Ovvero le violazioni dei limiti nei rapporti fra terapeuta e paziente in campo psicanalitico. Un libro (del 1995) da una parte scontato, dall’altra sconvolgente. Scontato perché non ho mai avuto il minimo dubbio sul fatto che gli psicoanalisti siano psicopatici, sconvolgente perché nonostante tutto non immaginavo fino a che punto arrivassero gli abusi degli psicanalisti nei confronti dei pazienti. Qualche riga dell’introduzione potrà cominciare a darne un’idea.
Non conosciamo la reale portata del problema, ma nella zona di Boston e dintorni più di 400 donne hanno frequentato gruppi di supporto per pazienti che hanno subito abusi sessuali da parte del loro analista o terapeuta.
Abusi di ogni genere, fra cui quelli sessuali, particolarmente gravi e abbietti in quanto perpetrati su persone fragili, usando ogni mezzo, dalla persuasione alla pressione al ricatto fino allo stupro vero e proprio.
Un esempio concreto.
Il caso del dottor G
Il dottor G era un analista di 48 anni accusato di comportamenti sessuali scorretti dopo che sei pazienti si fecero avanti dichiarando che aveva avuto rapporti sessuali con loro. Ognuna di loro descrisse la medesima situazione. Inizialmente si dimostrava affettuoso e comprensivo con queste donne, tutte con gravi difficoltà nelle relazioni interpersonali. Dopo alcune settimane di terapia o di analisi, il dottor G diceva che il loro problema principale consisteva nell’incapacità di fidarsi degli uomini. Diceva così: “Probabilmente non ha nemmeno abbastanza fiducia in me da togliersi la camicetta”. Alla risposta indignata delle pazienti che ovviamente non si sarebbero spogliate di fronte a lui, egli replicava “vede cosa intendo?”.
Con modi affascinanti e persuasivi, continuava a fare proposte sessuali alle pazienti facendo loro più o meno questo discorso: “Se lei non riesce a fidarsi di me tanto da avere con me dei rapporti sessuali, come può pensare di riuscire mai a fidarsi degli uomini al di fuori della terapia? Questa relazione è un luogo sicuro in cui esplorare i suoi problemi relativi alla fiducia e alla sessualità. Deve pur cominciare da qualche parte”. In questa maniera poteva riuscire a intaccare la riluttanza delle pazienti ad avere rapporti sessuali con lui. Quando infine accettavano le sue avance, egli chiedeva loro di confessargli le loro più spaventose fantasie sessuali. Quindi le agiva con le pazienti per aiutarle a “elaborare” le loro paure.
Anche se inizialmente negò le accuse, quando gli venne revocata la licenza per praticare la professione riconobbe che c’era una parte di verità nei resoconti delle pazienti ma negò con forza di aver sbagliato. Sostenne che in ognuno dei casi i rapporti sessuali erano stati consensuali e che le donne avevano tratto dei benefici dall’aver fatto l’amore con lui. Non aveva alcun rimorso e si fece tranquillamente beffe della possibilità di aver fatto del male. […]
La grande maggioranza di questi casi coinvolge un terapeuta maschio e una paziente femmina. Tuttavia, esiste un piccolo numero di casi in cui le terapeute hanno sistematicamente sedotto le loro pazienti e le hanno coinvolte in attività sessuali umilianti, degradanti e sadiche (Benovvitz, 1995). Terapeuti con caratteristiche predatorie, omosessuali o bisessuali, possono a loro volta sedurre pazienti dello stesso sesso (Gonsoriek, 1989).
Ma accade anche che una terapeuta donna si lasci irretire dal giovane tossicodipendente belloccio in cui “intuisce” una carenza di attenzioni materne e quindi decide di risarcirlo dandogli tutta se stessa, e tutti i soldi che chiede, e siccome ne chiede sempre di più trova che sia più semplice dargli la sua carta di credito, e quando si accorge che la sta svenando e lo invita a moderare le spese, il bimbo viziato diventa violento e lei è costretta a fuggire e nascondersi, vivendo poi nel terrore che lui riesca a trovarla. E queste sono le persone a cui soggetti resi fragili dai problemi, soprattutto relazionali, spesso relativi ad abusi subiti, che si sono trovati ad affrontare, affidano la propria sorte. Impressionante anche l’elenco dei disturbi più frequentemente riscontrati negli analisti: disturbi psicotici, parafilie e psicopatia predatoria, mal d’amore, resa masochistica, narcisismo, e, onnipresente sullo sfondo, la diffusa convinzione che il sesso fra terapeuta e paziente fosse di per sé terapeutico.
