ED È ARRIVATA L’EPOCA DEI TRE PAPI

Il Natale del Conte-fice

Papa Conte I ha inviato un messaggio ai fedeli italiani sul Natale: «Considereremo la curva epidemiologica
che avremo a dicembre, ma il Natale non lo dobbiamo identificare solo con lo shopping, fare regali e dare un impulso all’economia. Natale, a prescindere dalla fede religiosa, è senz’altro anche un momento di raccoglimento spirituale». Poi ha aggiunto: «Il raccoglimento spirituale, farlo con tante persone non viene bene». Sua Contità ha espresso questo suo monito in occasione di “Futura: lavoro, ambiente, innovazione”, la tre giorni della Cgil.

Qualche riflessione. La prima. A Conte sta ormai stretto il ruolo di premier e punta al pontificato. L’onnipotenza manifestata in questi mesi di Covid da parte del governo a danno della vita dei cittadini non poteva che portarlo a varcare la soglia che divide gli affari temporali con quelli spirituali. In effetti ormai al di là delle Mura Leonine si fanno discorsi che potrebbero articolare benissimo dei capi di Stato laici e quindi, si sarà domandato il nostro premier, perché io, a rovescio, non posso pontificare?

La decenza è finita in lockdown anche lei. Davvero ormai possiamo parlare di religione di Stato con un presidente del Consiglio che somministra fervorini sul Natale e si sente in dovere di ammaestrare i fedeli cittadini su tematiche spirituali. Se c’è una laicizzazione e secolarizzazione della Chiesa a rovescio stiamo assistendo ad una spiritualizzazione e clericalizzazione dello Stato, anche perché il munus docendi è di recente un po’ vacante e quindi, forse, Conte ha pensato bene che poteva supplire egregiamente ad interim. Tra poco i Dpcm cambieranno nome e prenderanno quello di esortazioni apostoliche governative.

In secondo luogo il divorziato Conte non ci ha pensato due volte in primavera a chiudere le Chiese, ma ora, inaspettato, riemerge in lui un afflato spirituale potente che lo spinge a difendere il vero spirito del Natale dal montante consumismo. Lasciamo perdere i regali che ci distraggono dall’estatica contemplazione del Bambinello, ci suggerisce il Contefice. Oppure l’intento è un altro? Ahinoi è proprio un altro. È da Malox plus constatare che Conte usi strumentalmente la religione e il senso religioso per costringere gli italiani a celebrare il Natale in solitudine e per prepararli all’idea che vieterà loro di trovarsi con cugini, zii e nonni. È solo un evidente pretesto quello del richiamo ai valori spirituali, un irritabile trucchetto per far digerire la pillola amara: niente cenoni. Questo il regalo del governo per noi italiani avvolto nella carta di fasulla spiritualità di Stato.

In terzo luogo il Contefice offre indicazioni pastorali curiose. Il premier ci ricorda che il Natale non è solo fare regali – vaga avvertenza sul fatto che i negozi rimarranno chiusi anche a Natale? – bensì è anche «un momento di raccoglimento spirituale». Se è un momento spirituale è bene viverlo da soli. E dove sta scritto? Nel Vangelo all’opposto c’è scritto che davanti alla grotta si radunarono dei pastori a cui si aggiunsero molti angeli (cfr. Mt 2, 13) e infine i Re Magi. Un vero e proprio assembramento non autorizzato. Non si comprende davvero perché laddove c’è un momento spirituale, questo di necessità debba essere vissuto in splendida solitudine. Anche la celebrazione del matrimonio è un momento spirituale ma non per questo non si invitano parenti e amici per far festa. Papa Conte I ribadirebbe che così non dovrebbe essere e infatti ha limitato anche il numero di invitati ai matrimoni. Non c’è che dire: assai coerente.

In breve, il prossimo Natale sarà a numero chiuso. (qui)

Ho poi trovato questo video, che vuole essere uno “spiritoso” incoraggiamento a chiuderci in casa

con questo commento:

Alfredo Valente

Ogni volta che vi definite reclusi date una mano ai sovranisti e negazionisti del COVID19. Impariamo ad utilizzare il termine appropriato. Il recluso è colui che sta in carcere perché ha commesso un reato gravissimo…e non è il nostro caso.

