NOTA: l’amico “myollnir” (medico) che mi ha segnalato l’articolo, fa notare che la “cosa” sul polso è una cannula in vena. Ci si era fortemente stupiti del fatto che Biden avesse sostanzialmente retto (anche se con il sostanzioso aiuto del “moderatore”, che ha accuratamente evitato di incalzarlo quando svicolava, mentre lo ha sempre spietatamente fatto con Trump, anche se non svicolava affatto ma semplicemente non dava le risposte desiderate, oltre a interromperlo, dargli sulla voce, permettere che Biden lo interrompesse eccetera) senza perdersi nei soliti vaneggiamenti né perdere di brutto il filo del discorso, e io, mentre lo guardavo e ascoltavo, mi chiedevo che cosa gli avessero dato. Invece non gli “avevano dato”, bensì gli “stavano dando” in diretta! E probabilmente sono così spiegati anche quei radiosi sorrisi un po’ beffardi e un po’ svagati che di tanto in tanto, senza alcun nesso con quanto stava succedendo o stava dicendo il suo avversario, comparivano sulla sua faccia. E chissà se i soliti noti saranno disposti a prendere atto di tutto questo.
Chi fosse interessato, può trovare sia il dibattito completo che le risposte alle singole domande qui: https://www.c-span.org/debates/
Quella che ha messo in galera ed eliminato fisicamente tutti i medici, virologi, giornalisti che avevano tentato di dare l’allarme sull’epidemia che stava esplodendo. Quella che ha fermato tutti i voli interni ma non quelli per l’estero, e che non ha accettato di dichiarare l’epidemia fino a quando non è stata ben sicura che il virus avesse ormai raggiunto tutto il mondo, e poi ha iniziato a venderci a caro prezzo tutti i dispositivi medici necessari, compresi quelli che il nostro governo, criminalmente sconsiderato, le aveva regalato. Quella di cui già ho parlato qui, qui, qui e in infinite altre occasioni che ora non ho voglia di cercare. Quella che allena milioni di bambini in questo modo
affinché uno su centomila diventi un campione e gli altri, che soffriranno per tutta la vita delle conseguenze delle torture subite, si fottano, noi siamo fieri comunisti, mica checche capitaliste, che diamine.
Torno a parlarne per denunciare il genocidio attualmente in atto. Sappiamo bene – anche di questo si è ampiamente parlato qui – che i genocidi sono una specialità comunista (sì, certo, anche comunista), ma questo è il primo del dopoguerra, dopo quello tedesco e quello giapponese, ad essere messo in atto dai medici
E poi voglio parlare – in realtà questo, più ancora che con la Cina e la sua feroce persecuzione dei cristiani, ha a che fare col sedicente papa dei cattolici – del cardinale Joseph Zen:
“Il cardinale cinese Joseph Zen, nonostante l’età (88 anni) e gli acciacchi, vola da Hong Kong a Roma, per perorare la causa della chiesa cattolica cinese contro i tiranni comunisti di Pechino. Zen, per 4 giorni, attende invano di essere ricevuto da quello che supponeva fosse il Pontefice… E’ ripartito, oggi, con l’amara consapevolezza di non esser stato ascoltato, a causa della propria “inopportuna” opposizione alla nomina di Peter Choi come nuovo vescovo di Hong Kong, uomo gradito a Xi Jinping, ergo disastroso per le sorti della comunità cattolica. La Cina è vicina, anzi è di casa a Santa Marta.” (qui)
Ma, a pensarci bene, il cardinale può ringraziare di non essere stato preso a schiaffi, come capitato lo scorso dicembre alla sua connazionale che tentava di fermare il sedicente papa cattolico per farsi ascoltare sulla persecuzione di coloro che, convinta che quell’individuo fosse cattolico, riteneva essere suoi correligionari.
Ma ancora più, se possibile, degli schiaffi, colpisce la sua faccia, quell’espressione cattiva, dura, rabbiosa, malvagia, priva di ogni empatia, priva della più microscopica traccia di sentimento cristiano, o forse, dovrei dire, priva di qualunque traccia di sentimento tout court.
E infine voglio parlare di tiktok, diabolica macchinazione cinese, che il superkattivissimo Trump vuole bloccare. Questo ragazzo spiega di che cosa si tratta e come esattamente funziona.
Mi sto sempre più convincendo che ha ragione chi sostiene che la Cina sia ancora più pericolosa dell’islam, e che vada combattuta con ogni mezzo e con ancora maggiore determinazione.
Martedì scorso ho trascorso sei ore dentro un seggio elettorale, ossia una scuola. Elementare, per la precisione. Avevo da fare, mi era stato chiesto di raccogliere i dati dello spoglio, e giostravo tra cinque sezioni, ma avevo anche del tempo libero, tra un dubbio e l’altro degli spogliatori (- Secondo te questa è valida? – Ssss-sì, però – Mmmm-no, però – L’intenzione però si capisce – Sì, ma non è scritta in modo regolare – Ma l’intenzione di voto è chiara – Ma doveva segnarlo sopra – Però è sul partito giusto – Vabbè, vado a chiederlo al presidente dell’altra sezione che lui ste cose le sa meglio). Tempo per guardarmi intorno. Per leggere. I regolamenti, per esempio, affissi dappertutto. Igienizzare le mani prima di entrare in classe, igienizzare le mani dopo avere fatto questo, igienizzare le mani prima di fare quest’altro, igienizzare le mani quando, igienizzare le mani se… E poi tutte le frequenti “sanificazioni”, e poi miliardi di regole su tutto. Per dare un’idea, ho trovato in rete questo tetraicosalogo.
Back to school [ma dire ritorno a scuola pareva brutto?]: le 24 regole anti-Covid che ti salvano la vita [bum!]
Le 24 regole per prevenire la diffusione del Covid: ecco cosa fare e cosa non fare quando tornerai a scuola a settembre
RITORNO A SCUOLA
Regole anti-covid per un rientro a scuola in sicurezza — Fonte: Istock
In previsione del ritorno a scuola, Orizzontescuola ha elaborato una lista di 24 consigli per prevenire la diffusione del Coronavirus sulla base del regolamento di prevenzione e contenimento della diffusione del SARS-COV-2. Queste regole si aggiungono alle misure che i singoli istituti stanno prendendo in questi giorni, come i tamponi rapidi o le misure adottate se non usi la mascherina. Nel frattempo la ministra Azzolina ha fatto sapere che sono previsti test sierologici a campione per gli studenti nel corso dell’anno. Di seguito riportiamo quindi le 24 regole da seguire una volta tornati in classe.
REGOLE PER LA PREVENZIONE DELLA DIFFUSIONE DEL COVID-19
Ecco 24 consigli da seguire per prevenire la diffusione del virus:
Misura la temperatura prima di uscire di casa. Se supera i 37,5°C oppure se hai sintomi influenzali, resta a casa, avvisa i genitori e chiamate il medico di famiglia.
Installa sul tuo smartphone IMMUNI e ricordati di avvisare la scuola se hai avuto contatti sospetti con possibili positivi [NOTA: non se sei andato a trovare la zia che due giorni dopo si è ammalata e che quindi sicuramente in quel momento era già contagiata e contagiosa, no: se hai avuto contatti “sospetti” (se qualcuno poi volesse cortesemente spiegare cosa diavolo sono dei contatti “sospetti”… Sarà mica per caso qualcosa come la “relazione impropria” di Clinton con la stagista? Boh) con “possibili” positivi: ma mastodontiche teste di cazzo, cosa cazzo è un possibile positivo? Uno che potrebbe avere avuto un contatto sospetto con un altro possibile positivo? Ma quanta merda vi siete infilati nel cervello per riuscire a partorire una simile cloaca?!].
Metti sempre nello zaino una mascherina chirurgica di riserva, un pacchetto di fazzoletti monouso e un flaconcino di gel disinfettante per uso personale.
Sui mezzi pubblici indossa la mascherina e mantieni la distanza di 1 metro dagli altri [posso fare una grassa risata?].
Cambia la mascherina ogni giorno oppure quando diventa umida. Attento a non danneggiarla o appoggiarla su superfici non disinfettate.
Cerca di arrivare a scuola tra le 7:45 e le 7:55 già indossando la mascherina. Evita un anticipo eccessivo per non provocare assembramenti.
L’entrata a scuola è dalle 7:48. Raggiungi rapidamente la tua classe senza sostare nei corridoi. Il personale scolastico potrebbe chiederti nuovamente di misurare la temperatura.
Raggiungi il banco e sistema sulla sedia il giubbotto e gli altri effetti personali sotto il banco. Togli la mascherina solo in presenza dell’insegnante, una volta al banco [questa della presenza non l’ho capita].