Un altro brano significativo.
Anna Freud riconobbe in tarda età che si era sentita sfruttata in molti modi dall’analisi del padre su di lei, inclusa la pubblicazione da parte di Freud dei resoconti dei sogni diurni della figlia (Young-Bruehl, 1988). La Klein incoraggiava i suoi analizzandi a seguirla nella Foresta Nera per le vacanze, dove avrebbe analizzato i pazienti stesi sul letto nella sua stanza d’albergo (Grosskurth, 1986). Winnicott aveva tenuto per mano Margaret Little per molte sedute quando si stendeva sul lettino e, alla fine, ruppe la riservatezza raccontandole di un altro paziente che stava trattando e delle sue reazioni controtransferali verso quel paziente (Little, 1990). ]udy Cooper (1993) ha riferito che quando era in analisi con Masud Kahn, lui continuava a darle i suoi scritti chiedendole di leggerli. Indubbiamente, le aspettative di fedeltà degli analisti didatti da parte del candidato che hanno in analisi è stato uno dei più gravi problemi dei confini nel corso della storia della psicoanalisi, fino addirittura al punto che in alcuni casi degli analisti si sono presi cura dei loro precedenti analisti didatti quando sono diventati anziani.
Le violazioni dei confini sia sessuali che non sessuali erano comuni tra analisti molto influenti nello sviluppo della psicoanalisi negli Stati Uniti. Margaret Mahler ebbe una relazione sessuale con August Aichorn, che la stava analizzando (Stepansky, 1988). Frieda Fromm-Reichmann (1989) si innamorò di un suo paziente e lo sposò. Karen Horney presumibilmente ebbe una relazione con un suo candidato che aveva in analisi (Quinn, 1987). Stephen Farber e Marc Green (1993) hanno fatto il resoconto della storia di numerosi analisti infatuati di dive nel sud della California, i quali condussero analisi prive di confini con le loro celebri pazienti. Inoltre, alcuni diventarono i consulenti tecnici dei film prodotti dai loro pazienti; altri collaborarono alle sceneggiature con i loro pazienti; altri ancora addirittura incoraggiarono donazioni da parte di pazienti per varie fondazioni a cui l’analista era legato. Soprattutto, c’era una mancanza di definizione del confine tra relazione sociale e analitica.
Per non parlare dei casi in cui l’analista agisce in modo da evitare accuratamente che il paziente migliori e arrivi alla guarigione, per non dovere subire il “lutto” della fine del rapporto.
Come ho detto prima, anche per chi come me dal mondo della psicanalisi si aspetta il peggio del peggio, la quantità di letame che viene sciorinata in questo libro è davvero sconvolgente. Da raccomandare a chiunque stia meditando di affidarsi a uno psicanalista per risolvere i propri problemi.
Glen O. Gabbard – Eva P. Lester, Violazioni del setting, Raffaello Cortina Editore
barbara
Qui stiamo parlando di criminali. Il codice etico degli psico proibisce le relazioni di quel tipo (sia quello americano che quello europeo). Bisogna puntualizzare il fatto che gli psico che fanno cose del genere stiano violando le loro stesse regole, altrimenti sarebbe come dire che tutti i banchieri sono come Bernie Madoff.
Ah, no, aspe’, forse ho sbagliato esempio.
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Non tutti vanno a letto con le pazienti, magari usando metodi che sarebbero inaccettabili anche al di fuori del rapporto medico-paziente, ma sul fatto che siano tutti pesantemente disturbati non credo ci possano essere molti dubbi. Poi qualcuno più disturbato degli altri diventa anche criminale in senso stretto così come, avendone l’opportunità, a volte capita che lo diventi qualche poliziotto, o istruttore di boy scout, o prete, o “facilitatore” in un centro immigrati.
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Ti riferisci agli psicologi in generale o solo agli psicoanalisti( ammesso che ancora esistano, ormai la psicanalisi è roba vecchia e stravecchia)?