Verissimo, non è il nostro caso: noi non abbiamo commesso alcun reato, quindi non siamo reclusi, siamo prigionieri di guerra. O, se preferite, sequestrati, come quelli delle Brigate Rosse o dell’anonima sequestri. Sempre comunque tenendo presente che esistono anche reclusi che stanno in carcere innocenti, o per errore giudiziario o perché si trovano a vivere in una dittatura in cui l’arbitrio regna sovrano. Interessante poi il motivo per cui non dobbiamo definirci reclusi: non perché sia lessicalmente sbagliato, non perché sia utile e quindi dobbiamo farlo con gioia e di propria spontanea volontà, no: è solo perché facendolo daremmo una mano ai sovranisti, incarnazione del male assoluto. Quanto poi a quell’infame “negazionisti”, ogni volta che qualcuno lo pronuncia invano dovrebbe ricevere novantacinque randellate sulle gengive: trenta perché la parola negazionista ha un suo ambito specifico; trenta perché nessuno si sogna di negare l’esistenza del virus e dell’epidemia, ma semplicemente si mette in discussione, con fondate ragioni, l’opportunità e l’utilità di queste misure prese cinofallicamente, e in più autocontraddicentisi: ci si avverte che gli effetti delle misure si vedranno dopo due settimane – evidentemente per evitare che qualcuno dopo tre giorni dica vedi, la curva non cala quindi non serve a niente – e dopo tre giorni viene imposta una nuova limitazione perché il provvedimento precedente non è stato sufficiente a far calare la curva (e chiudendo, oltretutto, tutti quegli spazi come teatri piscine palestre ristoranti, in cui in quattro mesi non si era registrato un solo contagio, la vedo dura far migliorare la situazione); trenta perché, anche a voler usare il termine fuori contesto, negazionista è chi nega una realtà documentata e inconfutabile: il genocidio ebraico, il genocidio armeno, il virus HIV come causa dell’AIDS. Chi mette in discussione le misure prese nei confronti del covid, chi mette in discussione l’emergenza climatica e, ancor di più, la causa antropica della presunta emergenza climatica, NON è un negazionista perché in tutto questo non c’è assolutamente niente di accertato, documentato, inconfutabile. E cinque di mancia perché siamo generosi.
E concludo con questo interessante commento che ho trovato qui:

wwayne ha detto:

Come avevo previsto, dopo la Francia anche tutti gli altri paesi europei si sono sentiti autorizzati a fare un secondo lockdown.
In Francia hanno chiuso tutto ma non le scuole: il suo ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer ha motivato la scelta sottolineando che le scuole sono al cuore della vita del Paese.
In Germania hanno chiuso tutto ma non le scuole: la Merkel ha motivato la scelta citando l’importanza suprema dell’educazione come diritto fondamentale.
In Inghilterra hanno chiuso tutto ma non le scuole: Boris Johnson ha motivato la scelta dicendo “Non possiamo permettere che questo virus danneggi il futuro dei nostri figli più di quanto non abbia già fatto”.
In Italia hanno chiuso tutto comprese le scuole superiori, nonostante Conte abbia pronunciato per mesi delle frasi identiche nella sostanza a quelle appena citate. Questa è la differenza tra chi alla scuola ci tiene davvero e chi ci tiene soltanto a parole.
Mi si potrebbe dire che noi non abbiamo dei trasporti pubblici come quelli degli altri paesi, e quindi da noi andare a scuola è più pericoloso. Ebbene, questo era un problema al quale si poteva pensare per tempo, ma si è scelto di non farlo: un po’ perché i numeri dei contagi estivi aveva illuso i nostri governanti che il problema si fosse risolto da solo, un po’ perché, come dicevo prima, la scuola e i problemi ad essa collegati non sono mai stati una reale priorità di questo governo.
Le dichiarazioni che ho riportato sono tratte da 
https://www.open.online/2020/11/01/coronavirus-francia-germania-lockdown-scuole/.

Già: parole parole parole… Parole sull’essere prontissimi, parole sulla bodenza di fuogo, parole sull’essere prontissimi in caso di seconda ondata, parole sulla scuola… Peccato che con le parole non si mangi. O meglio, lui ci mangia alla grande, ma i suoi sudditi no. E dunque, per concludere,

barbara