Indossa la mascherina ogni volta che non sei sicuro di poter mantenere la distanza di 1 metro dagli altri (insegnanti, compagni di classe…).
Durante la lezione puoi chiedere agli insegnanti di uscire dall’aula solo per andare in bagno. Prima di uscire metti una spunta sul tuo nome nell’elenco affisso vicino sulla porta dell’aula [?].
Ogni locale della scuola va arieggiato aprendo le finestre almeno ad ogni cambio d’ora oppure durante la lezione su indicazione dell’insegnante.
Durante la giornata igienizzati più volte le mani, soprattutto dopo aver toccato oggetti di uso comune.
Resta all’interno del settore a cui è assegnata la tua classe, spostandoti solo se necessario.
Vai in giardino durante l’intervallo previsto per il tuo settore.
Rispetta il distanziamento fisico fuori dall’aula servendoti dell’apposita segnaletica. Non intralciare il passaggio nei corridoi.
Per andare in palestra e nei laboratori, utilizza la mascherina e rispetta le distanze.
Fai lo stesso all’interno di palestra e laboratori.
Alla fine delle lezioni in aule diverse dalla tua, disinfetta gli oggetti utilizzati.
Puoi toglierti la mascherina durante le attività sportive, ma mantenendo una distanza di almeno due metri dagli altri.
Porta con te due sacche per lo sport: una con gli oggetti che ti serviranno e una vuota per riporli alla fine dell’attività.
Segui le indicazioni dei docenti in palestra e negli impianti sportivi: accedi agli spogliatori a gruppi di 4-5.
Negli spogliatoi lascia i tuoi effetti personali in corrispondenza del numero indicato dal tuo insegnante.
Quando suona la campanella, resta al tuo posto, indossa la mascherina, riprendi le tue cose e aspetta il tuo turno per uscire. Esci dalla scuola rispettando le uscite previste per il tuo settore, senza sostare negli spazi comuni.
Se avverti sintomi influenzali, avvisa i tuoi professori, che ti accompagneranno in un’aula vicina dove attenderai l’arrivo dei tuoi genitori che ti riporteranno a casa. Una volta a casa, avvisate il medico di famiglia. (qui)
Manca il divieto di scambiare coi compagni matite penne gomme elastici fogli vocabolari e qualunque altro oggetto, che ho letto da alte parti. E mi chiedo: ma c’è qualcuno che si renda conto che stiamo annientando le difese immunitarie di un’intera generazione, ossia che li stiamo assassinando? Letteralmente: con l’igiene assoluta come quella imposta è impossibile il formarsi degli anticorpi, ossia delle difese immunitarie, e il primo batterio in cui tutte queste vittime di una follia delirante inciamperanno – perché non c’è niente da fare, i batteri esistono e prima o poi ci inciampi – il batterio li ucciderà. Io comunque di pericoli non ne corro: non ho mai usato un “igienizzante”, tranne le pochissime volte in cui mi è stato imposto, con severo controllo che lo facessi a dovere, all’ingresso di qualche esercizio, non mi sono lavata le mani una sola volta più del consueto, ossia quando sono sporche, quando vado in bagno e quando devo maneggiare il cibo, mi sono regolarmente infilata le dita in naso occhi e bocca – non necessariamente in quest’ordine e non necessariamente nella stessa seduta – il tutto per tutta la durata dell’epidemia, e per questo ho goduto per tutto il tempo di ottima salute, e ancora continuo a goderne (più o meno come in Somalia, dove sono stata l’unica a mangiare abitualmente verdura cruda, evitata da tutti come la peste in quanto possibile veicolo di infezioni intestinali, e fra tutti i colleghi sono stata quella che ha sofferto meno problemi intestinali di tutti, perché, a differenza di loro, mi sono fatta una vagonata di anticorpi). E leggo poi questa testimonianza.
Cito un docente e che Dio stramaledica chi ha organizzato questa colossale presa per culo: <<È questo che volete per i vostri figli ? Gli sguardi preoccupati degli alunni mi tolgono il sonno: “Prof. ma fino a quando ci saranno queste regole?”. “Prof. posso alzarmi, sono 4 ore che non mi muovo, mi fa male la schiena..” Si Dario. Puoi alzarti. Ragazzi! Mettete tutti la mascherina. Dario si alza, ma non può andare in giro per la classe. Fermo. In piedi… Ci guardiamo da dietro la mascherina ed io mi vergogno come un ladro per essere lo “sgherro” che gli impedisce di vivere e respirare. “Dario vai in bagno”. Non mi scappa. Gli occhi cerchiati di stress. “Lo so. Vai lo stesso, mi sembri stanco, fai due passi”. “Grazie prof.”. Che vergogna. Gli alunni sono turbati, spaventati. Queste figure asettiche poi che entrano una volta all’ora a spruzzare ovunque “nebbie” disinfettanti.. il terrore di toccare, anche accidentalmente, il compagno… sollevano lo sguardo.. “Mi scusi”… Agamben qualche mese fa parlava di Requiem per gli studenti. Ci siamo per davvero. Salvare questi ragazzi è responsabilità di Docenti e Genitori. Dalle Istituzioni possono arrivare solo pagine e pagine di Protocolli da applicare. Siamo al 17 settembre. Non reggono. Nessuno regge nella scuola. Il personale ATA è stanco, nervoso. I docenti, quelli normali, pure. Gli studenti si muovono all’entrata e all’uscita come piccoli automi. Qualcuno urla “Le distanze! Rimettiti la mascherina!”. Per il resto tutto è immobile. Qualcosa – docenti, alunni.. – morirà in noi durante questo periodo infernale. A Verona, un bambino che ha portato per ore la mascherina è svenuto e ha sbattuto la testa sul banco. I media hanno oscurato questa notizia.>> (cit.)
Li stanno massacrando. Li stanno uccidendo. E gli stanno facendo il lavaggio del cervello per convincerli che questa tortura è per il loro bene. Un’intera generazione di alienati, che finirà molto male. Però adesso tiratevi su, che arriva una buona notizia: la scuola si occupa anche di cose serie e di grandissima utilità; anzi, se ne stava già occupando lo scorso aprile, quando marciavamo sul mezzo migliaio di morti covid al giorno. Guardate un po’ che bello!
Che se poi, Lombroso docet, pensiamo che il promotore ha questa faccia qui
si spiegano parecchie cose. E se pensiamo, oltretutto, che questa canzone non ha MAI avuto alcunché a che fare coi partigiani, ennesima fabbricazione farlocca della sinistra, abbiamo il quadro completo. E poi vai a leggere anche qui, dopodiché possiamo tranquillamente spararci.