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Tutti gli psicoterapeuti sono fortemente disturbati; gli psicanalisti in particolare – molte migliaia in attività, come ho scritto più sotto – hanno una forte tendenza agli abusi, più di qualunque altra specie di psicoterapeuti.
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Ok, sugli psicanalisti sono d’accordo, non saranno tutti delinquenti, ma essendo una pratica tendenzialmente inconcludente, che consiste nel rivangare nel passato alla ricerca di traumi, conflitti, e sessualità repressa, è molto probabile che attiri molti ciarlatani!
Su altri tipi di psico-terapeuti, che si pongono degli obiettivi concreti da raggiungere entro un determinato tempo, come può essere la terapia cognitivo-comportamentale, invece sono po’ meno pessimista. Anche in questo campo ci sono sicuramente professionisti più o meno capaci, quando non del tutto incompetenti e inconcludenti, ma non credo che siano in maggioranza manipolatori psicopatici e sessualmente depravati.
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Io ne ho conosciuti moltissimi, sia nella vita quotidiana che per ragioni professionali, e non ne ho incontrato uno che non fosse gravemente disturbato. Non sto dicendo che non ne esistano, per carità, esisteranno di sicuro, solo che io non ne ho mai incontrati. E si va da quella che nuotando nella piscina del proprio albergo improvvisamente si bloccava, paralizzata dal terrore che potesse esserci lo squalo, a quello che racconta tutti i dettagli di quello che emerge dalla terapia di una coppia alla sorella di lui (non a un estraneo, ma a una persona che in base a quello che viene a conoscere può pesantemente interferire nella vita privata di quei due, e siccome la conosci come paziente da dieci anni, sai con certezza che lo farà, con effetti devastanti), a quello a cui lo scolaro dichiara nel modo più esplicito che non mi accetta, e mi chiede, in tono accusatorio: “Forse lei non si sente accettata? E’ questo il suo problema?”, a quella che ha alle spalle quindici anni di attacchi di panico e adesso per non averli vive imbottita di ansiolitici e antidepressivi, a quello che aveva “un edipo pazzesco” e allora ha lasciato l’Argentina “e da allora in dieci anni non ho mai più visto mia madre, mai più telefonato, mai più scritto, non so neanche se sia viva e morta e non me ne frega niente: sono guarito!”, a quella che tratta le tossicodipendenze e quando il suo amante la lascia sposa un paziente, e potrei continuare a lungo. A parte casi come il secondo, che ha commesso una grave violazione della deontologia professionale, gli altri sicuramente non commettono abusi in senso giuridico, ma il problema è che proiettano sul paziente i propri personali problemi e questo impedisce loro di vedere i problemi reali che il paziente ha, col risultato che curano problemi inesistenti e trascurano quelli esistenti (ho avuto uno scolaro irrimediabilmente rovinato per questo, con forti ripercussioni anche nei rapporti fra i genitori). Insomma, dove mettono le mani fanno danni, e non sto parlando dei ciarlatani, ma unicamente di persone laureate in psicologia, abilitate all’esercizio della professione e iscritte all’albo.
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Non per difendere gli psico, ma qui in UK si usa parecchio la terapia CBT. A parte essere esattamente l’opposto dell’approccio freudiano, e’ talmente semplice e schematica che la si puo’ applicare da soli tramite un libro. La percentuale di successi e’ piu’ o meno la stessa della CBT praticata con uno psico. Per quello che dice l’NHS e’ economica, va dritta allo scopo e ragionevolmente efficace, tant’e’ che se non sei proprio sballato in modo pesantissimo ti offrono quella.
https://www.nhs.uk/conditions/cognitive-behavioural-therapy-cbt/
La frase interessante e’: “la terapia CBT cerca di affrontare i problemi corrrenti nello specifico, non di esaminare le cause primarie come traumi infantili e simili”
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Una cosa bella degli psicanalisti di una certa età è che, comunque la pensi su Freud, sono persone molto colte, con cui è un piacere parlare. Questo non si può dire degli psicologi – in realtà più spesso psicologhe – che, per mia conoscenza diretta, sono talvolta più ignoranti di una capra.
