È ESAGERATO CHIAMARLO GOLPE?

Emergenza democratica: attacco da caudillo di Conte contro le opposizioni, in un clima da democrazia sospesa

Tra i primi, già alcune settimane faAtlantico Quotidiano ha cercato di richiamare l’attenzione sul rischio che la crisi sanitaria ed economica causata dall’epidemia di Covid-19 si trasformasse anche in emergenza giuridica e democratica, a partire dall’abuso dei Dpcm, decreti ministeriali non aventi forza di legge, per adottare misure di restrizione delle nostre libertà fondamentali, di circolazione, riunione e impresa – una delle quali, la quarantena, una vera e propria forma di detenzione – per le quali la Costituzione prevede esplicitamente una riserva di legge assoluta.
E quasi quotidianamente purtroppo riceviamo conferme della fondatezza delle nostre preoccupazioni, come l’assenza di un sia pur minimo coinvolgimento del Parlamento in un passaggio cruciale come il negoziato che si è svolto questa settimana all’Eurogruppo sugli strumenti europei da mettere in campo per affrontare la crisi. La conferenza stampa di ieri sera del presidente del Consiglio Conte rappresenta purtroppo uno degli episodi più inauditi e allarmanti, ma ogni giorno che passa confessiamo che è sempre più difficile trovare le parole.
Abbiamo visto un premier con i nervi a pezzi che nel pieno di una tragedia nazionale, con alle spalle e ancora davanti una gestione fallimentare dell’emergenza, dopo una trattativa persa malamente in Europa, condotta non solo senza mandato ma senza nemmeno essersi mai presentato in Parlamento per discuterne, utilizza una conferenza stampa, l’ennesimo proclama, per lanciare dito indice puntato uno scomposto attacco a reti unificate contro le opposizioni.
Ora, sappiamo tutti che è avvenuto non di rado, nel nostro passato recente, che il premier o esponenti del governo lanciassero degli attacchi o delle frecciate all’opposizione durante le conferenze stampa istituzionali convocate per illustrare le loro decisioni e i loro provvedimenti.
Vi invito però a riflettere sul fatto che oggi ci troviamo in un contesto del tutto diverso, imparagonabile alle situazioni sia pure critiche in cui abbiamo visto svolgersi fino ad oggi la dialettica politica.
Ci troviamo con un premier che ha accentrato su di sé un potere enorme, i veri “pieni poteri”, grazie ad una delega in bianco per decreto che gli consente di governare per Dpcm, come ricordato prima anche per adottare provvedimenti di restrizione delle libertà fondamentali. Un Parlamento convocato a singhiozzo; i nostri diritti politici, di riunione e associazione, compressi; le opposizioni che non potrebbero nemmeno convocare una manifestazione; referendum ed elezioni rinviati a data da destinarsi; i cittadini chiusi in casa, molti dei quali senza alcun reddito; un premier – altra grave anomalia – che ormai comunica al popolo i suoi provvedimenti per proclami, giorni e giorni prima che i testi siano disponibili. Abbiamo perso il conto delle task force e dei comitati di saggi istituiti, con procedure di selezione dei membri a dir poco opache, tanto da far temere l’esautoramento non solo del Parlamento ma persino del Consiglio dei ministri.
Tanto per comprendere meglio il clima da democrazia sospesa in cui ci troviamo, ieri la presidente del Senato Casellati ha dovuto denunciare come “inaccettabile che due senatrici, sottoposte a regolare controllo di polizia mentre si stavano recando a Roma per partecipare ai lavori del Senato, siano state oggetto di segnalazioni dalla Questura di Messina e Roma, nonostante avessero dimostrato di essere nell’esercizio delle loro funzioni. Più volte – ha sottolineato la presidente Casellati – ho richiesto che il Governo faccia piena chiarezza perché non sia ostacolata in nessuna sede una attività che ha fondamento costituzionale”.