Ecco cosa sta davvero accadendo in America: gli ultimi giorni di Jake Gardner
La notte del 31 maggio scorso, Jake Gardner, 38 anni, ex Marine e veterano disabile dell’Iraq, è al lavoro nel suo bar The Hive, di Omaha, Nebraska, quando vede suo padre spintonato da un gruppo di manifestanti al di fuori del locale. Sembra che il gruppo stesse lanciando sassi e rompendo vetrate, e che l’anziano li avesse ripresi. Gardner esce dal locale e confronta il gruppo, che diventa aggressivo. Li avverte che è armato e che vuole solo essere lasciato in pace. Le minacce continuano. Gardner gli mostra la pistola che tiene nella cintura e avverte ancora di lasciarlo in pace, mentre indietreggia. Due manifestanti gli saltano addosso facendolo cadere per terra. Gardner estrae la pistola e spara due colpi di avvertimento. I due uomini fuggono. A questo punto, mentre Gardner è ancora a terra, James Scurlock, 22 anni, gli salta addosso alle spalle passandogli un gomito intorno alla gola. Passano alcuni secondi, Gardner non riesce a liberarsi. Punta la pistola alle sue spalle e spara colpendo Scurlock alla clavicola, uccidendolo. Scurlock aveva precedenti per rapina, violazione di domicilio, possesso illegale di arma da fuoco e aggressione. All’autopsia risulterà positivo a cocaina e metanfetamina. Subito voci iniziano a circolare sui social media che un “white supremacist” ha ucciso un ragazzo di colore. Poche ore dopo la polizia di Omaha conferma che Gardner è sotto custodia. Iniziano le indagini tra le proteste degli attivisti. Gardner viene istantaneamente accusato di essere un “noto suprematista bianco”, e si inizia a scavare nel suo social media footprint. Gardner è un sostenitore di Trump, nel 2016 partecipò alla sua inaugurazione presidenziale. Esiste un video in cui viene intervistato a Washington DC, esprimendo sia il suo supporto al presidente, sia per il diritto a manifestare delle donne della Woman’s March. Il suo bar, The Hive, ha spesso ospitato eventi del locale Partito Repubblicano. Una volta, in un post su Facebook si è lamentato che i clienti transgender pre-op usassero il bagno delle donne, invece di quello unisex. “Non credo sia chiedere molto”, aveva detto. Gira voce che il suo porto d’armi fosse scaduto, cosa che non trova conferma, ma viene considerato dagli attivisti online una prova di “white privilege”. I membri della rock band 311, sul cui tema The Hive è modellato, condannano pubblicamente Gardner su Instagram. Alla conclusione delle indagini, il procuratore distrettuale Don Kleine conclude che Gardner ha agito per legittima difesa. Gli attivisti esplodono su internet, minacciando rivolte e ritorsioni. Black Lives Matter mette sotto assedio l’abitazione del procuratore e fa pressioni sul sindaco e sul governatore perché l’indagine venga riaperta. Il proprietario dell’edificio in cui è situato The Hive sfratta Gardner dopo ripetuti appelli online a dargli fuoco da parte degli attivisti. Gardner viene sfrattato anche dal suo appartamento. L’indirizzo di casa dei suoi genitori viene reso pubblico, così come pure quello degli amici che gli mostrano solidarietà e delle loro famiglie. Alla fine, il procuratore Kleine cede. Dichiara che “in questa rara circostanza” accetterà una “revisione esterna”. Il giudice assegna il caso ad un procuratore speciale, Frederick Franklin, membro di una associazione legale di soli afroamericani. Rivisto il caso, Franklin accusa Gardner di omicidio preterintenzionale, tentato assalto, uso di un’arma da fuoco a scopo criminale, e terrorismo. L’accusa verte su un post lasciato da Gardner su un social media: “Just when you think ‘what else could 2020 throw at me?’ Then you have to pull 48 hours of military style firewatch”. Firewatch è un termine militare che significa essere in servizio. Franklin interpreta il post come una forma di vigilantismo. E sul fatto che Gardner abbia intimato agli assalitori di suo padre di lasciarli in pace facendo presente di essere armato. Cosa che Franklin interpreta come una minaccia. Il Grand Jury conferma le accuse. Gli amici di Gardner fanno partire diverse sottoscrizioni per la sua difesa legale su GoFundMe e altre piattaforme. Tutte vengono chiuse in seguito alle proteste degli attivisti. La sottoscrizione su GoFundMe per la famiglia di Scurlock raccoglie circa 65 mila dollari. Lunedì 21 settembre, il giorno prima di doversi consegnare alla legge per subire il processo, solo, senza casa, senza lavoro, senza denaro per la cauzione o per una difesa legale, Jake Gardner si uccide con un colpo di pistola. Online alcuni degli attivisti che avevano condotto la campagna contro Gardner celebrano la sua morte. Altri si rammaricano di come abbia trovato il modo per sfuggire alla giustizia.
Bancarotta morale, bancarotta sociale, bancarotta legale. Non credo ci siano parole sufficienti per commentare un simile sfacelo. Ma anche noi, nel nostro piccolo, ci diamo da fare, col governo che ha deciso di vendere i nostri culi all’islam.
L’ultima follia del governo: “Stop alla cultura se offende l’Islam”. Lega e Fratelli d’Italia sulle barricate
Ratificata la convenzione di Faro sul patrimonio culturale. Protestano le opposizioni
23 settembre 2020
Stop alla fruizione dell’arte se rischia di “offendere” le culture altrui. E’ uno dei passaggi della Convenzione di Faro approvata dalla Camera dei deputati tra le proteste dei partiti dell’opposizione. “Con l’approvazione alla Camera della Convenzione di Faro che introduce il concetto della necessità di porre limitazioni della fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere altrui culture siamo alla più clamorosa resa culturale della nostra civiltà. La sottoscrizione è la Caporetto di una civiltà. La nostra civiltà si fonda sulla libertà della espressione artistica e culturale. La nostra identità culturale e artistica non può essere oggetto di mediazioni. Ancora una volta il governo giallorosso rappresenta la punta più avanzata della cessione identitaria e della sottomissione culturale. Noi difenderemo sempre l’identità italiana e, se qualcuno si sente offeso dai simboli della nostra cultura, ha un solo modo per non sentirsi offeso: scegliere altre Nazioni dove vivere”. Lo afferma Andrea Delmastro, deputato di Fratelli d’Italia e capogruppo FDI in commissione Esteri. Furiosa anche la Lega: “Con tutti i problemi che hanno gli italiani, i lavoratori e il paese, oggi il Parlamento non viene impegnato a risolverli, ma ad approvare una convenzione che svenderà il nostro patrimonio artistico all’Islam. Dietro l’apparenza delle buone intenzioni, si darà di fatto la possibilità di censurare la nostra arte se altre comunità o singoli si sentiranno offesi come, ad esempio, la comunità islamica. La Convenzione di Faro è un provvedimento gravissimo e pericoloso. Non a caso a ratificarlo è l’Italia e non la Francia, la Grecia o la Gran Bretagna. Un’arma geoculturale potentissima in grado, se utilizzata da alcuni, di cancellare la nostra identità e la nostra libertà” attaccano i parlamentari della Lega Lucia Borgonzoni, responsabile Cultura del partito, e Paolo Formentini, vicepresidente della commissione Affari esteri della Camera. (qui)
Si noti, per inciso, che nessuno degli ebrei che da oltre duemila anni vivono in Italia ha mai protestato per crocifissioni o Madonne con Bambino o nudi più o meno integrali, che pure turbano non poco gli ortodossi, meno che mai minacciato sfracelli, menissimo che mai attuato sfracelli, quindi non stiamo parlando di “altrui culture”, bensì di un’unica cultura: quella di chi ci ha invaso e ora pretende di dettare legge, e di fronte alla quale il nostro governo mette tutti noi a pecorina. E se ci ammazzano, pazienza.
Un fantasma si aggira per l’Europa, un nemico invisibile: e no, non è il coronavirus
Nelle ultime settimane, il nemico invisibile che circola liberamente sulle strade delle nostre città, il fantasma, verrebbe da dire, che si aggira per l’Europa, ha ricominciato a colpire. Duramente. Certo, voi lo vedete sempre di più così, in maniera un po’ folcloristica, coi suoi abiti lunghi, il copricapo, la barba lunga, in alcuni quartieri è anche colorato e vivace (lui, non le loro donne, costrette al nero e a nascondersi sotto scafandri ingombranti e punitivi). E perché dovrebbe darci fastidio? Vi dite da bravi cittadini responsabili e accoglienti. Però voi non vedete la sua parte invisibile, quella che sfugge perché si mescola alla perfezione nelle nostre allegre società multirazziali. O multirazziste, se preferite. È una parte che colpisce senza distinzione di spazio-luogo, e innescandosi in un tempo random imprevedibile. Sceglie le vittime a caso, come a Birmingham, dove circolava con un cappellino da baseball, che potrebbero indossare milioni di giovani neri o bianchi, una felpa col cappuccio che fa tanto V for Vendetta e un coltello in tasca. Un morto e sette persone ferite, scelte a caso, nella zona della movida di Selly Oak. Le autorità, che sono complici ormai del nemico invisibile, si sono affrettate a dire che non c’è matrice religiosa, ma voi, ipocriti lettori come me, ipocrita scrittore, sapete che il nemico si ispira al suo testo sacro. E che i capi che portano avanti la lotta all’Occidente e all’uomo bianco – in combutta con la