COME PROTEGGERSI DAL VIRUS, ISTRUZIONI PER L’USO

La prima lezione ci viene da Napoli: se vedete qualche criminale senza mascherina, non limitatevi a redarguirlo severamente: pestarlo dovete, di santa ragione, e fare una bella rissa tutti ben attorcigliati

La seconda ci viene dalla Giordania: vi siete ammalati, vi hanno fatto il test, siete risultati positivi e adesso dovete andare all’ospedale: mi raccomando, fatelo nel modo giusto.

La terza ci viene da Codacons: se volete fare qualcosa di utile dovete dare soldi a loro, più ne date e meglio è.

Nel frattempo da Bergamo un tale signor Giorgio Gori, quello molto più preoccupato di combattere i pregiudizi che il virus, ci spiega che per salvare l’Italia bisogna fare venire almeno 200.000 extracomunitari.

E infine bisogna fare i tamponi a tutti quelli che ne hanno bisogno… ah no, che stupida, quelli li stanno già facendo, vero signor Borrelli? Vero dottor Villani? Vero signor Miozzo?

Non è il momento di dire bugie

Durante la conferenza stampa di mercoledì, il capo della Protezione Civile Angelo Borrelli ha detto:

I tamponi – così come prevede l’OMS, poi mi correggerà se sbaglio il professor Villani – sono effettuati solo quando ci sono sintomi. Sintomi evidenti, difficoltà respiratorie. Quindi sotto questo profilo possono esserci anche delle persone lievemente sintomatiche che non fanno i tamponi. Questo è quello che penso, giusto professore?

Il professore Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, ha quindi risposto:

Confermo. A coloro che hanno realmente bisogno del tampone, il tampone viene eseguito. Quindi se non viene eseguito evidentemente non c’è l’indicazione a farlo.

Questa cosa non è vera. Ma proprio clamorosamente. Decine di migliaia di persone in Italia – e probabilmente di più – lo sanno bene perché è capitato a loro, o a una persona a loro vicina. Ed è doloroso ascoltare una bugia di queste proporzioni da persone di questa responsabilità in un contesto così delicato.

Una volta per tutte: le raccomandazioni del ministero, diffuse con una circolare del 27 febbraio e poi con una del 9 marzo, dicono che devono essere sottoposte a tampone le persone con infezione respiratoria acuta, cioè «insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria». È chiaramente specificato che il tampone è raccomandato in presenza di questi sintomi indipendentemente dal ricovero ospedaliero («che richieda il ricovero o meno», dice la circolare). Le raccomandazioni dell’OMS, poi, sono «fate i test, fate i test, fate i test». Siamo stati sgridati per questo: ampliare il numero di test è considerato cruciale per contenere l’epidemia e prendere le migliori decisioni sul percorso di uscita da questa crisi.

Eppure in Italia ci sono sicuramente moltissime persone che pur ricadendo nelle categorie indicate dal ministero e dall’OMS – pur trovandosi in situazioni in cui esisteva eccome «l’indicazione a farlo», per usare le parole del professor Villani – non sono state sottoposte al tampone.

Lo dimostrano le testimonianze drammatiche che tutti i mezzi di informazione, tra cui il Post, raccolgono da giorni da decine di medici di basemedici ospedalieriinfermieri e anestesisti in Lombardia; lo dimostrano le migliaia di persone morte in casa o nelle case di riposo con sintomi gravi compatibili con la COVID-19 e mai sottoposte al tampone, nonostante le ripetute richieste rivolte alle autorità sanitarie; lo dimostrano le esperienze di tantissime persone – disponibili ovunque, dai giornali ai social network fino probabilmente al vostro condominio, se vivete in Lombardia – che pur manifestando sintomi importanti e a volte anche convivendo con una persona risultata positiva al coronavirus, non sono mai riuscite a farsi testare. Qui non si parla della questione del tampone alle persone asintomatiche o lievemente sintomatiche: si parla di persone con sintomi acuti – migliaia di queste sono addirittura morte – che non sono mai state testate.

Non è la prima volta che gli italiani sono costretti ad ascoltare questa bugia. La regione Lombardia continua a sostenere di aver «rigorosamente seguito i protocolli che sono stati dettati dall’Istituto Superiore di Sanità», quando in realtà è più facile ottenere una radiografia ai polmoni – che permette ai medici di riconoscere i sintomi della COVID-19 e arrangiarsi di conseguenza – che un tampone. Addirittura in molti casi non si riescono a fare nemmeno i tamponi di controllo, quelli necessari per accertare la guarigione dei pazienti, che intanto aspettano per giorni di tornare alle loro vite. Il molto annunciato aumento del numero di tamponi effettuati in Lombardia ancora non si è visto. Non è solo una questione di correttezza, sia chiaro: le carenze della Lombardia sui test compromettono il contenimento dell’epidemia, e le modalità e i percorsi con cui potremo uscire da questa situazione e tornare alle nostre vite.