Va ricordato tra l’altro che per settimane le opposizioni hanno mantenuto un basso profilo, preoccupate di non farsi accusare di sciacallaggio, sono rimaste quasi silenti e silenziate, raggirate da una promessa di collaborazione, auspicata dal capo dello Stato ma anch’egli evidentemente distratto, che si è rivelata una indecente pantomima. Non solo il governo non ha accolto alcuna loro proposta, ma non ha nemmeno condiviso minime informazioni sulle sue strategie, dal contrasto dell’epidemia al negoziato in Europa.
E per oltre un mese siamo stati sottoposti ad una martellante campagna mediatica “restiamo uniti”“non è il momento di fare polemiche”, come se muovere delle critiche fosse una condotta ormai equiparata a quella del disertore o del sabotatore. Ma il concetto di “restare uniti” non può essere tradotto in “noi continuiamo a governare e voi state zitti, altrimenti vi bolliamo come sciacalli”. Il vero sciacallaggio è appigliarsi al “non è il momento di fare polemiche”, è strumentalizzare l’emergenza per delegittimare chi critica e non assumersi le proprie responsabilità quando si ricoprono cariche istituzionali.
Alla prima occasione, in questa crisi, in cui ha ricevuto un duro attacco, su un cruciale passaggio a Bruxelles che potrebbe pesantemente condizionare il futuro del nostro Paese, Conte non ha aspettato di rispondere e contrattaccare nelle sedi opportune, in Parlamento, con una intervista o un video sulla sua pagina Facebook, ma ha approfittato di un appuntamento di comunicazione istituzionale, convocato per informare sulla proroga delle chiusure e sulla cosiddetta “fase 2”, per attaccare le opposizioni, colpevoli di voler fare il loro mestiere, le opposizioni, quindi criticare anche duramente le scelte del governo, e in particolare la sua mancanza di rispetto per il ruolo del Parlamento. Per di più, ricorrendo a palesi menzogne: come facilmente verificabile, Giorgia Meloni non era ministro quando il governo italiano approvò il Mes e la Lega votò contro la legge di ratifica.
Persino il direttore del tg di La7, Enrico Mentana, certamente non di simpatie leghiste, ha espresso il suo disappunto: “Se avessimo saputo che Conte avrebbe fatto un uso personalistico della conferenza stampa attaccando l’opposizione, non avremmo mandato in onda quella parte”.
Tutto questo ha un nome: emergenza democratica. Un attacco a reti unificate contro le opposizioni come quello di ieri sera, nell’emergenza in cui ci troviamo (lo ripetiamo: con libertà e diritti politici sospesi), è da caudillo sudamericano.
Il governo è intoccabile, proprio mentre ogni giorno emergono le evidenze della fallimentare gestione della crisi? La politica è sospesa fino a nuovo ordine?
Come abbiamo già osservato, il solo modo legittimo per chiedere alle opposizioni di non fare le opposizioni è coinvolgerle a pieno titolo nella responsabilità di governo, in un War Cabinet bipartisan, altrimenti, è osceno e pericoloso anche solo immaginare di poter azzerare il loro ruolo e la dialettica democratica, neutralizzare critiche e polemiche fino a data da destinarsi.
Il presidente Mattarella dovrà decidersi a intervenire, e in fretta, perché finora ha coperto di tutto, ma proprio di tutto, e il Paese ci sta rimettendo l’osso del collo. A meno che non abbia già deciso di non farlo…