sinistra internazionalista che oggi si riconosce sotto il disgustoso simbolo marxista del pugno chiuso di Black Lives Matter – hanno scelto la guerriglia di basso profilo. Andare, come fantasmi, mimetizzarsi, confondersi fra la folla e colpire a casaccio. Non preoccupatevi, dicono quei capi, avete la copertura mediatica adeguata e soprattutto la copertura delle autorità che non vi torceranno un capello (se non per dare un po’ di fumo negli occhi al pubblico terrorizzato; poi i processi arriveranno, sì, forse, chissà; tanto nessuno verrà mai a saperlo perché i mass media amici non riporteranno la eventuale condanna). Il nemico invisibile ha colpito anche in Italia, Paese che i poveri cittadini in mascherina e guanti, e in attesa del microchip nel cervello del mio mito Elon Musk, stanno ormai abbandonando a sé stesso. Mi verrebbe da dire, ai miei concittadini in mascherina, guanti e terrore negli occhi del virus invisibile (o teleguidato): dai dai che sta arrivando il mio mito Elon, e vi toglierà l’impaccio orrendo di dover vivere una vita autonoma e responsabile, non dovrete più decidere per voi, riceverete direttamente i comandi nei neuroni cerebrali. Vuoi mettere che manco più la tv dovrete accendere? Il nemico invisibile, dicevo, ha colpito a Como. Il prete degli ultimi, il prete dei diseredati che aiutava, il prete umanissimo e di manzoniana memoria. Il nemico invisibile ha agito seguendo alla lettera i dettami del suo testo sacro che spiega nel dettaglio come conquistarsi la fiducia del nemico e colpirlo proprio nel momento più imprevedibile. Zac, una nuova coltellata in strada, senza motivo (il motivo estorto dagli inquirenti dopo l’arresto del soggetto, definito subito malato di mente, non conta assolutamente nulla; serve a Barbara d’Urso e ai suoi ospiti per farci una puntata mentre si cucinano le lasagne della domenica itagliana). Il nemico invisibile segue una precisa strategia di guerriglia. Mimetizzarsi. Confondersi. A volte pure integrarsi alla perfezione nel tessuto sociale. Poi, quando meno se lo aspettano (quando meno ce lo aspettiamo noi ipocriti lettori e scrittori) zac, colpirlo. Stessa dinamica seguita in Svizzera, ai danni di un povero ragazzo portoghese a cena con la ragazza. Vittima scelta a caso, testo sacro come riferimento, e arma bianca ritrovati con lui. Sgozzamento, violenza nemmeno più disumana, trans-umana, forse. Il poveretto è morto dissanguato davanti alla ragazza. Nessuno, fra i media complici del nemico, ne ha parlato. Chiaro, non vorrete disturbare adesso che il virus sembra rinascere dalle sue ceneri come una Fenice (non araba, per carità, dovessimo andare incontro a censura). Vedete, io sono convinto che la guerra è ormai persa. A dimostrazione di quanto dico, c’è il clima di restrizioni “per ragioni sanitarie” che hanno trasformato il nostro mondo in una versione occidentale del mondo del nemico: una vasta landa di desolazione, gente mascherata col volto coperto, come dottrina religiosa del nemico impone, terrorizzata dall’aria che respira, dall’altro che si avvicina; la musica (elemento fondamentale che il nemico detesta) è sospesa; il divertimento, lo stare assieme (se non per ‘eventi’ decisi dai partiti politici), le feste, le discoteche, cinema e teatri (riaperti più per far vedere che… ma di fatto vuoti), ogni elemento che infastidisce il nemico invisibile è stato colpito al cuore. Nei quartieri di periferia s’avanzano le truppe cammellate, nei quartieri non più di periferia si affacciano per guardarsi intorno e capire come possono conquistare. In Francia si parla apertamente di porzioni di territorio che il nemico invisibile rivendica. Nel frattempo, timidi segnali di risveglio si intuiscono qua e là. Rasmus Paludan, che i media si sono sbrigati a tacciare di estremismo di destra, ha platealmente bruciato il testo sacro del nemico, causando scontri anche in Svezia, a Malmö, città ormai quasi persa [quasi?], territorio conteso, enclave in trincea. Il presidente francese Macron, in occasione dell’inizio del processo contro l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, ha detto che in Francia c’è libertà di parola financo di blasfemia (perbacco!). Poca roba. Servirebbero non azioni dimostrative, parole così, dette perché fa l’effetto di una difesa arcigna. Servirebbe ben altro, servirebbe rispondere con una violenza cento volte maggiore alla loro, come diceva il direttore panciuto di quel giornale che oggi è diventato il secondo foglio di riferimento del governo giallo-rosso. È triste assistere alla sconfitta del genere umano che di più ha apportato all’evoluzione della specie. Noi bianchi, occidentali, europei con radici giudaico cristiane. Triste perché quello stesso esemplare ha dimostrato di possedere un senso di colpa innato che altre razze (o etnie che si voglia) non possiedono. Ed è per questo che vinceranno. Anzi che hanno già vinto.
E poi il terrorismo sanitario del virus, già. Terrorismo della specie peggiore: quello che sono riusciti a far introiettare a un sacco di gente, che continua a vivere come se la morte galleggiasse nell’aria pronta a colpirli in ogni momento, che vivono come “normale” questo incubo orwelliano in cui siamo stati scaraventati, che si astengono dai contatti umani, che marciano fieramente per la strada con la mascherina inastata, non importa quanto lontani da chicchessia – e, come dice il geniale amico Fulvio, portare la mascherina per andare per la strada è come mettersi il preservativo per farsi una sega. Potrebbe, tutto questo, bastare? Potrebbe, ma a loro non basta: perché se ti azzardi a protestare quando vorresti rispettare le regole da loro imposte ma che loro rendono impossibile rispettare, che cosa succede? Che ti zittiscono e tentano di intimidirti, addirittura nella persona della presidente della Camera del Senato, guardare per credere:
Che naturalmente riguarda in primo luogo le elezioni, e cominciamo con giggino nostro, che coi numeri non sembra avere grande dimestichezza, non dico da farci dei calcoli, ma neanche da distinguere fra più grandi e meno grandi:
E neanche l’ANSA sembra cavarsela troppo bene coi numeri
E poi c’è lo zingarello (Nomadello? Gitanello? Romello? Vero che non siamo su FB con gli algoritmi che ci segano le gambe, ma insomma non si sa mai) che addirittura festeggia la vittoria alle regionali
dove infatti ha trionfato, stracciato gli avversari, fatto cappotto
Poi c’è anche quest’altro fenomeno – fenomeno da baraccone, per essere precisi, novello Savonarola che si scaglia con furia contro chi osa mettere in discussione il pentastellico Verbo
Restando alla politica italiana, ma spostandoci dalle elezioni, abbiamo questa signora, che qualche giorno fa ha reso il mondo un posto migliore
Per una spruzzata di politica internazionale, abbiamo questo geniale giornalista australiano convinto che i missili che arrivano su Israele da Gaza siano “simbolici”
oltre al fatto che a quanto pare nessuno ha ancora provveduto a informarlo che è da un po’ più di quindici anni che Israele non sta occupando Gaza. Molto meglio la già citata ex miss Iraq, qui accanto al capo del Mossad Yossi Cohen
alla cerimonia per le firme dell’Accordo di Abramo tra Israele da una parte ed Emirati Arabi Uniti e Barhain dall’altra, a Washington
e questo delizioso signore
Ultima spruzzata di politica estera, l’ennesimo meraviglioso discorso di Donald Trump.
È un grande onore rivolgermi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Settantacinque anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la fondazione delle Nazioni Unite, siamo ancora una volta impegnati in una grande lotta globale. Abbiamo intrapreso una feroce battaglia contro il nemico invisibile – il virus cinese – che ha causato innumerevoli vittime in 188 paesi. Negli Stati Uniti abbiamo lanciato la mobilitazione più aggressiva dalla seconda guerra mondiale. Abbiamo prodotto rapidamente una fornitura record di ventilatori, creando un surplus che ci ha permesso di condividerli con alleati e partner in tutto il mondo. Siamo stati pionieri nei trattamenti salvavita, riducendo il nostro tasso di mortalità dell’85% da aprile. Grazie ai nostri sforzi, tre vaccini sono nella fase finale dei test clinici. Li stiamo producendo in serie in anticipo in modo che possano essere consegnati immediatamente all’arrivo. Distribuiremo un vaccino, sconfiggeremo il virus, porremo fine alla pandemia e entreremo in una nuova era di prosperità, cooperazione e pace senza precedenti. Mentre perseguiamo questo verso un futuro brillante, dobbiamo ritenere responsabile la nazione che ha scatenato questa piaga nel mondo: la Cina. Nei primi giorni del virus, la Cina ha bloccato i viaggi a livello nazionale consentendo ai voli di lasciare la Cina e infettare il mondo. La Cina ha condannato il mio divieto di viaggio. Mentre ha cancellato i voli nazionali e bloccato i cittadini nelle loro case. Il governo cinese e l’Organizzazione Mondiale della Sanità – che è virtualmente controllata dalla Cina – hanno dichiarato falsamente che non c’erano prove di trasmissione da uomo a uomo. Successivamente, hanno falsamente detto che le persone senza sintomi non avrebbero diffuso la malattia. Le Nazioni Unite devono ritenere la Cina responsabile delle proprie azioni.