Anche il direttore della Protezione Civile, Agostino Miozzo, durante la conferenza stampa di mercoledì della settimana scorsa ha detto che «si fanno i tamponi che il Sistema Sanitario Nazionale ritiene necessario fare sulla base delle indicazioni che ci sono suggerite dalle organizzazioni internazionali». Non è vero.

In Lombardia non si fanno i tamponi che il sistema sanitario ritiene necessario fare, ma quelli che il sistema sanitario riesce a fare, a prescindere dai protocolli: e quindi molti meno di quelli che sarebbe necessario fare se si volessero seguire le indicazioni nazionali e internazionali. In altre regioni si sono visti approcci diversi e grandi miglioramenti su questo fronte: in Lombardia no. Poco dopo Miozzo ha aggiunto, parlando dei tamponi, che «c’è una policy di ricerca dei pazienti soprattutto sintomatici o dei loro contatti stretti». Non è vero neanche questo. Al contrario, la stampa in questi giorni ha ottenuto decine di testimonianze di familiari e conviventi di persone affette da COVID-19 che pur manifestando i sintomi della malattia non sono mai state testate, e a cui le autorità sanitarie hanno dato la sola istruzione di restare a casa come tutti.

Sempre durante la conferenza stampa di ieri, Borrelli ha detto anche un’altra cosa purtroppo non vera:

A me non è arrivata alcuna segnalazione di persone che non sono riuscite a entrare in terapia intensiva. Almeno per quello che è dato constatare a me, e non credo che sia arrivata all’opinione pubblica questo tipo di informazione. […] Con il lavoro dei medici, dei rianimatori, si soccorre – credo, a mio giudizio – tutti coloro i quali ne hanno bisogno.

Sono stati purtroppo proprio i medici e i rianimatori i primi a raccontare dolorosamente che in Lombardia per settimane non ci sono stati posti per tutti in terapia intensiva, e forse solo negli ultimi giorni le cose stanno cominciando a migliorare. Di nuovo, in Lombardia ci sono addirittura migliaia di persone – migliaia di persone – che sono morte in casa: che avrebbero avuto bisogno eccome di soccorsi, eppure non è stato possibile soccorrere. Residenze per anziani che si sono svuotate in pochi giorni e in cui le ambulanze non sono mai arrivate. Pazienti che non è stato possibile curare finché le loro condizioni non si sono deteriorate in modo irreparabile. Non uno o due: tanti. Il comprensibile desiderio di rassicurare la popolazione non può trasformarsi in una licenza a dire cose che non sono vere, peraltro da pulpiti così importanti e ufficiali.

Verrà il momento di discutere di cosa sia andato storto in Lombardia, che è stata travolta dall’epidemia con una forza maggiore che in qualsiasi altro posto d’Italia e forse del mondo. Così come verrà il momento di capire come mai a oltre un mese dall’inizio dell’epidemia non siamo ancora in grado di avere dei dati che permettano di misurare con una qualche affidabilità il numero di persone contagiate e il numero di persone morte. Può darsi che non si potesse fare più di così. Possiamo accettare che, pur avendo tutti le migliori intenzioni, in una situazione così straordinaria questo sia il massimo che fosse possibile fare. Ma allora sarebbe rispettoso e onesto dire questo, e non una bugia.

E mi auguro che quando questo cataclisma sarà finito, chi deve pagare paghi fino in fondo, senza sconti e senza pietosi buonismi.

barbara

Una risposta

  1. Per il numero di morti, c’è un dato molto significativo: l’ISTAT ha diffuso le statistiche per i primi tre mesi del 2020. https://www.istat.it/it/archivio/240401?fbclid=IwAR1P_rUy75OR9DTrSCG1_wF5DOFmBP152hHvttZDKtN1G1H5E4-rjqKdNYQ (sono file database da scaricare)
    I dati dicono che dal 23/2 al 21/3 2020 i morti in Italia sono quasi raddoppiati rispetto alla media dello stesso periodo, degli anni 2015-2019.In numero era 10-10,7 mila , quest’anno 19mila. Nei Comuni più colpiti della Lombardia, il numero di morti è da duplicato a decuplicato! Mi sembrano dati inequivocabili del reale impatto del CONVID-19.