 Federico Punzi, 11 Apr 2020, qui.

Naturalmente, come del resto dimostra la chiusa, l’appello a Mattarella, principale responsabile dell’esistenza di questo governo fantoccio, è un puro artificio stilistico. E io, lo dico sinceramente, a questo punto ho veramente paura, non solo per il virus, cui una gestione criminale ha permesso di provocare un’ecatombe, ma anche, anzi soprattutto, per le sorti di uno stato che un tempo era stato pensato come una democrazia. E mentre il novello Churchill cazzeggia e si diverte a giocare al piccolo stalin…

Una cosa è certa: urge un nuovo 25 luglio. Anticipato, però, da far scattare il più presto possibile, perché altri tre mesi e mezzo così l’Italia non può reggere. Da nessun punto di vista.

barbara

E SIAMO AL DISASTRO

Grazie all’Europa e grazie al novello Churchill che la Provvidenza ci ha fatto incontrare.

Una Caporetto annunciata a Bruxelles: Conte e Gualtieri hanno perso tempo per obiettivi inutili e irrealistici

Dal decreto liquidità al decreto gassosità: “liquidi” evaporati

Il governo italiano ha mancato tutti gli obiettivi che si era prefissato e che qui, a scanso di equivoci, non abbiamo mai comunque considerato particolarmente desiderabili e certamente nemmeno realistici, perché in conflitto con la dura realtà dei trattati e le inscalfibili e arcinote posizioni della Germania e di altri Paesi del centro e nord Europa. Per altro, obiettivi che ha ritenuto di perseguire senza alcun mandato da parte del Parlamento (quello olandese, per dire, si è espresso due volte prima dell’Eurogruppo), senza nemmeno una discussione parlamentare. Il presidente Conte e il ministro Gualtieri non si sono nemmeno presentati. Lo faranno il giorno prima del Consiglio dei capi di stato e di governo che dovrà ratificare le proposte dell’Eurogruppo, ma è chiaro che il pacchetto è chiuso e solo qualche dettaglio potrà essere ridiscusso o aggiunto. E questo, l’umiliazione del nostro Parlamento, l’emergenza democratica, è forse l’aspetto più amaro della vicenda e più grave della condotta del nostro governo.
Potevate risparmiarvi di trattenere il fiato fino a ieri sera in attesa delle conclusioni dell’Eurogruppo, più volte rinviate questa settimana, leggendo lunedì scorso, 5 giorni fa, l’articolo di Musso per Atlantico dal previdente titolo: “La Caporetto italiana a Bruxelles: da Conte e Gualtieri, a Draghi”, dove veniva spiegato già tutto:
Il governo italiano ha condotto in Europa una trattativa e la ha persa. Cercava una garanzia sul rifinanziamento del debito pubblico. I Paesi del Nord vogliono che alla bisogna provveda il risparmio italiano, che sanno sovrabbondante. La loro vittoria è sancita dalle nuove condizioni di accesso al MES, uguali alle vecchie. Il ministro Gualtieri è di fronte a scelte drastiche e non può a lungo rinviarle. Mario Draghi ha già presentato il manifesto per il dopo-Gualtieri.
E come già lunedì ci sembrava scontato, alla fine è passato il “pacco” franco-tedesco, già concordato nei punti fondamentali da Parigi e Berlino domenica scorsa (nein Mes senza condizionalità, nein Coronabond): Mes, Bei, SURE, questi i tre pilastri, a cui se ne affianca come vedremo un quarto ma ancora tutto da definire e a medio termine. Sul Mes un’unica concessione: linea di credito con l’unica condizione di sostenere “il finanziamento dei costi, diretti e indiretti, sanitari, di cura e prevenzione dovuti alla crisi del Covid-19“. “Afterwards”, dopo l’emergenza, non vere e proprie condizioni, ma un richiamo agli impegni con la Commissione sul Patto di stabilità. Dirette o indirette, comunque dovrà trattarsi di spese di “healthcare, cure and prevention” e relative al Covid-19, non di sostegno all’attività economica per i costi del periodo di lockdown, mentre nella bozza di conclusioni di martedì 7, all’inizio dell’Eurogruppo, c’era almeno il riferimento a “other economic costs” relativi alla crisi. Il testo di ieri sera è quindi addirittura peggiorativo.
Per il supporto all’economia, condizionalità piena, cioè alle condizioni già previste. Riassume così il ministro olandese Hoekstra: “The ESM can provide financial help to countries without conditions for medical expenses. It will also available for economic support, but with conditions. That’s fair and reasonable.” E ci sembra di trovare riscontro nel testo ufficiale.
E gli Eurobond, o Coronabond? Non ci sono, nemmeno di striscio nel testo che ha valore legale. Il contentino sarà che nella lettera ai leader Ue che accompagna le conclusioni dell’Eurogruppo il presidente Mario Centeno spiegherà che alcuni Paesi sono a favore dei Coronabond e altri contrari.
Come dicevamo, c’è un quarto strumento, chiamato Recovery Fund, che però è ancora tutto da definire: servirà per sostenere la ripresa “provvedendo al finanziamento attraverso il budget Ue di programmi volti a riavviare l’economia in linea con le priorità europee e assicurando solidarietà agli stati membri più colpiti”. Più avanti si parla di “innovative financial instruments” ed è molto probabile che oggi leggerete o sentirete da molte parti che in realtà sono proprio questi i sospirati Coronabond.