Inoltre, ogni anno, la Cina scarica milioni e milioni di tonnellate di plastica e rifiuti negli oceani, pesca abusivamente nelle acque di altri paesi, distrugge vaste aree di barriera corallina ed emette più mercurio tossico nell’atmosfera di qualsiasi altro paese al mondo. Le emissioni di carbonio della Cina sono quasi il doppio di quelle degli Stati Uniti e stanno aumentando rapidamente. Al contrario, dopo che mi sono ritirato dall’accordo unilaterale di Parigi sul clima, lo scorso anno l’America ha ridotto le sue emissioni di carbonio più di qualsiasi altro paese nell’accordo. Coloro che attaccano l’eccezionale record ambientale dell’America ignorando l’inquinamento dilagante della Cina non sono interessati all’ambiente. Vogliono solo punire l’America e io non lo tollererò. Se le Nazioni Unite vogliono essere un’organizzazione efficace, devono concentrarsi sui problemi reali del mondo. Ciò include il terrorismo, l’oppressione delle donne, il lavoro forzato, il traffico di droga, il traffico di esseri umani e sessuali, la persecuzione religiosa e la pulizia etnica delle minoranze religiose. L’America sarà sempre un leader nei diritti umani. La mia amministrazione sta promuovendo la libertà religiosa, le opportunità per le donne, la depenalizzazione dell’omosessualità, la lotta alla tratta di esseri umani e la protezione dei bambini non nati. Sappiamo anche che la prosperità americana è il fondamento della libertà e della sicurezza in tutto il mondo. In tre anni abbiamo costruito la più grande economia della storia e la stiamo facendo di nuovo rapidamente. Il nostro esercito è notevolmente aumentato nelle sue dimensioni. Abbiamo speso 2,5 trilioni negli ultimi quattro anni per i nostri militari. Abbiamo l’esercito largamente più potente al mondo. Abbiamo resistito a decenni di abusi commerciali in Cina. Abbiamo rivitalizzato l’Alleanza NATO, per la quale altri paesi stanno ora pagando una quota molto più equa. Abbiamo stretto partnership storiche con Messico, Guatemala, Honduras ed El Salvador per fermare il traffico di esseri umani. Siamo al fianco del popolo di Cuba, Nicaragua e Venezuela nella loro giusta lotta per la libertà. Ci siamo ritirati dal terribile accordo nucleare iraniano e abbiamo imposto sanzioni paralizzanti al principale sponsor mondiale del terrore. Abbiamo cancellato il califfato dell’ISIS al 100 percento; abbiamo ucciso il suo fondatore e leader, al-Baghdadi; ed abbiamo eliminato il principale terrorista del mondo, Qasem Soleimani. Questo mese abbiamo raggiunto un accordo di pace tra Serbia e Kosovo. Abbiamo raggiunto una svolta epocale con due accordi di pace in Medio Oriente, dopo decenni di nessun progresso. Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein hanno firmato tutti uno storico accordo di pace alla Casa Bianca, con molti altri paesi del Medio Oriente a venire. Stanno arrivando velocemente e sanno che è fantastico per loro e per il mondo. Questi accordi di pace rivoluzionari sono l’alba del nuovo Medio Oriente. Adottando un approccio diverso, abbiamo ottenuto risultati diversi, di gran lunga superiori. Abbiamo adottato un approccio e l’approccio ha funzionato. Intendiamo concludere a breve altri accordi di pace e non sono mai stato così ottimista per il futuro della regione. Non c’è sangue nella sabbia. Quei giorni, si spera, sono finiti. Mentre parliamo, anche gli Stati Uniti stanno lavorando per porre fine alla guerra in Afghanistan e stiamo riportando le nostre truppe a casa. L’America sta realizzando il nostro destino di pacificatore, ma è pace attraverso la forza. Ora siamo più forti che mai. Le nostre armi sono a un livello avanzato come non abbiamo mai avuto prima – come, francamente, non abbiamo mai nemmeno pensato di avere prima. E prego solo Dio che non dobbiamo mai usarle. Per decenni, le stesse voci stanche hanno proposto le stesse soluzioni fallite, perseguendo ambizioni globali a scapito del proprio popolo. Ma solo quando ti prendi cura dei tuoi cittadini troverai una vera base per la cooperazione. In qualità di Presidente, ho rifiutato gli approcci fallimentari del passato e metto con orgoglio l’America al primo posto, proprio come dovresti mettere al primo posto i tuoi paesi. Va bene, è quello che dovreste fare. Sono estremamente fiducioso che il prossimo anno, quando ci riuniremo di persona, saremo nel bel mezzo di uno dei più grandi anni della nostra storia e, francamente, si spera, nella storia del mondo. Grazie. Dio vi benedica tutti. Dio benedica l’America. E Dio benedica le Nazioni Unite.
Donald J. Trump
Ah, stavo per dimenticare. A proposito della firma degli accordi fra Israele e i due stati arabi: dell’Europa era presente un unico stato: l’orrendissima fascistissima razzistissima, praticamente dittatura nazista ormai a pieno titolo Ungheria. Tanto perché si sappia.
impersonali, asettici e imparziali, che governerebbero facebook.
Covid e presidenziali Usa, social sempre meno neutrali: Facebook scatenata nel censurare gli spot di Trump
I grandi social network, sempre più al centro dell’informazione e del dibattito pubblico, sono sempre meno neutrali e sempre più inclini alla censura (peraltro a sproposito), con inaccettabili ingerenze che casualmente si sono intensificate in periodo di Covid e di campagna elettorale americana. Da un lato, i vari Facebook, YouTube (Google) e Twitter intervengono censurando dibattiti, opinioni e dichiarazioni, oltre che di utenti “scomodi”, persino di cariche istituzionali, ovviamente solo di una certa parte, per esempio i tweet di Trump sulla necessità di porre fine alle rivolte nelle città americane, ma non quelli della Guida Suprema iraniana Khamenei su Israele (“un tumore canceroso maligno che deve essere rimosso e debellato: è possibile e accadrà”). Dall’altro, non fanno nulla per contrastare i veri e gravissimi problemi della Rete (come la diffamazione incontrollata e i profili falsi utilizzati in maniera malevola) e per ragioni di profitto si prostrano volentieri agli appetiti dei peggiori regimi mondiali per quanto riguarda il rispetto del diritto all’informazione e della libertà di espressione. Dopo aver fatto piazza pulita di ogni visione difforme da quella “giusta” sulla gestione della pandemia e di ogni idea diversa da quelle traballanti dell’Organizzazione mondiale della sanità (che, oltre a non averne azzeccata una, ha già cambiato innumerevoli volte le proprie infallibili posizioni, quindi a rigor di logica sarebbe la prima a dover essere censurata e silenziata), ora Big Tech, apertamente schierata, si sta “occupando” delle presidenziali americane. Facebook ha iniziato a censurare gli annunci pubblicitari politici che vengono “bocciati” al fact checking. Ma non è tutto, perché, al di là dei fortissimi dubbi sulla legittimità della pratica e sull’imparzialità dei verificatori, in almeno due recenti casi gli annunci sono stati giudicati “perlopiù falsi” da PolitiFact e bloccati dal social network nonostante le affermazioni contenute fossero state riconosciute come vere. È accaduto a uno spot pro-Trump che cita direttamente Biden che dichiara “Se mi eleggerete, le vostre tasse saranno aumentate, non ridotte” e avverte che il suo piano aumenterà le tasse “per tutti i gruppi di reddito”. A parte il vulnus sotteso al silenziare il dibattito politico, lo spot che fa capo ad America First era davvero “perlopiù falso”? No, perché leggendo il report dello stesso fact checking si deduce che secondo alcuni esperti il piano di Biden si tradurrà effettivamente in tasse più elevate per tutti i gruppi di reddito. Dunque, quale sarebbe il problema dell’annuncio? Una fantomatica mancanza di “contesto” (peraltro facilissimo da fornire, ammesso e non concesso che sia ragionevole pretenderlo in una pubblicità di 30 secondi) e il rischio che possa dare una “impressione sbagliata” su ciò che Biden intendesse, visto che il piano colpirebbe maggiormente i redditi alti rispetto a quelli bassi. Insomma, dall’arrampicata sugli specchi (o meglio, sugli schermi) emerge che lo spot dice cose vere, ma è meglio che non si sappiano, altrimenti gli americani (il 70 per cento dei quali usa Facebook e il 40 per cento dei quali lo usa per informarsi) potrebbero confondersi e finire per votare il candidato sbagliato. America First – che al Daily Wire ha assicurato che continuerà a lottare contro i fact checker di parte e per difendere uno dei più fondamentali diritti costituzionalmente protetti durante un periodo cruciale come quello di un’elezione presidenziale – non è l’unica organizzazione conservatrice censurata dalla piattaforma. In un altro episodio recente, sempre con il giochino del “contesto mancante e potrebbe fuorviare le persone”, Facebook ha censurato un annuncio dell’American Principles Project che affermava che l’apertura agli atleti transgender prevista dall’Equality Act appoggiato dai Democratici “distruggerà gli sport femminili”. In casi come questo la massima propinata dai ben (de)pensanti è sempre qualcosa come: “Sono compagnie private, possono fare quello che vogliono. Se non ti vanno bene le loro regole, puoi sempre andare altrove”. Chissà cosa direbbero gli stessi ben (de)pensanti se ipoteticamente una compagnia privata di trasporti, essendo libera di fare ciò che vuole in quanto compagnia privata, decidesse di escludere dal servizio, per esempio, i neri. E i social network, che pur essendo privati hanno un ruolo pubblico preminente, trasportano ormai le idee e a ben vedere le vite di molte più persone di quante non vengano prese in carico da tutte le compagnie di trasporti del globo messe assieme. Il piccolo dettaglio è che le stanno trasportando sempre più con metodi che poco hanno da invidiare a quelli orrendi dell’apartheid.