Il problema della psicanalisi, e poi a discendere della psicologia, è che i suoi membri non hanno praticamente mai una formazione “scientifica”: a Padova se non ricordo male Psicologia era un ramo della facoltà di Lettere: ne deriva una assoluta mancanza di rigore, una estrema approssimazione nella valutazione del risultato del loro lavoro. Questo, a quanto ne so, discende direttamente da Freud, che pur essendo medico, dispose che la laurea in Medicina non fosse necessaria per entrare nella Società, e questo perché sua figlia non era stata ammessa a Medicina. Un Freud un po’ “italiano”, se vogliamo.
Riguardo al libro che citavo prima – non so se riuscirò a ritrovarlo, Barbara, potrebbe essere in mezzo a qualche metro cubo di libri ammassati in cantina, dato che in casa non c’era più posto – non se, avendo Marilyn Monroe tra le mie pazienti, sarei stato abbastanza forte da astenermi…
Sulla psicoterapia, che ponendosi traguardi meno ambiziosi spesso funziona su un particolare problema, sono d’accordo con Andrea.
Infine: almeno per gli psichiatri, che medici lo sono, confermo che non raramente scelgono quella strada per cercare di venire a capo della loro follia, e ovviamente non ci riescono: qualunque medico sa che non può essere un buon medico dei propri cari, figuriamoci psichiatra di sé stesso.
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Rettiliano, spero che tu non stia parlando della cock & ball torture!
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HAHAHAHAHAHAHAHAHA! Abbiamo avuto un aggiornamento a scuola con uno psicologo, psicoterapeuta, docente di psicologia, con un curriculum lungo da qui a lì e decine di pubblicazioni, che usava questa roba qua: ti garantisco che tutti quelli che ho citato prima in confronto sono un modello di equilibrio e sanità mentale. Il suo punto di forza era il non assolutizzare ma ricondurre ogni attacco, ogni molestia, alle sue giuste proporzioni: se tu mi dici idiota significa che c’è uno che forse mi giudica idiota, non che io valgo zero e mi devo suicidare, ecc. E quindi non si deve mai reagire proporzionalmente alla provocazione, non bisogna mai perdere la calma eccetera. Nel gruppo che seguiva c’era una collega – non della mia scuola per fortuna – specializzata in rotture di coglioni e provocazioni. Bene, la terza volta che lo ha interrotto per commentare o controbattere quello che lui aveva affermato, e ha detto: “Mia cugina dice sempre…” ha dato fuori di matto, con gli occhi fuori dalla testa e le vene del collo grosse come un alluce e la bava alla bocca ha cominciato a urlare “non me ne frega niente di quello che dice sua cugina, lei la deve finire di interrompermi, lei la deve finire di provocare, lei mi deve del rispetto…” ed è andato avanti una buona manciata di minuti, con l’altra che gongolava per avere dimostrato davanti a quaranta persone che razza di coglione fosse e lui che si agitava e urlava sempre di più. Altra cosa spettacolare: alla base di ogni discorso c’era che qualunque cosa abbia detto o fatto il bambino o ragazzo, per nessuna ragione al mondo si deve giudicare, meno che mai criticare, ma sempre solo ascoltare e col ragionamento il più possibile pacato farlo arrivare a riconoscere lui da solo come e perché ha sbagliato. Poi c’erano colleghe che, convinte di avere a che fare con un esperto in grado di aiutarle a correggere i propri eventuali errori, dicevano mi è capitata questa situazione, ho fatto così, ma non ha funzionato, e lui, con voce ed espressione come se stesse vomitando una merda: “E ci credo che non ha funzionato: una cosa più sbagliata e stupida non avrebbe potuto farla”, e questa è stata la risposta per tutte. E come se non bastasse, ci ho messo molto poco a rendermi contro che, abituato a trattare i singoli bambini, non aveva la più pallida idea delle dinamiche di gruppo/classe, per cui quando lui diceva in questo caso bisogna fare così e noi rispondevamo che in quel modo assolutamente non funzionava, lui replicava “non potete dirlo se non avete provato”, e rifiutava categoricamente di accettare che avevamo provato eccome, e per questo sapevamo con certezza che quel sistema non poteva funzionare perché le dinamiche scatenate dall’interazione fra le diverse personalità non lo permettevano. Teste di cazzo anche loro.