Come ha spiegato il ministro Hoekstra, si tratta di una formulazione “deliberatamente vaga” così che tutte le parti possano leggerci quello che vogliono e infatti il ministro Gualtieri si è affrettato ieri sera a rivendicare di aver “messo sul tavolo i bond europei”. La realtà è che quello sulla mutualizzazione del debito resta un “dibattito fantasma”.
Il vero dramma è che il premier Conte e il ministro Gualtieri hanno perso tre settimane preziose, forse decisive per salvare la nostra economia, infilandosi in un lacerante negoziato per obiettivi inutili, se non dannosi (Mes), e comunque irrealistici (Coronabond), considerando le red lines storiche degli interlocutori. Una strategia basata sull’illusione che ha caratterizzato tutti i governi di centrosinistra, europeisti, e cioè che un governo percepito come “amico” a Bruxelles, Berlino e Parigi, sarebbe stato ricompensato con la fantomatica “solidarietà” europea. Una visione infantile della politica e del gioco degli interessi nazionali che ha fatto credere per lustri ai nostri eurolirici che si sarebbe potuto derogare dai trattati all’occorrenza e che, prima o poi, la Germania avrebbe fatto cadere il suo tabù sulla condivisione del debito, che invece resiste persino sotto i colpi della pandemia più grave degli ultimi cento anni. Sia chiaro che se Berlino dovesse trovarsi costretta a scegliere tra fine dell’euro e condivisione del debito, sceglierebbe la prima…
Ma basta prendersela con olandesi e tedeschi. L’Olanda fa l’Olanda. La Germania, la Germania. Chi chiede Mes “light” o senza condizioni, chi Eurobond, chi acquisti illimitati della Bce, non ha letto i trattati che abbiamo firmato e non ha capito nulla dell’unione in cui siamo finiti e che fino a ieri celebrava, spacciandola per quello che non è, e non è mai stata. Sui “dibattiti fantasma” l’europeismo nostrano ci ha campato per 20 anni. Ora, capolinea.
Non sembra ci siano le condizioni politiche perché il governo italiano acceda alla linea di credito del Mes, nemmeno nei termini “light” fissati per i costi sanitari dell’emergenza. Voci dal Pd e dai 5 Stelle già assicurano che non hanno intenzione di usarlo (ma allora, ancora più assurdo questo braccio di ferro sulle condizioni). Ora la nuova linea del fronte è rappresentata dagli acquisti dei titoli da parte della Bce dopo il varo del nuovo programma ad hoc per l’emergenza pandemia. Ma siamo proprio sicuri di poterci contare? Saranno illimitati e incondizionati? Anche qui dipenderà dai nostri amici a Berlino, se saranno disposti a chiudere un occhio e per quanto tempo. Sul QE e gli acquisti della Bce è sempre vigile la Corte di Karlsruhe e a Francoforte non ci sono più le spalle larghe di Draghi, ma su questo torneremo presto qui su Atlantico.
Nel frattempo, ad oltre un mese dalle prime misure di contenimento, non è ancora arrivato un euro alle imprese e ai lavoratori, proprio in attesa, o meglio nell’illusione del miracolo a Bruxelles. Il decreto cd liquidità – annunciato lunedì dal premier Conte, come suo solito via proclama video, e pubblicato in GU solo ieri – dovrebbe essere ribattezzato decreto gassosità, vista la completa evaporazione dei “liquidi” tra le parole di lunedì e i testi di ieri.
Il decreto è di fatto senza liquidi, essendo – incredibile ma vero – a saldo zero, mentre poco aggiunge, sulle garanzie alle piccole e medie imprese, alle misure già introdotte nel decreto “Cura Italia”. Si tratta di prestiti bancari – non di indennizzi, che molti altri governi hanno già pagato – tra l’altro nemmeno a tasso zero, come emerge da una circolare di ieri dell’Abi, ma saranno le banche a fissarlo e le imprese dovranno anche versare delle commissioni a Sace per la garanzia.
Per un’analisi più dettagliata vi rimando all’intervento del professor Alberto Dell’Acqua, che ospitiamo oggi, ma la sostanza del decreto è che si chiede alle aziende di indebitarsi – pur essendo soprattutto le piccole e medie già fortemente indebitate – per coprire le perdite dovute ad una chiusura, per quanto legittima e opportuna, decisa comunque dallo Stato per motivi di salute pubblica.
E a quanto pare ci eravamo sbagliati, una “potenza di fuoco” in effetti c’è nel decreto: le tasse da pagare a giugno. Ulteriore beffa, le scadenze fiscali sono rinviate di soli due mesi. Cosa che ha fatto infuriare Carlo Bonomi (Assolombarda): “Se facciamo indebitare le imprese per pagare le tasse vuol dire che non abbiamo capito nulla”.
Il rischio è che il pensiero di moltissimi imprenditori sarà quello di chiudere, quando scopriranno che i “liquidi” del decreto sono i loro soldi, un anticipo (da restituire con gli interessi) di ricavi futuri e incerti. Se non possiamo permetterci ciò che altri governi stanno già facendo per sostenere l’economia, benissimo, lo so dica, vuol dire che non possiamo permetterci di restare chiusi, addirittura fino al 3 maggio, con tutte le conseguenze del caso…
Federico Punzi, 10 Apr 2020, qui.