Sposto la padella. Senza accorgermene la inclino, ma appena appena un po’. Il coperchio, bastardo infame, perfino peggio del vile e scalcinato fiancheggiatore, non si lascia scappare l’occasione: prima, per non dare troppo nell’occhio, scivola giusto un pelino, poi, proditoriamente, spicca il volo e mi piomba su una gamba, di taglio e a velocità supersonica. Come se le mie povere gambe non ne avessero passate già abbastanza. Merda. E pensare che proprio oggi pomeriggio mi sarei dovuta esibire in questa cosa qui
Anna Kerenina
e invece adesso mi tocca rimandare di chissà quanto!
Non sono un estimatore di Chiara Ferragni, né del mondo che essa rappresenta. Tuttavia ho sempre ritenuto abbastanza basse le malelingue su di lei, spesso dettate dall’invidia sociale. Fino a che il mio sguardo non si è posato sullo screen di una sua “storia” di Instagram, nella quale la Ferragni, parlando dell’omicidio di Willy Monteiro, affermava che: “Il problema lo risolvi cambiando e cancellando la cultura fascista sempre resistente in questo paese di merda.” Paese di merda? Mettiamo il caso che l’omicidio, efferato e brutale, del giovane Willy abbia avuto davvero un movente ideologico-politico (per ora escluso dalle indagini), cosa giustifica quel “paese di merda” buttato lì nel discorso? Se è vero come è vero che un delitto compiuto da un immigrato non rende tutti gli immigrati criminali, perché un delitto a sfondo razzista compiuto da un italiano rende tutta l’Italia razzista? Perché le stesse persone che si strappano i capelli urlando che non si debba mai, mai, MAI generalizzare di fronte alle contraddizioni dell’integrazione straniera, non si fanno alcun problema ad infangare tutto il Paese per i casi isolati di violenza e intolleranza? Lo sa, Chiara Ferragni, che in quel “paese di merda” ci sono anche migliaia di suoi fan e adulatori? Gente che spende soldi per le sue scarpe, inonda di like le sue foto, garantisce lei quella visibilità che sta alla base del suo successo economico? La verità è che c’è una parte d’Italia che l’Italia, sotto sotto, la odia. È quella xenofilia, quell’autorazzismo su cui non ci si sofferma mai abbastanza. Perché spesso, a torto, lo si dà per scontato. Lo si accetta passivamente. Così un “paese di merda” rivolto ad una nazione intera, in cui non esiste alcuna emergenza razzismo o fascismo, viene fatto passare come nulla fosse. E viene applaudito da quella porzione di politica italiana a cui, data la mancanza cronica di argomenti, non rimane che strillare all’esistenza di vecchi e nuovi fantasmi. A costo di inventare interviste, falsare notizie, scatenare assurdi allarmismi. Conosco le problematiche dell’Italia. La sua classe politica infima, la sua magistratura corrotta, i suoi media asserviti, la criminalità e il clientelismo. Nonostante questo, non mi farete mai dire, scrivere o pensare “che paese di merda”. Perché so cos’altro è l’Italia e, soprattutto, cos’altro può essere. Un popolo che si odia e che si schifa sarà sempre facile preda degli interessi altrui. Quando lo capiremo? Matteo Brandi
Una cosa vorrei chiedere a questo genere di persone: mi sembra evidente che, quando si dice un Paese di merda (Paese, maiuscolo: Trebaseleghe è un paese, l’Italia la Francia la Spagna sono Paesi. Quando si fa un mestiere che consiste nel comunicare, la lingua in cui si comunica sarebbe opportuno studiarla), a meno che non si parli di qualche inospitalissima località oltre il circolo polare artico, nel qual caso però l’espressione più adeguata sarebbe “un posto di merda”, ci si riferisce non al paesaggio o al clima bensì alle persone che ci vivono. Ecco, la cosa che vorrei chiedere è: ma se TU sei consapevole di essere una persona di merda, perché non parli al singolare, perché non parli per te invece di tentare di coinvolgere un intero Paese in base alla logica, inaugurata da Craxi, del “merda tutti, merda nessuno, e quindi neanche io”?
Poi c’è anche quest’altra signora che ritiene giusto parlare di razzismo fascista perché “non si può escludere a priori la matrice razzista”
che poi, a parte l’idiozia assoluta di affermare con certezza una cosa con l’argomento che non la si può escludere a priori, se c’è un caso in cui si può veramente escludere a priori è proprio questo: lui si è buttato in mezzo per difendere l’amico, e lui è stato pestato a morte. Si fosse buttato in mezzo uno bianco, giallo, ciclamino, a pois, quello era l’avversario del momento e quello sarebbe stato pestato – beh, fosse stato il negro Mike Tyson magari no. E verrebbe quasi voglia di rispolverare il vecchio mantra di Bona ma oca. Verrebbe. Se non fosse che io sono stata la più gran gnocca mai comparsa sull’orbe terracqueo e, contemporaneamente la mente più brillante mai vista sotto il cielo (sì, lo so, poi ci sarebbe anche Hedy Lamarr e un botto di milioni di altre bellissime e geniali, ma adesso non stiamo a sottilizzare, dai).
L’insegnamento femminista dalla Spagna: castrare alla nascita il 25% degli uomini per realizzare la Matria
di Francesco Corrado
Tutti sanno che qualche giorno fa il presidente delle Nazioni Unite se n’è uscito con una dichiarazione che, più o meno, dice: “La pandemia da Cornavirus sta dimostrando (a lui evidentemente) che millenni di patriarcato hanno portato ad un mondo dominato dai maschi, con una cultura dominata dai maschi, che danneggia tutti”. A tal proposito abbiamo pensato di raccontarvi un fatto che l’anno scorso ha fatto molto discutere in Spagna. I fatti: alcuni studenti hanno registrato le lezioni della propria professoressa di lingua e letteratura, tal Aurelia Vera, ovviamente gli audio e le trascrizioni sono diventati virali facendo discutere la nazione. In una sua lezione la professoressa, che in pratica insegna femminismo postmoderno, spiega come poter realizzare un progetto matriarcale, cioè di società in cui gli uomini vengano esclusi dal potere per delegarlo esclusivamente alle donne. La domanda è: che ce ne frega a noi di cosa dice in classe la professoressa Aurelia Vera all’istituto alberghiero San Diego de Alcalà, nella cittadina di Puerto del Rosario, nell’assolato arcipelago delle Canarie? Ci interessa per la somma di diversi motivi. Primo: la professoressa Vera non è un cane sciolto, è una politica attiva del PSOE ed è assessore del municipio di Puerto del Rosario, capoluogo dell’isola di Fuerteventura, cittadina che conta poco più di 20.000 abitanti. Il suo partito l’ha difesa a spada tratta. In quanto ne rappresenta alla perfezione l’ideologia. Secondo: la nostra professoressa è stata insignita del premio Meninas, in rappresentanza del collettivo studentesco femminista “La Sexta Cariatide” (da lei creato a scuola e di cui è coordinatrice): il premio viene assegnato dalle comunità autonome a collettivi femministi, per attività che favoriscano “la pace e l’uguaglianza”. [e sottolineo uguaglianza] Il motivo che ha portato all’assegnazione del prestigioso premio è stato che le 60 studentesse del collettivo hanno avviato una raccolta di firme per far si che il femminismo diventi materia scolastica; cose grosse insomma. Terzo: periodici che una volta erano di sinistra (e che hanno fatto la fine che da noi ha fatto “La Repubblica”), come El Pais, si sono sperticati in difese patetiche della prof e del suo delirio a base di castrazione selettiva. Ma gli audio e le trascrizioni sono chiari e c’è poco da dire. La prof, che vive nella realtà parallela del femminismo del terzo millennio, non ha minimamente dovuto rimangiarsi quanto detto, in quanto ciò è considerato politically correct. Quarto: a parte il delirio sulla castrazione selettiva, gli audio delle lezioni ci mostrano alcuni sprazzi del tipo di insegnamento in cui consistono gli studi di genere che tanto vanno di moda nelle università: una forma di indottrinamento all’odio tra uomini e donne in parte basato su mistificazioni storiche che si vuol far diventare materia di studi anche alle superiori. Quindi questa storia per noi è, a ragion veduta, emblematica di cosa sia il femminismo del terzo millennio: mainstream, autoritario, vuoto di proposte reali. E la storia della legislazione spagnola in materia potrebbe insegnare qualcosa, se la studiassimo, invece che replicarla scioccamente come stiamo facendo.