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Barbara, io ne ho conosciuto uno che, non avendo la patente ed avendo paura del treno, veniva a lavorare in autostop: 60 Km andare, 60 Km tornare, ovviamente gli orari di lavoro erano un optional.
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@myollnir: a Padova era un ramo della facoltà di magistero, diciamo più o meno cugina di lettere ma non proprio identica. Sulla mancanza di scientificità concordo, ma non posso neppure immaginare che genere di scientificità possa avere la psicologia, o la psicanalisi. Un po’ meno peregrina se vogliamo è la psichiatria, ma comunque non scientifica, e d’altra parte penso che, in qualità di addetto ai lavori, concorderai che tutta la medicina, pur basandosi su scienze esatte, scienza esatta essa stessa non lo è.
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Ecco, diciamo che quello dell’autostop è uno psicologo tipico.
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Ah, dimenticavo: Marylin. Ho conosciuto un medico che definire sessuomane assatanato forse è esagerato, ma non proprio tantissimo (in realtà ne ho conosciuto più di uno, ma in questo momento sto parlando solo di quello). Professionalmente gli sarebbe interessata la ginecologia, ma essendo perfettamente consapevole del conflitto di interessi che si sarebbe trovato a gestire, e dei propri limiti di autocontrollo in circostanze che lo chiamavano in causa, ed essendo professionalmente onesto (maritalmente molto meno, ma questa è un’altra storia), ha scelto otorinolaringolatria, dove è diventato un luminare, lasciando il resto ai godimenti privati. Un terapeuta serio e onesto semplicemente rifiuta di intervenire in situazioni in cui non è sicuro di essere in grado di gestire se stesso. Più o meno come quel chirurgo ebreo che trovandosi di fronte un paziente con una croce uncinata tatuata sul petto, stabilito che il paziente non era in immediato pericolo di vita e che c’era un altro chirurgo disponibile, ha chiesto, e ottenuto, di non essere lui a operarlo.
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Che quadro angosciante!
Peró anche tra i casi che hai conosciuto, a parte la violazione del segreto professionale, e a parte quella che ha sposato il paziente del Sert(che a seconda di come è avvenuto, potrebbe comportare una violazione della deontologia), il resto sono bizzarrie lecite, e piú o meno innocue. Certo, alcuni comportamenti e alcuno problemi fanno dubitare della capacità di poter aiutare gli altri(uno che vive limitato dalle proprie fobie, o dagli attacchi di panico, dubito che possa aiutare persone con problemi simili), peró delinquenti che abusano della professione per raggirare o abusare sessualmente dei pazienti non ce ne sono cosí tanti. I delinquenti veri e propri sono fortunatamente una minoranza!
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Il punto non è se un determinato comportamento sia penalmente rilevante, il punto è che se tu proietti su di me i tuoi disturbi e non vedi i miei, tu mi stai provocando un danno irreversibile. Come se avessi un meccanico fissato con la batteria. Ogni volta che gli porti la macchina ti ricarica o ti cambia la batteria e non ti guarda l’olio, né se la ventola si attacca quando l’acqua arriva a 90°, eccetera e tu, per problemi tuoi, queste cose non sei in grado di verificarle da solo. Non serve molta fantasia per immaginare come va a finire, vero?
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Per quanto riguarda lo psicologo a scuola, direi che sicuramente c’è un abuso di psicologi anche in contesti in cui non se ne vede l’utilità. Gestire i rapporti con gli studenti credo che sia piú una questione di carattere, intelligenza e soprattutto esperienza, che di teorie psicologiche!
Degli psicologi scolastici ho anche io un pessimo ricordo, quando al liceo ho avuto a che fare con dei bulletti non mi sono stati di nessun aiuto.
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Quello che avevamo noi (un ex insegnante laureato in lettere che si era stufato di insegnare perché ne era totalmente incapace, così, con la scusa che aveva fatto anche due esami che avevano qualcosa a che fare con la psicologia, si è riciclato come psicologo) si incontrava spesso col preside con cui aveva delle lunghe interessanti discussioni sulla Vergine Maria.
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Spero proprio che in queste discussioni non si mettesse in dubbio l’Immacolata Concezione, e vorrei rassicurazioni in merito.
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Non ho mai avuto occasione di essere presente, ma garantisco con la mia testa sull’assoluta assenza del più microscopico dubbio.
