosse e ben pressate. Anche così non sono sassi, non arrivano a fare propriamente male, ma non c’è dubbio che questo sia un attacco in piena regola, programmato e mirato. Mi sono girata di scatto e ho fatto in tempo a vederli mentre si buttavano tutti sott’acqua per non farsi vedere. Ho urlato stronzi. Avrei dovuto fare di più. Avrei dovuto marciare decisa verso di loro, dire venite qua a guardarmi in faccia, se oltre a tutto il resto non siete anche vigliacchi. Non l’ho fatto. Non per paura che mi aggredissero, ma perché sul momento non mi è neppure venuto in mente. Mi sono semplicemente sentita come svuotata di fronte alla gratuità dell’attacco, e soprattutto alla vigliaccheria della scelta del bersaglio, primo donna, secondo coi capelli grigi e dunque, anche se troppo lontana per poterle contare le rughe, presumibilmente anziana. E penso a quelli che attaccano e pestano a sangue l’handicappato, il vecchio barbone, la vecchietta curva, e non con del banale e dopotutto innocuo fango. La logica è la stessa: sentirsi forti mettendosi in branco e attaccando il più debole. Poi genitori e insegnanti, se ne vengono informati, alzano le spalle e dicono: “Ragazzate”. E più loro alzano le spalle, più i ragazzi alzano il tiro. E gli strumenti di attacco. Magari coi sassi dai cavalcavia dell’autostrada. E quando finalmente ci scappa il morto dicono con aria un po’ stupita e tanto innocente: “Era un giochino tanto divertente!”

barbara

Una risposta

  1. guarda quello che ho imparato dalle “risse” a scuola è che se “meni” da subito poi la piantano e vanno a cercare qualche altro bersaglio “più facile”; il perdonare, il non reagire viene preso come un semaforo verde per alzare la posta.

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    • Anche secondo me molto dipende dall’esempio e dall’educazione ricevuta. Ci sono ragazzini che non farebbero mai atti del genere. Di esempi di tutti e due i tipi – i “bravi ragazzi”, i vandali e i genitori che ritengono di non doversi immischiare – se ne vedono in abbondanza.

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        • Adesso all’omino di passaggio risponderebbero fatti i cazzi tuoi e non rompere i coglioni vecchio rincoglionito. Famiglie e scuola sono purtroppo ancora sotto il malefico influsso sessantottesco (vietato vietare con tutto il corollario).

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