Ma lasciamo la parola alla prof: Prof: “La situazione di sofferenza in cui si ritrova la popolazione del Venezuela non è tanto colpa di Maduro, quanto degli Stati Uniti, lo stesso vale per l’isolamento di Cuba. Non è tanto un problema di Cuba, è che gli Stati Uniti non lasciano entrare niente a Cuba…(si dilunga sulle transazioni economiche internazionali su cui sorvoliamo per sintesi) …Questo sono gli Stati Uniti e queste sono le transazioni commerciali di questo mondo neoliberale (brava prof!).” Studente: “Prof allora di che sistema crede che avremo bisogno?” Prof: “Bisogna inventarlo, io si che ne ho uno. La Matria.” Studente: “E in che cosa consiste?” Prof: “Nel potere delle donne [uguaglianza, dicevamo, per l’appunto]. Io credo che i valori della donna non siano né la guerra, né la distruzione, né l’antiecologismo, né la mancanza di attenzioni. Voglio un mondo ecologico, un mondo non violento, un mondo non imperiale, un mondo in contatto con la natura. Il problema sarebbe come istituirla. Come istituirla? Io un’idea ce l’ho. Tramite la castrazione selettiva.” Studentessa- “Ma come prof, ha appena detto che non ci sarebbe violenza!” Prof: “Il problema è istituirla (la Matria), ci sono dei problemi, non dico che sarà buona. Il fine giustificherebbe i mezzi? Salvare il pianeta giustificherebbe la castrazione del 25% della popolazione? [cioè non il 25% degli uomini, come dice il titolo, e più avanti anche l’autore, bensì il 50%] Ecco, quello già sta dicendo di no (rivolgendosi ad un alunno), guarda che se ti tagliano il pisello mica ti succede niente! (nooo figurarsi). Come detto il problema è istituirla, cioè fare in modo che gli uomini smettano di governare per dare il potere a noialtre [sempre per via di quella famosa uguaglianza di cui sopra], bisogna mettere mano alla castrazione selettiva.” [Che io sappia un uomo castrato è impossibilitato a scopare, ma perché mai dovrebbe essere impossibilitato a governare?] Studentessa: “Si ma a cosa le serve accumulare tante palle?” Prof: “D’accordo io credo…c’è qualcosa che si chiama uova al cognac, tanto per darti un’idea”. [Sì, esistono le uova al cognac, e credo che sia una ricetta deliziosa. Ma, a parte la finezza della risposta, soprattutto in una scuola, a quanto pare la signora ha tanta dimestichezza con l’altro sesso da non saper distinguere le uova di gallina da quelle di maschio umano, e allora si comincia a capire: dal momento che per lei comunque non ce n’è
perché lasciare che ne godano le altre?] Voci incomprensibili che si sovrappongono Prof: “Se eviriamo gli uomini non solo non potranno avere figli, ma non potranno sviluppare una serie di ormoni che gli danno forza fisica, altra cosa è che poi non smetteranno mai di parlare col tono di voce dei bambini [e il vantaggio…? Forse quello, dopo averli castrati, di poterli sbertucciare perché hanno la vocetta da castrati? Tipo le SS che costringevano gli ebrei a vivere nel fango per poi prendersi la soddisfazione di dire vedi che abbiamo ragione a disprezzarvi, luridi ebrei schifosi!]. Quindi ho la mia idea di un nuovo mondo e funzionerebbe da paura. Useremmo la scienza per sapere a chi tagliare le palle. Con l’eugenetica potremmo creare bambine e bambini alla carta, come in un menù. Voglio che mio figlio sia alto 1,80, abbia gli occhi azzurri e che non abbia nessuna malattia, questo esiste già.” [Appunto: SS] Studente: “Ma invece di questo progetto di castrarci a quasi tutti…” La prof lo interrompe investendolo con un mare di sciocchezze: “Fa male vero? Ma lo sapete voi che a noi ci hanno castrato per milioni di secoli? (sic). Soprattutto qua nella mente. E non abbiamo detto nulla. Gli orgasmi femminili sono apparsi per la prima volta negli anni ’60, e fino ad allora non abbiamo potuto avere orgasmi. Noialtre siamo state storicamente castrate dal momento della nascita al momento della morte. Solo negli anni ’60 con gli studi di Roig si iniziò a pensare che la donna potesse avere l’orgasmo. Ed è a partire da allora che cominciammo a provare gli orgasmi, perché voialtri (rivolgendosi ai quindicenni maschi cui dovrebbe insegnare letteratura) non ci lasciavate nemmeno pensare che noialtre avessimo diritto al desiderio ed al piacere.” Studente- “Si però, prof, ci sta dicendo di tagliarci le palle…” Prof-“Che orrore, che per gli uomini la loro identità sia il cazzo! [beh, in effetti è esattamente quello che li differenzia da noi…] Che orrore, vero? Alcuni preferiscono morire al farsi tagliare il cazzo: tagliatemi il collo ma non il cazzo. Dicono molti” [Molti? Io non ne ho mai sentito uno. Forse perché da queste parti ancora non girano donne così psicopatiche da voler tagliare il cazzo agli uomini] Più tardi la prof dice: “Un disastro che elimini i tipi (uomini), e che ne rimangano pochini, il minimo indispensabile. E lì inizierà la mia Matria.” [leggi il seguito]
Nei primi 5 mesi del 2020 in Italia sono stati eseguiti circa un milione e quattrocentomila esami di screening per il cancro in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. E gli interventi chirurgici sono crollati del 60%. Le visite di routine per i cardiopatici idem. Inevitabilmente aumenterà la mortalità. Anche se non è vero che fosse inevitabile. Come non era inevitabile la strage nelle case di riposo. Come non era inevitabile usare cure sbagliate, più sentito parlare dei respiratori? Come non era inevitabile dire alla gente di recarsi in ospedale solo se le mancasse l’aria, il mondo è stato ingannato o si è fatto ingannare. Come non erano inevitabili tante altre cose. Non era inevitabile diffondere il terrore dopo aver minimizzato, agevolando il virus di Wuhan nel suo momento di massima virulenza. Non era inevitabile accusare di razzismo chi vedeva arrivare la catastrofe. Non era inevitabile censurare oggi qualsiasi cosa che non si allinei al pensiero unico. Specie se c’è da inchiodare alle sue responsabilità il regime comunista cinese, che ha tanti occidentissimi collaboratori, complici. Non era inevitabile confondere contagiati con i malati. Come non era inevitabile distruggere le difese immunitarie in attesa di una iniezione che salverà il mondo da una malattia curabile al 99,6% o giù di lì. E non era inevitabile dividere ancora di più la popolazione in società già sapientemente disgregate. Non era inevitabile mettere gli uni contro gli altri i clienti e gli esercenti, lavori considerati essenziali e quelli no, gli stipendi garantiti vs la lotta quotidiana per una fattura non pagata, vecchi contro giovani. Non era inevitabile nemmeno creare un clima in cui c’è chi nega e chi esagera, chi vuole vivere e chi si rintanerebbe per sempre. Non era inevitabile distruggere l’economia in favore di pochi centri del potere economico e del super governo. Ma a questo serviva, serve e ancora servirà. Allora sì, era inevitabile. Io la vedo così.
GLI ISRAELIANI DI SINISTRA CHE ODIANO ISRAELE E QUANTI SI DISCOSTANO DAL VERBO COMUNISTA PIÙ DI QUANTO AMINO LA PACE E LA GIUSTIZIA E LA LIBERTÀ
Lo scrittore Grossman inizia così il suo articolo pubblicato oggi su Repubblica: “Nel Libro di Osea leggiamo: “Poiché costoro seminano vento, e mieteranno tempesta”. Per quasi dodici anni Benjamin Netanyahu ha seminato vento.” [Segue una vagonata di attacchi livorosi, con l’odio che gli schizza fuori da ogni poro della pelle, contro Netanyahu]
Qui non è questione di amare o odiare Netanyahu, ma se seminare vento porta a risultati che i politici amati da Grossman mai hanno nemmeno sfiorato, beh, allora benvenuto questo vento. E le macerie delle quali parla nel suo pezzo suonano come una accusa a questo scrittore, grande penna, ma pessimo commentatore politico (tra l’altro, se uno lo mette in difficoltà svelando, di fronte a lui, i suoi non detti, lui, invece di accettare il confronto, lo cancella per sempre dai suoi interlocutori; so di chi sto parlando.)