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    • Grazie, sono esattamente i dati che speravo di trovare in quanto gli unici attendibili per calcolare il numero dei morti. Quindi se in ventotto giorni i morti “in esubero” sono stati circa 9000, per tutto il periodo siamo finora intorno ai 25.000, che mi sembra una cifra molto più “logica” di quella ufficiale.

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  2. Sui tamponi la stassa OMS aveva fatto una inversione a metà marzo: dal farlo solo a sintomatici “gravi” al farlo a tutti. Ma lo stato italiano ha testardamente continuato sulla stessa linea del fare pochi tamponi.
    Imho più che considerazioni sanitarie stanno facendo considerazioni politiche per cercare di salvarsi la cadrega e scaricare tutte le colpe agli altri.
    Non so se hai notato ma molti “intellettuali impegnati no razzismo sì involtini primavera” sembrano spariti da media a e giornali.

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  3. quello dei tamponi purtroppo è un problema comune. Conosco una persona, che non nomino per ragioni di privacy e piuttosto noto anche da chi frequenta questo blog, che è a casa, in un paese centroeuropeo, con tutti i sintomi, ma finché non si aggrava e lo portano in ospedale il suo medico gli ha detto apertamente che il tampone non lo fanno

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        • Forse nei tuoi commenti ci sono sempre solo cose che lui sapeva già.
          La cosa di non rispondere la fanno in molti; a volte oggettivamente non c’è niente da rispondere, ma tanti lo fanno proprio sistematicamente e rispondono solo eccezionalmente tipo che io ti dico sei un asino e allora tu sei costretto a rispondere asino sei te cento volte più di me. E quello di non rispondere mai non lo trovo molto simpatico, ma dopotutto ognuno gestisce il proprio blog come gli pare e non ho niente da ridire. Davvero antipatico è invece eliminare i commenti in cui dimostri che ho detto una cosa falsa o sbagliata o, come in quel caso, scrivi una cosa che io non sapevo e così tutti possono verificare che non sono onnisciente, per cui non bisogna che il tuo commento compaia.

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  4. Mai più nella vita pensavo di ascoltare Fedez, e per di più dargli ragione, per quello che dice e per colme lo dice.
    Sui tamponi, in effetti è ovvio che c’è un problema di disponibilità dei kit (se mancano i guanti e le mascherine “serie”, figurati quelli), ma ai fini del contenimento dell’epidemia dovendo scegliere, più che ai sintomatici lievi o gravi, il test andrebbe fatto ai contatti asintomatici di questi: sono loro il vero pericolo. Il fatto è che ormai siamo tutti stati a contato con qualche infetto, senza saperlo. Per questo sono abbastanza convinto che, superata una massa critica di contagiati, il distanziamento sociale non sia più utile; e penso che la massa critica sia già stata raggiunta.
    Ormai è un mese che siamo in situazione di chiusura totale, bisognerebbe cominciare a vedere i conti perché, con una latenza media di due settimane dal contagio alla malattia, da almeno due settimane i numeri dovrebbero essere in diminuzione, e la mia impressione è che non lo siano.
    Io non dubito che chi è chiamato a prendere decisioni lo abbia fatto in buona fede sulla base di dati incerti e contrastanti, ma di fronte a provvedimenti così impattanti ci deve essere un punto in cui ti chiedi: sta funzionando? Abbiamo fatto la cosa giusta? E se no, qual’è il piano B? Qui è come con le offensive sull’Isonzo: più vedi che non funzionano, più intensifichi lo sforzo. Fino a Caporetto.

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    • ma a quanto ne so, i tamponi non mancano assolutamente (sono poi una provetta e uno stecco col cotone in punta), a mancare invece sono i reagenti (anche se il problema sembra rientrato) e soprattutto laboratori e personale che deve trattare i campioni e leggere i risultati.
      è ovvio che se hai capacità ridotte (determinate da spazi tempi e ore/uomo) riduci anche la base su cui lavorare, altrimenti rischi che se fai il tampone a tutti lo riesci a esaminare dopo tre mesi e allora non sai se il risultato è ancora attendibile o se serve ancora a qualcosa….

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    • Esatto, finché non hai nessun sintomo continui ad andare in giro, ed è quello che frega tutti, come ho detto sopra è esattamente così che Taiwan ha bloccato il contagio. Totalmente d’accordo sul resto, compreso Fedez (mi è piaciuto molto anche il fatto di definirsi “un rapper con la terza media”), che è stato una vera sorpresa, già da quando avevo letto che insieme alla moglie, sfruttando la loro notorietà, aveva promosso la raccolta fondi che ha permesso di costruire il padiglione..

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  5. Pingback: Pandemic for dummies | lituopadania

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