Poi, volendo, anche al di fuori delle istituzioni, in fatto di Europa ci sarebbe anche questa cosa qui.

Ugo Volli

Poi qualcuno parla ancora di “Unione Europea”
Paola Farina

Si comprende ora perché Israele abbia dato l’incarico del reperimento del materiale sanitario “strategico” al Mossad e non alla protezione civile.

Traduzione dallo svedese.

𝐋𝐀 𝐅𝐑𝐀𝐍𝐂𝐈𝐀 𝐇𝐀 𝐁𝐋𝐎𝐂𝐂𝐀𝐓𝐎 𝐋𝐀 𝐅𝐎𝐑𝐍𝐈𝐓𝐔𝐑𝐀 𝐃𝐈 𝟓 𝐌𝐈𝐋𝐈𝐎𝐍𝐈 𝐃𝐈 𝐌𝐀𝐒𝐂𝐇𝐄𝐑𝐈𝐍𝐄 𝐏𝐑𝐎𝐃𝐎𝐓𝐓𝐄 𝐃𝐀𝐋𝐋’𝐀𝐙𝐈𝐄𝐍𝐃𝐀 𝐒𝐕𝐄𝐃𝐄𝐒𝐄 𝐌𝐎𝐍𝐋𝐘𝐂𝐊𝐄 𝐄 𝐃𝐄𝐒𝐓𝐈𝐍𝐀𝐓𝐄 𝐀𝐋𝐋𝐀 𝐒𝐏𝐀𝐆𝐍𝐀 𝐄 𝐀𝐋𝐋’𝐈𝐓𝐀𝐋𝐈𝐀

Pubblicato venerdì 3 aprile alle 05:43 da Sverigesradio:

Nuove tensioni all’interno dell’UE causate dalla mancanza di un coordinamento sulle forniture ospedaliere che ha posto le nazioni una in competizione con l’altra
Molnlycke (azienda svedese di forniture medicali) si è lamentata con il governo svedese chiedendo di esercitare pressioni sulla Francia poiché 5 milioni di mascherine destinate a Spagna e Italia sono tutt’ora bloccate in questo Paese dal 5 marzo, a causa del sequestro di 6 milioni di maschere e ancora non si sa nulla.
Secondo l’opinione di Richard Twomey CEO dell’azienda sanitaria svedese Mölnlycke in una intervista alla stampa, la sua azienda sta avendo grossi problemi nella distribuzione di milioni di maschere e guanti di gomma in Italia e Spagna. Il problema è iniziato dal momento in cui la Francia ha emesso un decreto che blocca l’esportazione dei prodotti sanitari e non possono più utilizzare il loro magazzino principale a Lione (la produzione è in Cina e distribuiscono tramite tre magazzini principali nell’UE) per distribuire maschere in Italia.
“È estremamente inquietante. Nulla di ciò che inviamo ad altri paesi, in transito attraverso la Francia, può essere spedito fuori dal Paese”
L’azione francese ha drasticamente ostacolato la possibilità di fornire maschere per il viso, guanti protettivi e altre attrezzature usa e getta agli ospedali dell’Europa meridionale. “In futuro, la spedizione delle merci dalle nostre fabbriche in Cina destinate alla Spagna o all’Italia, dovranno ora essere spedite in Belgio e da lì via aerea, oppure via camion aggirando la Francia”
Un altro problema è che la forza lavoro non può più muoversi liberamente oltre i confini. La Polonia ha chiuso il confine con la Repubblica Ceca.
Richard Twomey afferma che metà della forza lavoro nella Repubblica Ceca attraversa quotidianamente il confine dalla Polonia. Quando i lavoratori non riescono più a lavorare, la produzione di attrezzature mediche destinate a essere utilizzate anche in Svezia, viene così interrotta.
“Ma quando adesso diversi Paesi dell’UE guardano principalmente al proprio orto, durante una crisi infuocata come questa, rischiano di mettere a rischio la vita di altri”.
Anders Wennersten
anders.wennersten@sverigesradio.se

E infine la ciliegina sulla torta, con fiocchi di panna e riccioli di cioccolata. Buon divertimento.

Poi la cosa più sconvolgente è leggere in giro “Lo avete visto?! Avete visto come ha asfaltato Salvini e la Meloni?!?! Ma quanto ho goduto!!” Già, perché il principale compito di un governo, specialmente nell’ora più buia eccetera, con un virus che impazza e uccide, le strutture sanitarie al collasso, sessanta milioni di persone agli arresti domiciliari e l’economia a un passo dalla catastrofe, è asfaltare due membri dell’opposizione. Complimenti vivissimi per il senso civico.

barbara