PARLARE DI ISRAELE SENZA AVERE LA PIÙ PALLIDA NOZIONE DI STORIA, E NEANCHE DI GEOGRAFIA
In risposta ad alcune lettere di lettori
Cari lettori,
Quando due o più Paesi firmano un trattato, è sempre una buona notizia, e un successo per il mediatore: in questo caso, Donald Trump. Tuttavia dietro la «pace di Abramo» c’è anche, fin dal nome, un po’ di retorica. La pace si fa tra nemici. Ma nemici — in sostanza — Israele e gli Emirati arabi uniti (e il Bahrein) non sono stati mai [forse il signor cazzulello ritiene che “nemico” sia sinonimo di “in guerra”. Quindi ignora sia il significato delle parole italiane che la storia del Medio Oriente]. Sono Paesi separati da centinaia di miglia, mari, deserti [mari fra Israele e Bahrain ed Emirati? Addirittura al plurale?!]. Non sto dicendo che l’accordo non sia importante; a maggior ragione se ne seguirà un altro tra Israele e l’Arabia saudita. Ma sinceramente mi pare più una mossa nel quadro della guerra civile araba tra sunniti e sciiti, che nel quadro della pace in Medio Oriente tra arabi e israeliani [embè certo: un trattato di mutuo riconoscimento e cooperazione in vari ambiti fra Israele e dei Paesi arabi che per 72 anni non lo hanno riconosciuto, hanno rifiutato qualunque contatto, hanno attivamente partecipato al boicottaggio di qualunque cosa avesse a che fare, anche indirettamente, con Israele, che cosa mai potrà avere a che fare con la pace fra arabi e israeliani?]. Sancendo in modo ufficiale l’avvicinamento in corso da tempo con Israele — unica vera democrazia e unica potenza atomica della regione —, i sunniti si rafforzano, e gli sciiti subiscono un colpo. Ma se si è festeggiata tanto la «pace di Abramo», che cosa si potrebbe inventare un presidente americano che imponesse un trattato di pace tra Israele e l’Iran, o tra Israele e i palestinesi? [Non ho capito la domanda. Potrebbe riformularla in maniera più comprensibile?] L’idea iniziale di Trump era proprio l’accordo tra Netanyahu e i palestinesi. Sul piatto l’America ha gettato molti soldi. Ma non era pensabile che un popolo rinunciasse alla terra in cambio di dollari [Perché è chiaro che una terra che si chiama Giudea, che da tremila anni è stata ininterrottamente abitata dagli ebrei, sotto il cui suolo si trovano tombe ebraiche, a chi mai dovrebbe appartenere se non ai palestinesi?]. I palestinesi hanno commesso molti errori — non ultima la drammatica divisione tra i Territori amministrati dal presidente Abu Mazen e Gaza controllata dagli estremisti filoiraniani di Hezbollah [Hezbollah?A Gaza? Proprio sicuro sicuro? E insiste a voler parlare di Medio Oriente?] — e anche molti crimini. Ma sono stati abbandonati dalla comunità internazionale in modo abbastanza cinico [mai sentito parlare dei miliardi di dollari – prelevati direttamente dalle nostre tasche – elargiti ai poveri palestinesi che li hanno interamente usati per fare terrorismo e seminare morte e distruzione anziché per costruire uno stato?]. E i primi ad abbandonarli sono stati — e sono — i «fratelli arabi»; fin da quando nel 1948 si presero ognuno un pezzetto di quello che secondo l’Onu doveva essere lo Stato palestinese [stato arabo, Cazzullo, stato arabo, non palestinese: nel 1948 mancavano ancora 16 anni alla fabbricazione a tavolino del popolo palestinese, clic, clic, clic]
Mario Monti per far contenta l’Europa ha tagliato la sanità. Ora lo hanno nominato a capo dell’OMS in Europa. Come addetto alla sicurezza della banca del sangue europea invece hanno nominato il conte Dracula.
EUROPA E DINTORNI
Hezbollah piazza grandi quantità di nitrato di ammonio in giro per l’Europa, passando per Belgio, Francia, Grecia, Italia, Spagna e Svizzera.
Se qualcuno per caso si chiede perché non si stia facendo niente, significa che di politica non capisce niente: come possiamo occuparci di queste scemenzine, quando incombe su di noi l’odio che Salvini e Meloni stanno seminando a piene mani! Ma come diavolo vi viene in mente?!
ANCHE CON LO SPORT SI SALVA IL MONDO (O ALMENO UN MONDO)
La favola del Beitar Yerushalaim
L’accordo Israele- Emirati sta dando frutti anche sui campi di calcio: Hapoel Beersheva, i campioni in carica, ha già invitato per un’amichevole l’omologa emiratina. Ma è l’interessamento di un uomo d’affari degli Eau a investire nel Beitar Yerushalaim, la storica squadra di Gerusalemme, ad aver spiazzato un po’ tutti. «Apprezzo la tifoseria del Beitar, così devota al club. Presto capiranno che la gente degli Emirati cerca pace e coesistenza», ha detto alla tv Kan11 l’imprenditore, per ora rimasto anonimo. Eccentrica o coraggiosa, è una scelta decisamente non convenzionale, considerato che Beitar è la squadra che ancora non ha rotto il tabù di reclutare un giocatore arabo, nonostante a Gerusalemme rappresentino il 38% della popolazione. E fa i conti con una tifoseria radicale di ultrà razzisti, che ha scelto di chiamarsi La Familia, «perché tutto deve restare in casa». Non mancano le squadre in cui giocano insieme musulmani, cristiani ed ebrei, ma lui ha scelto proprio i nero-gialli. «La proposta rispecchia i valori per cui ho deciso di acquistare il Beitar», dice a Repubblica Moshè Hogeg. L’imprenditore 39enne, che si è costruito da solo con una serie di investimenti azzeccati nel bitcoin e in start-up di successo, nel 2018 ha acquistato il club non perché fosse la squadra del cuore lui che viene dalla periferia di Beersheva – ma per fare “una rivoluzione sociale”. Un repulisti. Ha stampato il motto “Amerai il tuo prossimo come te stesso” sulle maglie dei giocatori, «la frase più importante dell’ebraismo. A Beitar c’è chi l’ha infangata». Ha iniziato a citare in giudizio i tifosi estremisti “per diffamazione del club”. Con Hogeg, Beitar è anche tornata a giocare alla presenza delle tifoserie avversarie nelle partite contro la squadra a maggioranza araba Bnei Sakhnin, dopo due anni di punizione per via degli scontri violenti tra i rispettivi ultrà. Hogeg partirà a breve per gli Eau per concludere la trattativa, sponsorizzata da Sulaiman al Fahim, mediatore nell’acquisto del Manchester City da parte degli Emirati. La Familia ha sbottato: «Stanno svendendo i nostri principi per soldi. Vogliamo una squadra forte, ma non a ogni costo». Hogeg non si lascia impressionare. «Abbiamo condotto un sondaggio tra il nostro pubblico e il 92% è a favore. È fantastico. Se andrà in porto, dovremo confrontarci con quell’8%, ma non ho dubbi che vinceremo: sono dei miseri razzisti oscurantisti, che utilizzano slogan irrazionali come “Beitar pura per sempre”». È lo slogan che esibirono quando nel 2013 la proprietà precedente ingaggiò due giocatori ceceni, musulmani, e qualcuno arrivò pure a dare alle fiamme la sala dei trofei del club. «Quella però fu una scelta forzata. Erano pessimi giocatori. Io non sceglierò mai un calciatore in base alla religione, ma solo perché è il migliore. Per questo ho portato Ali Mohamed, che è stata una scelta vincente». Il centrocampista nigeriano ha forse rappresentato anche un banco di prova per Hogeg. Padre musulmano, madre cristiana. I tipi di La Familia hanno stabilito che è cristiano per placare gli spiriti, ma c’era tra loro chi chiedeva che cambiasse il nome: «Un Mohamed da noi non ci sarà». «Investire nel calcio, e in particolare nel Beitar, la squadra di Gerusalemme, città santa per noi e per loro, con la tifoseria più numerosa, è il segnale più netto che c’è la volontà di una pace vera, dal basso. Ed è un passo critico nell’educazione delle nuove generazioni di tifosi».
Sharon Nizza
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