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Mi fido della tua asserzione, pur permanendo in me del turbamento per la mera possibilità di formulare un’ipotesi del genere.
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Acquieta il tuo turbamento, uomo: se avessi conosciuto quei due ti assicuro che neppure ti sfiorerebbe, simile pensiero.
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Io ho letto quest’altro libro, che più o meno tratta degli stessi casi, e che quindi non mi sento di consigliarti per l’acquisto ma è molto bello, estremamente documentato e piuttosto sconvolgente:
https://www.ibs.it/caso-marilyn-m-altri-disastri-libro-luciano-mecacci/e/9788842060710
Te lo presterei volentieri se solo sapessi dove diavolo è finito. L’autore non è Mario Giordano, ma un eminente psicologo italiano, nonché Ordinario di psicologia in non ricordo quale ateneo.
La psicanalisi, che già aveva prima di Freud qualche esploratore, è da mettere nel contesto molto particolare degli anni a cavallo del Novecento, dove la contraddizione è evidente fra il trionfale avanzamento della tecnologia e della scienza (pensa solo che sono gli anni dell’elettrificazione e della nascita della radio, e delle grandi scoperte della chimica e della fisica: la tavola periodica di Mendele’ev è del 1870, la relatività speciale di Einstein del 1905, quella generale del 1915) e l’esplosione di culti irrazionali: l’orientalismo (che tra l’altro ci ha regalato la Thule di Rudolf Hess e Hitler), l’omeopatia e la maggior parte delle medicine “alternative” (tout se tient), la comune hippy di Monte Verità a Lugano, e quante altre; spesso i due aspetti li ritrovi nelle stesse persone, e non puoi non pensare a Nikola Tesla; d’altra parte Freud credeva di essere uno scienziato. Come anche tutta la teosofia in blocco, d’altra parte, e sempre negli stessi anni.
La psicanalisi è sopravvissuta, come d’altra parte gli oroscopi e l’omeopatia: è sorprendente però che sia riuscita a conservare quell’aura di sacralità e di rispetto che tuttora la circonda. Se però pensi che ci sono Università italiane (Napoli, mi pare), che sovvenzionavano corsi di agricoltura biodinamica…
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Ho conosciuto persone che studiavano “scientificamente” l’astrologia, il bioritmo, la riflessologia, la chiromanzia, la telepatia, la pranoterapia, l’iridologia… Secondo me ci sono due tipi di ciarlatani: quelli sani di mente, che siccome sanno che tu ci credi si sono inventati un modo comodo e poco faticoso per guadagnarsi da vivere, e quelli disturbati, che credono realmente di avere dei poteri o che quella che praticano sia una scienza al pari della chimica o della matematica. Naturalmente la seconda categoria è molto più pericolosa della prima, e gli psicanalisti appartengono tutti, indistintamente, a quest’ultima.
Il nesso che io vedo fra i due fenomeni che citi è la diffusione – forse in concomitanza con quella del marxismo – dell’ateismo: con l’innalzarsi della scienza e della tecnologia, cominciano a tramontare le fedi religiose, solo che poi, una vota decretato che Dio non esiste, non tutti ce la fanno a camminare con le proprie gambe, senza alcuna trascendenza che dia un senso alla loro vita e soprattutto alla loro morte, ed ecco nascere questa miriade di religioncine magiche o semimagiche, o magari con la pretesa di una qualche scientificità.
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La psicanalisi sopravvive negli stereotipi usati come corpo contundente nei litigi in internet. A parte “farsi vedere da uno bravo”, che potrebbe anche riferirsi a un serio psichiatra, c’è tutto un florilegio di complessi e supposte patologie che finiscono in -filia. Il sig.Train ce ne ha gratificato mille volte.
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Permettimi di dirti che ti sbagli: la psicanalisi sopravvive nelle molte migliaia di psicanalisti attivi e nel numero esponenzialmente maggiore di pazienti che si affidano a loro.
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E in “fobia”.
Interessante considerazione, Barbara, che però ci porterebbe molto lontano.
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Certo, ma noi abbiamo ali robuste quanto basta per andare lontano.
Ah, il libro. Su Amazon non c’è, quindi se lo trovi me lo porti quando vieni qui e poi te lo restituisco in autunno quando ci rivediamo tutti a Genova.
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